The former Pontine Marshes, extending to the southeast of Rome in between the Volscian Mountains and the Tyrrhenian Sea, became a fertile plain because of “integral reclamation” implemented during the Fascist period (1928-1935). However decisive this recent phase plays on today’s character of the region, our thesis focuses on its landscape and architecture before the seemly imposing final reclamation. The Pontine Plain is characterised by a dense network of artificial or heavily modified water bodies, bearing evidence to a long history of reclamation schemes conceived by leading historical figures and experts from all over Europe. Looking at this context from an architect’s point of view, considered the Pontine Marshes as a repository of projects. The straight section of the Via Appia (312 BCE) avoided the marshy waters by way of an artificial embankment, which separated the northern plain permanently flooded from the southern area covered by scrub until the coastal lakes. A long-distance route ever since its origin, the Appian Way laid the basis for further infrastructure. After the fall of the Roman Empire, many popes ventured to reclaim the Pontine Marshes. Along this line of thought, we focused on the pre-Enlightenment scheme promoted by Pope Pius VI in 1777. The present relevance of these two projects lays in the interplay of different levels: a territorial vision entailing vestiges of antiquity as a “latent order,” the technicalities and related architectural landmarks in a distant dialogue along the Appian Way. The project consist in exploring the possibilities of reviving the staging post of Mesa, the main staging post along the Appian Way and the logistic centre of reclamation. The monumental size of this staging post reflected its multi-purpose role leaves ample room for experimenting a future possible reuse, in line with its original architectural feature.

A seguito della "bonifica integrale" attuata durante il periodo fascista (1928-1935) le Paludi pontine, a sud-est di Roma tra i monti Volsci e il Mar Tirreno, diventarono una fertile pianura. La tesi si concentra sul paesaggio e sull’ architettura che precede l’ imponente bonifica fascista. Nonostante questa ultima fase sia stata decisiva per l’assetto odierno, la pianura pontina è caratterizzata da una fitta rete idraulica artificiale o fortemente modificata nei secoli, che testimonia una lunga serie di schemi di bonifica concepiti da personalità storiche e da esperti di tutta Europa. Guardando questo contesto dal punto di vista di un architetto, le paludi pontine possono essere lette come un deposito di progetti. La sezione rettilinea della Via Appia (312 a.C.) superava le acque paludose attraverso un argine artificiale, separando la pianura settentrionale, costantemente allagata, dall'area meridionale coperta dalla macchia fino ai laghi costieri. La via Appia, in antichità, collegava il porto di Terracina con Roma e favorì l’insediarsi di altre attività produttive e militari lungo il suo percorso. Dopo la caduta dell'Impero Romano, furono i Papi ad avviare lavori di bonifica delle paludi pontine al fine di trasformare in senso agricolo la regione. In questo senso, la tesi si è concentrata sullo schema pre-illuministico promosso da Papa Pio VI nel 1777. L'attuale rilevanza di questo progetto di bonifica consiste nell'interazione di diversi livelli: una visione territoriale che coinvolge l’antichità come un "ordine latente", e una visione più circoscritta che interessa la dimensione architettonica. Il progetto consiste nell'esplorare le possibilità di rianimare la posta di Mesa, geograficamente a metà lungo la Via Appia, e pertanto il principale punto di sosta tra Roma e Terracina. Diventato, il centro logistico della bonifica di Pio VI, la ‘ posta’ di Mesa appare oggi nella sua dimensione monumentale ma, se studiata alla luce della sua funzione originaria, riflette il suo potenziale polivalente. L’articolazione spaziale interna, permette di sperimentare un possibile riutilizzo futuro, in linea con la sua caratteristica architettonica originale. Il ridisegno dell’edificio e degli spazi annessi, nel progetto di tesi, riconfigura Mesa come un dispositivo rivelatore della bonifica del XVIII secolo.

