POSTCONDOMINIO is a model that seeks to interpret the domestic space of contemporary man. Through a rewrite of the interiors of the Rasini Tower, designed by Gio Ponti and Emilio Lancia in the early thirties, an attempt is made to imagine living as an "ephemeral and reversible" act capable of hypothesizing new relationships between our doing, nature, the passions, technology and our contemporary existence through a perspective that sees everything interconnected. By renouncing a typological design of spaces, a continuous transformation process takes place, represented by a potentially infinite series of possible habitats or places where different situations are generated, residential paradoxes dominated by a type of endocrine energy, made up of continuous changes and improper use of places. They are overlapping habitats of a transitory nature, where each interior is replaced by the subsequent one without interruption. In this perspective, a stratification of interiors takes shape inside the historic Tower, which maintains the value of an iconic shell on the city, but hides the continuous changes of the internal universe, studded with microcosms for unlikely collectors, plants and hyperconnected enthusiasts. The lucid efficiency of living at the beginning of the century leaves room for a series of "human categories" whose existence is described through their intimate and domestic nature, where objects, furnishings and materials are the only tools capable of describing the identity through the possibility of seeing oneself "reflected" in space. Habitats follow one another like real outfits, ambiguous and mysterious scenarios that suddenly expand and contract, rooms that evoke alternative universes and exclude the possibility of an approved or standardized environment. The tower is deconstructed at the base, a crossroads of ephemeral but continuous flows, up to the summit, where urban tribes find themselves by affinity to share the living space of a villa outside the metropolitan competition, while each floor of the central part represents the individuality of who lives there. These inhabitants, present with their bodies, their objects, their tribes and their daily habits tell, in a symbolic way, the version of a contemporary living that resists and rides the change of an increasingly interconnected world where the the only trace of identity seems to be the internal space, in which every single existence has a point of its own autonomy and where the review of gestures, habits and rituals characterize the individual and his or her living.

POSTCONDOMINIO è un modello progettuale che cerca di interpretare lo spazio domestico dell’uomo contemporaneo. Attraverso una riscrittura degli interni della Torre Rasini, progettata da Gio Ponti ed Emilio Lancia nei primi anni trenta, si cerca di immaginare l’abitare come un atto “effimero e reversibile” capace di ipotizzare nuove relazioni tra il nostro fare, la natura, le passioni, la tecnologia e la nostra esistenza contemporanea mediante una prospettiva che vede tutto interconnesso. Rinunciando a una progettazione tipologica degli spazi, prende vita un processo di trasformazione continuo rappresentato da una serie, potenzialmente infinita, di habitat possibili ovvero di luoghi dove si generano situazioni differenti, paradossi abitativi in cui domina un tipo di energia endocrina, fatta di cambiamenti continui e di un uso improprio dei luoghi. Sono habitat sovrapposti di natura transitoria, dove ogni interno viene sostituito da quello successivo senza soluzione di continuità. In quest’ottica prendono forma una stratificazione di interni dentro la storica Torre, che mantiene il valore di un involucro iconico sulla città, ma cela i mutamenti continui dell’universo interno, costellato da microcosmi per improbabili collezionisti, appassionati di piante e iperconnessi. La lucida efficienza dell’abitare di inizio secolo lascia lo spazio a una serie di “categorie umane” la cui esistenza viene descritta attraverso la loro natura intima e domestica, dove gli oggetti, gli arredi e i materiali sono gli unici strumenti capaci di descriverne l’identità attraverso la possibilità di vedersi “riflessi” nello spazio. Si susseguono habitat come veri e propri allestimenti, scenari ambigui e misteriosi che si espandono e si contraggono improvvisamente, stanze che evocano universi alternativi ed escludono la possibilità di un ambiente omologato o standardizzato. La torre viene decostruita alla base, crocevia di flussi effimeri ma continui, fino alla sommità, in cui tribù urbane si trovano per affinità a condividere lo spazio abitativo di una villa fuori dalla competizione metropolitana, mentre ogni piano della parte centrale rappresenta l’individualità di chi lo abita. Questi soggetti abitatori, presenti con il loro corpo, i loro oggetti, le loro tribù e le loro abitudini quotidiane raccontano, in maniera simbolica, la versione di un abitare contemporaneo che resiste e cavalca il cambiamento di un un mondo sempre più interconnesso dove l’unica traccia di identità sembra essere lo spazio interno, in cui ogni singola esistenza ha un punto di propria autonomia e dove la rassegna di gesti, abitudini e rituali contraddistinguono l’individuo e il suo abitare.

