Glacier melting is an unfortunate truth and a discussed topic, especially in mountainous environments close to those in which I grew up where people tell of a disappearance, which is not only physical but also emotional. The moment I found myself choosing a place on the planet presenting an environmental crisis, the Alpine chains with their immense volumes of ice that gradually receded immediately came to my mind. The Aletsch Glacier in Switzerland has been chosen as study site due to its size: thanks to the area it covers, the largest in Western Eurasia, it is melting at a slower pace than others but the impact is proportionately higher. The temperature has increased by 1.5 °C in the Alpine area, almost twice the planetary average: at the end of the Little Ice Age, in 1850, the Aletsch glacier was 3 km longer and up to 200 meters deeper. Global warming is 79% caused by human activities, so it is unthinkable to believe that the retiring process of the Aletsch could be stopped. The interest of this design research is therefore not to solve a drastic situation, but to consider it critically as a step of the life-cycle of the glacier, and therefore to propose a scientific and experiential vision. A first phase of analysis and research aimed at producing synthesis material of natural and anthropological character, and led to the recognition of a series of challenges and opportunities. There are many visitors, more or less experienced, who go to the glacier every day to admire its beauty, almost without realizing the critical situation; there are also many scientific researches carried out, due to the change that the Aletsch is undergoing, that shows the absence of a technological network not only for ice movements, but also for permafrost changes or rock landslides. The infrastructure at the base of the project is therefore a monitoring network consisting of three systems, each suited to the territory in which it is located, which give the possibility to create new paths to make it accessible to researchers. The contemporary need of scientific bases and shelters for hikers and climbers gives the opportunity to experiment with small and extremely efficient architectural objects. The main concept is to design prefabricated units, freely positionable in a specific environment, depending on the characteristics of the network and the availability of access points: “the capsule”, a survival unit for the riskier area, consisting of a rigid shell with temporary hooks to the ground, to be repositioned even after a landslide or an avalanche; “the dome”, a folding and light hut for ice expeditions, which can be quickly mounted on platforms able to move with the glacier; “the mammoth”, a bivouac made up of prefabricated and assemblable modules on a structure detached from the ground, which provides a higher view point. For each of them the analysis of the possible users, as well as the study of high-performance and efficient materials, proved to be increasingly essential for the design in these extreme conditions.

Il ghiacciaio dell’Aletsch: una sfida che si scioglie Lo scioglimento dei ghiacciai è un tema tristemente noto e discusso, soprattutto in ambienti montuosi vicini a quelli in cui sono cresciuta, dove le persone raccontano di una scomparsa non solo fisica ma anche affettiva. Nel momento in cui mi sono trovata a scegliere un luogo sul pianeta protagonista di una crisi ambientale, le catene alpine con i loro immensi volumi di ghiaccio che a poco a poco si ritirano mi sono subito venute in mente. Il ghiacciaio dell’Aletsch, in Svizzera, è stato scelto come luogo di studio per via delle dimensioni: proprio grazie all’area che ricopre, la più vasta nell’Eurasia occidentale, si sta sciogliendo più lentamente rispetto ad altri ma l’impatto è proporzionalmente maggiore. L’Aletsch si compone di 4 ghiacciai minori che convergono nel Concordia Place, con uno spessore di circa 1 chilometro e con una lunghezza totale di 22,6 km. La temperatura è aumentata di 1,5 °C nel territorio alpino, quasi il doppio rispetto alla media planetaria. Alla fine della Piccola età Glaciale, nel 1850, il ghiacciaio dell’Aletsch era 3 km più lungo e fino a 200 metri più profondo; con un record nell’estate del 2006, più di 100 metri di massa ghiacciata scompaiono ogni anno, e l’impatto delle precipitazioni irregolari e dello scioglimento - entrambi effetti del cambiamento climatico - avranno un peso sempre maggiore sulla disponibilità di risorse idriche nel territorio alpino. Frane, smottamenti e valanghe saranno sempre più frequenti in futuro, e la presenza vegetale e animale subirà cambiamenti sempre più profondi per adattarsi a nuove condizioni abitative. Proprio perchè il surriscaldamento globale è causato per il 79% da attività umane, è impensabile credere di contrastare lo scioglimento dell’Aletsch. L’interesse di questa ricerca progettuale non è quindi quello di risolvere una situazione drastica nè di aggiustarla, quanto di considerarla criticamente come una fase di vita del ghiacciaio e del suo intorno, e di proporne quindi una visione di tipo scientifico ed esperienziale. Una prima fase di analisi e di ricerca atta a produrre del materiale di sintesi delle caratteristiche naturali ed antropologiche ha condotto al riconoscimento di una serie di sfide ed opportunità che il territorio è in grado di offrire. Il versante est del Gross Fiescherhorn è popolato da piccoli villaggi con strutture ricettive, impianti di risalita, piste da sci e percorsi turistici di diversa difficoltà; molti sono i visitatori, più o meno esperti, che ogni giorno si recano sul ghiacciaio per ammirarne la bellezza, senza quasi rendersi conto della situazione critica in cui si trova. Molte sono anche le ricerche di carattere scientifico che vengono svolte, proprio per il cambiamento che l’Aletsch sta subendo, ma dai report si deduce l’assenza di una rete di monitoraggio non solo dei movimenti del ghiaccio, ma anche dei cambiamenti nel permafrost o delle frane di roccia e detriti. La ricerca tecnica, specifica e localizzata, è stata essenziale nella comprensione delle necessità e delle risposte tecnologiche adatte. L’infrastruttura alla base del progetto è quindi un “monitoring network” costituito da tre tipologie di sistemi, ciascuna adatta al territorio in cui è localizzata, che danno la possibilità di creare dei nuovi percorsi per renderla accessibile ai ricercatori. La presenza stessa di sentieri percorribili rende non solo la zona turistica ma anche l’intero ghiacciaio e le montagne che lo accolgono un territorio aperto a diverse svolte progettuali. La contemporanea necessità di basi di ricerca legate al network e di rifugi per alpinisti e scalatori dà la possibilità di sperimentare con piccoli ed estremamente efficienti “architectural objects”. Il concetto principale è quello di progettare unità prefabbricate, liberamente posizionabili in uno specifico ambiente, a seconda delle caratteristiche della rete e della disponibilità di punti di accesso. L’esito architettonico del progetto consiste quindi in tre oggetti: “the capsule”, una unità di sopravvivenza per la zona a rischio, costituita da un guscio rigido e dotata di agganci temporanei al terreno, per essere riposizionata anche a seguito di una frana o di una valanga; “the dome”, un rifugio pieghevole e leggera per le spedizioni sul ghiaccio, montabile in breve tempo su piattaforme in grado di muoversi con l’ablazione del ghiacciaio; “the mammoth”, un bivacco costituito da moduli prefabbricabili e assemblabili su una struttura sollevata dal terreno, che fornisce un punto di vista elevato sulla natura circostante. Per ciascuno di essi lo studio della possibile utenza, quanto quello di materiali e volumi performanti ed efficienti, si sono rivelati sempre più essenziali durante la progettazione in condizioni estreme.

