Modello Pianosa. Azioni minime per un nuovo sistema di relazioni

The island of Pianosa, the pearl of the Tuscan Archipelago, is a place of extraordinary beauty that is nevertheless disfigured by neglect and bureaucracy. This wonderful place is fascinating not only for its uncontaminated nature but above all for the stories it is able to tell. Pianosa has always been a place of detention, starting from the exile of Agrippa Postumo, to then become a maximum security prison during the 20th century and still today, even if officially the prison has been closed and dismantled, it remains a place of detention for a small number of prisoners from the Porto Azzurro Prison who arrived on the island in the early 2000s to dismantle it, but on the contrary they took care of it and somehow saved it. From this change of direction an innovative and virtuous model of punishment was born, where prisoners really have the possibility to reconnect with the outside world and follow a path of progressive re-education through work. What is missing, on the island, is a constant human contact that would allow the prisoners not to fall back into isolation during the winter months, for this reason our project aims to trigger a new system of relations between the forces at stake on the island, represented mainly by tourism and the prison system. The presence of the National Park offers numerous supports to tourism, but they do not obtain a satisfactory participation and this prevents the full use of the potential of the island; making this potential more evident could create more interactions between tourists and prisoners and they could be part of the activities of the park as guides or carry out other works that would allow a gradual rehabilitation. Tourists would thus become not only a fundamental economic resource for the sustenance and protection of the island but also a positive presence for the prisoners who would return to having external contact, no longer in a sporadic and casual way as is currently the case, but with greater constancy and real awareness on both sides. In our thesis, architecture plays the role of intermediary between the forces at play on the island, creating spaces between the outside world and prison reality. The aim is to create places that trigger a new network of experiences and a new level of knowledge that would allow the Pianosa model to be exported all over Italy and improve the Italian prison reality. The architectural intervention makes it possible to make more evident both the tourist potential of the island and, above all, the active presence of the prisoners who are already in charge of the reception services and maintenance of the island. The project goes to intervene in 5 points with micro actions in order to create an abacus of possible actions that could be extended to other areas of the island and used as a guideline in other prisons. Through spatial devices, able to work on the use and activation of the space itself, the project imagines to transform some points of the island, particular for their morphology or for the use that is already made of them, into observatories and places of social cohesion. The architecture has the task of inserting itself into the island's fabric through a process in which visitors are transformed into real "living subjects", that is, protagonists and drivers of a positive branched and penetrating "domino effect" capable of transforming the entire territory, with the ultimate aim of repopulating it by evoking through architecture the lost domesticity of the island. The aim of the project is therefore to make the island, which is currently seen only as a seaside resort, known rediscovering its history and identity inextricably linked with the reality of the penal colony. This need has emerged as a result of a long research work that tried to relate the activities carried out by the bodies active in the area and the needs and desires of the tourists that emerged through an online survey.

L’isola di Pianosa, perla dell’Arcipelago Toscano, è un luogo dalla straordinaria bellezza che tuttavia viene deturpata dall’abbandono e dalla burocrazia. Questo luogo meraviglioso incuriosisce non solo per la natura incontaminata ma soprattutto per le storie che è in grado di raccontare. Pianosa è da sempre un luogo di detenzione, a partire dall’esilio di Agrippa Postumo, per poi diventare un carcere di massima sicurezza nel corso del ‘900 ed ancora oggi, anche se ufficialmente il carcere è stato chiuso e smantellato, rimane un luogo di detenzione per un esiguo numero di detenuti del Carcere di Porto Azzurro che a inizio anni 2000 sono arrivati sull’isola per smantellarla ma al contrario se ne sono presi cura e l’hanno, in qualche modo, salvata. Da questa inversione di rotta nasce un modello di pena innovativo e virtuoso dove i detenuti hanno realmente la possibilità di riconnettersi con il mondo esterno e seguire un percorso di progressiva rieducazione attraverso il lavoro. Quello che manca, sull’isola, è un contatto umano costante che permetterebbe ai detenuti di non ripiombare nell’isolamento durante i mesi invernali, per questa ragione il nostro progetto mira ad innescare un nuovo sistema di relazioni tra le forze in gioco sull’isola, rappresentate principalmente dal turismo e dal sistema detentivo. La presenza del Parco Nazionale offre numerosi supporti al turismo che tuttavia non ottengono un’adesione soddisfacente e questo impedisce di utilizzare appieno le potenzialità dell’isola; rendendo più manifeste queste potenzialità si potrebbero creare maggiori interazioni tra i turisti e i detenuti e questi potrebbero inserirsi nelle attività del parco come guide o svolgere altri lavori che ne permetterebbero una graduale riabilitazione. I turisti diventerebbero quindi non solo una risorsa economica fondamentale per il sostentamento e la tutela dell’isola ma anche una presenza positiva per i detenuti che ritornerebbero ad avere un contatto esterno, non più in modo sporadico e casuale come avviene attualmente ma con una maggiore costanza e una reale consapevolezza da entrambe le parti. Nella nostra tesi l’architettura svolge il ruolo di tramite tra le forze in gioco sull’isola creando degli spazi di mezzo tra il mondo esterno e la realtà carceraria. L’obiettivo è quello di creare luoghi che inneschino una nuova rete di esperienze e un nuovo grado di conoscenza che permetterebbe al modello Pianosa di essere esportato su tutto il territorio nazionale andando a migliorare la realtà detentiva italiana. L’intervento architettonico permette di rendere maggiormente evidenti sia le potenzialità turistiche dell’isola ma soprattutto la presenza attiva dei detenuti che già oggi si occupano dei servizi di accoglienza e della manutenzione dell’isola. Il progetto va ad intervenire in 5 punti con dei micro interventi in modo da creare un abaco di possibili azioni che potrebbe essere sia esteso in altre zone dell’isola sia utilizzato come linea guida in altre realtà carcerarie. Attraverso dei dispositivi spaziali, capaci di lavorare sull’uso e l’attivazione dello spazio stesso, il progetto immagina di trasformare alcuni punti dell’isola, particolari per la loro morfologia o per l’utilizzo che ne viene già fatto, in osservatori e luoghi di coesione sociale. L’architettura ha il compito di inserirsi nel tessuto isolano attraverso un processo in cui i visitatori si trasformano in veri e propri “soggetti abitatori”, ovvero protagonisti e propulsori di un positivo “effetto domino” ramificato e penetrante capace di trasformare successivamente tutto il territorio, con il fine ultimo di ripopolarlo rievocando tramite l’architettura la domesticità perduta dell’isola. L’obiettivo del progetto è quindi quello di far conoscere l’isola, che attualmente viene vista solo come una località balneare, facendone riscoprire la storia e l’identità indissolubilmente legata con la realtà della colonia penale. Questa necessità è emersa a seguito di un lungo lavoro di ricerca che ha cercato di mettere in relazione le attività svolte dagli enti attivi sul territorio e le necessità e i desideri dei turisti emersi tramite un questionario online.