Postcondominio. Riscrittura della Torre Rasini dall'interno

DAPPORTO, ALBERTO
2018/2019

Abstract

POSTCONDOMINIO is a model that seeks to interpret the domestic space of contemporary man. Through a rewrite of the interiors of the Rasini Tower, designed by Gio Ponti and Emilio Lancia in the early thirties, an attempt is made to imagine living as an "ephemeral and reversible" act capable of hypothesizing new relationships between our doing, nature, the passions, technology and our contemporary existence through a perspective that sees everything interconnected. By renouncing a typological design of spaces, a continuous transformation process takes place, represented by a potentially infinite series of possible habitats or places where different situations are generated, residential paradoxes dominated by a type of endocrine energy, made up of continuous changes and improper use of places. They are overlapping habitats of a transitory nature, where each interior is replaced by the subsequent one without interruption. In this perspective, a stratification of interiors takes shape inside the historic Tower, which maintains the value of an iconic shell on the city, but hides the continuous changes of the internal universe, studded with microcosms for unlikely collectors, plants and hyperconnected enthusiasts. The lucid efficiency of living at the beginning of the century leaves room for a series of "human categories" whose existence is described through their intimate and domestic nature, where objects, furnishings and materials are the only tools capable of describing the identity through the possibility of seeing oneself "reflected" in space. Habitats follow one another like real outfits, ambiguous and mysterious scenarios that suddenly expand and contract, rooms that evoke alternative universes and exclude the possibility of an approved or standardized environment. The tower is deconstructed at the base, a crossroads of ephemeral but continuous flows, up to the summit, where urban tribes find themselves by affinity to share the living space of a villa outside the metropolitan competition, while each floor of the central part represents the individuality of who lives there. These inhabitants, present with their bodies, their objects, their tribes and their daily habits tell, in a symbolic way, the version of a contemporary living that resists and rides the change of an increasingly interconnected world where the the only trace of identity seems to be the internal space, in which every single existence has a point of its own autonomy and where the review of gestures, habits and rituals characterize the individual and his or her living.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
3-ott-2019
2018/2019
POSTCONDOMINIO è un modello progettuale che cerca di interpretare lo spazio domestico dell’uomo contemporaneo. Attraverso una riscrittura degli interni della Torre Rasini, progettata da Gio Ponti ed Emilio Lancia nei primi anni trenta, si cerca di immaginare l’abitare come un atto “effimero e reversibile” capace di ipotizzare nuove relazioni tra il nostro fare, la natura, le passioni, la tecnologia e la nostra esistenza contemporanea mediante una prospettiva che vede tutto interconnesso. Rinunciando a una progettazione tipologica degli spazi, prende vita un processo di trasformazione continuo rappresentato da una serie, potenzialmente infinita, di habitat possibili ovvero di luoghi dove si generano situazioni differenti, paradossi abitativi in cui domina un tipo di energia endocrina, fatta di cambiamenti continui e di un uso improprio dei luoghi. Sono habitat sovrapposti di natura transitoria, dove ogni interno viene sostituito da quello successivo senza soluzione di continuità. In quest’ottica prendono forma una stratificazione di interni dentro la storica Torre, che mantiene il valore di un involucro iconico sulla città, ma cela i mutamenti continui dell’universo interno, costellato da microcosmi per improbabili collezionisti, appassionati di piante e iperconnessi. La lucida efficienza dell’abitare di inizio secolo lascia lo spazio a una serie di “categorie umane” la cui esistenza viene descritta attraverso la loro natura intima e domestica, dove gli oggetti, gli arredi e i materiali sono gli unici strumenti capaci di descriverne l’identità attraverso la possibilità di vedersi “riflessi” nello spazio. Si susseguono habitat come veri e propri allestimenti, scenari ambigui e misteriosi che si espandono e si contraggono improvvisamente, stanze che evocano universi alternativi ed escludono la possibilità di un ambiente omologato o standardizzato. La torre viene decostruita alla base, crocevia di flussi effimeri ma continui, fino alla sommità, in cui tribù urbane si trovano per affinità a condividere lo spazio abitativo di una villa fuori dalla competizione metropolitana, mentre ogni piano della parte centrale rappresenta l’individualità di chi lo abita. Questi soggetti abitatori, presenti con il loro corpo, i loro oggetti, le loro tribù e le loro abitudini quotidiane raccontano, in maniera simbolica, la versione di un abitare contemporaneo che resiste e cavalca il cambiamento di un un mondo sempre più interconnesso dove l’unica traccia di identità sembra essere lo spazio interno, in cui ogni singola esistenza ha un punto di propria autonomia e dove la rassegna di gesti, abitudini e rituali contraddistinguono l’individuo e il suo abitare.
Tesi di laurea Magistrale
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