The Aletsch glacier. A melting challenge

CANTALUPPI, ERICA
2018/2019

Abstract

Glacier melting is an unfortunate truth and a discussed topic, especially in mountainous environments close to those in which I grew up where people tell of a disappearance, which is not only physical but also emotional. The moment I found myself choosing a place on the planet presenting an environmental crisis, the Alpine chains with their immense volumes of ice that gradually receded immediately came to my mind. The Aletsch Glacier in Switzerland has been chosen as study site due to its size: thanks to the area it covers, the largest in Western Eurasia, it is melting at a slower pace than others but the impact is proportionately higher. The temperature has increased by 1.5 °C in the Alpine area, almost twice the planetary average: at the end of the Little Ice Age, in 1850, the Aletsch glacier was 3 km longer and up to 200 meters deeper. Global warming is 79% caused by human activities, so it is unthinkable to believe that the retiring process of the Aletsch could be stopped. The interest of this design research is therefore not to solve a drastic situation, but to consider it critically as a step of the life-cycle of the glacier, and therefore to propose a scientific and experiential vision. A first phase of analysis and research aimed at producing synthesis material of natural and anthropological character, and led to the recognition of a series of challenges and opportunities. There are many visitors, more or less experienced, who go to the glacier every day to admire its beauty, almost without realizing the critical situation; there are also many scientific researches carried out, due to the change that the Aletsch is undergoing, that shows the absence of a technological network not only for ice movements, but also for permafrost changes or rock landslides. The infrastructure at the base of the project is therefore a monitoring network consisting of three systems, each suited to the territory in which it is located, which give the possibility to create new paths to make it accessible to researchers. The contemporary need of scientific bases and shelters for hikers and climbers gives the opportunity to experiment with small and extremely efficient architectural objects. The main concept is to design prefabricated units, freely positionable in a specific environment, depending on the characteristics of the network and the availability of access points: “the capsule”, a survival unit for the riskier area, consisting of a rigid shell with temporary hooks to the ground, to be repositioned even after a landslide or an avalanche; “the dome”, a folding and light hut for ice expeditions, which can be quickly mounted on platforms able to move with the glacier; “the mammoth”, a bivouac made up of prefabricated and assemblable modules on a structure detached from the ground, which provides a higher view point. For each of them the analysis of the possible users, as well as the study of high-performance and efficient materials, proved to be increasingly essential for the design in these extreme conditions.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
24-lug-2019
2018/2019
Il ghiacciaio dell’Aletsch: una sfida che si scioglie Lo scioglimento dei ghiacciai è un tema tristemente noto e discusso, soprattutto in ambienti montuosi vicini a quelli in cui sono cresciuta, dove le persone raccontano di una scomparsa non solo fisica ma anche affettiva. Nel momento in cui mi sono trovata a scegliere un luogo sul pianeta protagonista di una crisi ambientale, le catene alpine con i loro immensi volumi di ghiaccio che a poco a poco si ritirano mi sono subito venute in mente. Il ghiacciaio dell’Aletsch, in Svizzera, è stato scelto come luogo di studio per via delle dimensioni: proprio grazie all’area che ricopre, la più vasta nell’Eurasia occidentale, si sta sciogliendo più lentamente rispetto ad altri ma l’impatto è proporzionalmente maggiore. L’Aletsch si compone di 4 ghiacciai minori che convergono