Mesa inside-out. A new life for the logistic centre of the late 18th century reclamation

NURKOVIC, AMIL;YADAV, AMIT KUMAR;SU, YONGCHAO
2018/2019

Abstract

The former Pontine Marshes, extending to the southeast of Rome in between the Volscian Mountains and the Tyrrhenian Sea, became a fertile plain because of “integral reclamation” implemented during the Fascist period (1928-1935). However decisive this recent phase plays on today’s character of the region, our thesis focuses on its landscape and architecture before the seemly imposing final reclamation. The Pontine Plain is characterised by a dense network of artificial or heavily modified water bodies, bearing evidence to a long history of reclamation schemes conceived by leading historical figures and experts from all over Europe. Looking at this context from an architect’s point of view, considered the Pontine Marshes as a repository of projects. The straight section of the Via Appia (312 BCE) avoided the marshy waters by way of an artificial embankment, which separated the northern plain permanently flooded from the southern area covered by scrub until the coastal lakes. A long-distance route ever since its origin, the Appian Way laid the basis for further infrastructure. After the fall of the Roman Empire, many popes ventured to reclaim the Pontine Marshes. Along this line of thought, we focused on the pre-Enlightenment scheme promoted by Pope Pius VI in 1777. The present relevance of these two projects lays in the interplay of different levels: a territorial vision entailing vestiges of antiquity as a “latent order,” the technicalities and related architectural landmarks in a distant dialogue along the Appian Way. The project consist in exploring the possibilities of reviving the staging post of Mesa, the main staging post along the Appian Way and the logistic centre of reclamation. The monumental size of this staging post reflected its multi-purpose role leaves ample room for experimenting a future possible reuse, in line with its original architectural feature.
CASAL RIBEIRO, HELDER
KOROLIJA, ALEKSA
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
24-lug-2019
2018/2019
A seguito della "bonifica integrale" attuata durante il periodo fascista (1928-1935) le Paludi pontine, a sud-est di Roma tra i monti Volsci e il Mar Tirreno, diventarono una fertile pianura. La tesi si concentra sul paesaggio e sull’ architettura che precede l’ imponente bonifica fascista. Nonostante questa ultima fase sia stata decisiva per l’assetto odierno, la pianura pontina è caratterizzata da una fitta rete idraulica artificiale o fortemente modificata nei secoli, che testimonia una lunga serie di schemi di bonifica concepiti da personalità storiche e da esperti di tutta Europa. Guardando questo contesto dal punto di vista di un architetto, le paludi pontine possono essere lette come un deposito di progetti. La sezione rettilinea della Via Appia (312 a.C.) superava le acque paludose attraverso un argine artificiale, separando la pianura settentrionale, costantemente allagata, dall'area meridionale coperta dalla macchia fino ai laghi costieri. La via Appia, in antichità, collegava il porto di Terracina con Roma e favorì l’insediarsi di altre attività produttive e militari lungo il suo percorso. Dopo la caduta dell'Impero Romano, furono i Papi ad avviare lavori di bonifica delle paludi pontine al fine di trasformare in senso agricolo la regione. In questo senso, la tesi si è concentrata sullo schema pre-illuministico promosso da Papa Pio VI nel 1777. L'attuale rilevanza di questo progetto di bonifica consiste nell'interazione di diversi livelli: una visione territoriale che coinvolge l’antichità come un "ordine latente", e una visione più circoscritta che interessa la dimensione architettonica. Il progetto consiste nell'esplorare le possibilità di rianimare la posta di Mesa, geograficamente a metà lungo la Via Appia, e pertanto il principale punto di sosta tra Roma e Terracina. Diventato, il centro logistico della bonifica di Pio VI, la ‘ posta’ di Mesa appare oggi nella sua dimensione monumentale ma, se studiata alla luce della sua funzione originaria, riflette il suo potenziale polivalente. L’articolazione spaziale interna, permette di sperimentare un possibile riutilizzo futuro, in linea con la sua caratteristica architettonica originale. Il ridisegno dell’edificio e degli spazi annessi, nel progetto di tesi, riconfigura Mesa come un dispositivo rivelatore della bonifica del XVIII secolo.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/148187