nel Concordia Place, con uno spessore di circa 1 chilometro e con una lunghezza totale di 22,6 km. La temperatura è aumentata di 1,5 °C nel territorio alpino, quasi il doppio rispetto alla media planetaria. Alla fine della Piccola età Glaciale, nel 1850, il ghiacciaio dell’Aletsch era 3 km più lungo e fino a 200 metri più profondo; con un record nell’estate del 2006, più di 100 metri di massa ghiacciata scompaiono ogni anno, e l’impatto delle precipitazioni irregolari e dello scioglimento - entrambi effetti del cambiamento climatico - avranno un peso sempre maggiore sulla disponibilità di risorse idriche nel territorio alpino. Frane, smottamenti e valanghe saranno sempre più frequenti in futuro, e la presenza vegetale e animale subirà cambiamenti sempre più profondi per adattarsi a nuove condizioni abitative. Proprio perchè il surriscaldamento globale è causato per il 79% da attività umane, è impensabile credere di contrastare lo scioglimento dell’Aletsch. L’interesse di questa ricerca progettuale non è quindi quello di risolvere una situazione drastica nè di aggiustarla, quanto di considerarla criticamente come una fase di vita del ghiacciaio e del suo intorno, e di proporne quindi una visione di tipo scientifico ed esperienziale. Una prima fase di analisi e di ricerca atta a produrre del materiale di sintesi delle caratteristiche naturali ed antropologiche ha condotto al riconoscimento di una serie di sfide ed opportunità che il territorio è in grado di offrire. Il versante est del Gross Fiescherhorn è popolato da piccoli villaggi con strutture ricettive, impianti di risalita, piste da sci e percorsi turistici di diversa difficoltà; molti sono i visitatori, più o meno esperti, che ogni giorno si recano sul ghiacciaio per ammirarne la bellezza, senza quasi rendersi conto della situazione critica in cui si trova. Molte sono anche le ricerche di carattere scientifico che vengono svolte, proprio per il cambiamento che l’Aletsch sta subendo, ma dai report si deduce l’assenza di una rete di monitoraggio non solo dei movimenti del ghiaccio, ma anche dei cambiamenti nel permafrost o delle frane di roccia e detriti. La ricerca tecnica, specifica e localizzata, è stata essenziale nella comprensione delle necessità e delle risposte tecnologiche adatte. L’infrastruttura alla base del progetto è quindi un “monitoring network” costituito da tre tipologie di sistemi, ciascuna adatta al territorio in cui è localizzata, che danno la possibilità di creare dei nuovi percorsi per renderla accessibile ai ricercatori. La presenza stessa di sentieri percorribili rende non solo la zona turistica ma anche l’intero ghiacciaio e le montagne che lo accolgono un territorio aperto a diverse svolte progettuali. La contemporanea necessità di basi di ricerca legate al network e di rifugi per alpinisti e scalatori dà la possibilità di sperimentare con piccoli ed estremamente efficienti “architectural objects”. Il concetto principale è quello di progettare unità prefabbricate, liberamente posizionabili in uno specifico ambiente, a seconda delle caratteristiche della rete e della disponibilità di punti di accesso. L’esito architettonico del progetto consiste quindi in tre oggetti: “the capsule”, una unità di sopravvivenza per la zona a rischio, costituita da un guscio rigido e dotata di agganci temporanei al terreno, per essere riposizionata anche a seguito di una frana o di una valanga; “the dome”, un rifugio pieghevole e leggera per le spedizioni sul ghiaccio, montabile in breve tempo su piattaforme in grado di muoversi con l’ablazione del ghiacciaio; “the mammoth”, un bivacco costituito da moduli prefabbricabili e assemblabili su una struttura sollevata dal terreno, che fornisce un punto di vista elevato sulla natura circostante. Per ciascuno di essi lo studio della possibile utenza, quanto quello di materiali e volumi performanti ed efficienti, si sono rivelati sempre più essenziali durante la progettazione in condizioni estreme.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/148698