This research studies the life cycle of cottonseed-oil renewable diesel (RD) in its greenhousegas emissions impact. Unlike other biofuel feedstocks, cottonseed oil has not been subject to much attention from the scientific community. Interest on alternative feedstocks stems from the latest EU regulations, which are likely to cause a shock in the feedstock supply of RD producers in the region. The single most impacting policy is the complete phase-out of palm oil by 2030, which will have consequences in particular for some EU countries, among which also Italy. Thus, the main goals of this study are as follows: (I) defining cottonseed oil in the framework of EU biofuel regulations and quantitatively assessing the Global Warming Intensity (GWI) of cottonseed-oil RD, in order to check its compliance with said regulations; (II) assessing the GWI of this biofuel in comparison with other feedstocks, in the framework of the most widespread guidelines in matter of Life Cycle Assessment (LCA). These objectives have been pursued by developing an LCA model using GaBi, an LCA software, as platform. Model development was based on a case study for Israel: from here, the oil is shipped to Italy to be refined; the research was developed in collaboration with the Technion, the leading technical university in the country. Two different models were developed, each pursuing one of the two mentioned main goals. The first model suggests that cottonseed-oil RD is largely compliant with EU biofuel regulations. Its baseline GWI of around 16 gCO2eq/MJ and its limited range of variation suggest compliance under a wide range of contexts, since it is well below the EU compliance threshold, which in its strictest form amounts to about 33 gCO2eq/MJ. The second model suggests that this fuel has lower direct emissions than fossil diesel. Here, the range of variation is pronounced, which makes the comparison with other biofuels less univocal. The choice of a particular feed supplement seems to be the most important determinant of the GWI. By merely changing supplement, such value can shift from 83 to 63 gCO2eq/MJ; feed supply chain can also influence the model results by up to about 10 gCO2eq/MJ. Thus, a thorough choice of feed supply seems to lead to GWIs in the range of 50 to 60 gCO2eq/MJ, potentially lower than other first-generation feedstocks such as palm and rapeseed oil. In addition, cottonseed-oil RD appears to prompt massively less indirect land use change (ILUC) than other common first-generation oil feedstocks. The difference is assessed at 25 to 30 gCO2eq/MJ in favour of cottonseed: if a carbon-efficient feed production is chosen, the resulting GWI keeps below fossil diesel, at around 80 gCO2eq/MJ.

L’oggetto di questa ricerca è lo studio delle emissioni di gas serra nel ciclo di vita (LCA) del diesel rinnovabile (RD) da olio di semi di cotone. L’interesse verso questo come altri olî alternativi è dettato dalle recenti direttive della UE, particolarmente stringenti per alcuni produttori di RD in quanto implicanti l’eliminazione dell’olio di palma entro il 2030, tra le altre misure contenute; tra i produttori più interessati spicca anche l’Italia, ove l’olio di palma costituisce circa l’80% della materia prima processata dalle sue due bioraffinerie di Marghera e Gela [1]. A differenza di altre materie prime, l’olio di cotone non è stato studiato in modo approfondito in questi termini. Un solo caso studio peer-reviewed è attestato in letteratura, per un impianto nel Brasile rurale; tale impianto non produce RD, ma biodiesel [2]; un solo altro impianto a biodiesel, non peer-reviewed, è stato studiato in uno studio legato a un contesto rurale in India [3]. Questa ricerca va quindi a investigare una materia prima effettivamente poco studiata. Gli obiettivi di ricerca sono i seguenti: (I) definire il’olio di semi di cotone secondo le direttive UE in materia di biocarburanti, e quantificare l’intensità di riscaldamento globale (GWI) del RD da olio di semi di cotone per valutarne la conformità a tali direttive; (II) valutare il GWI di tale biocarburante a confronto con altri olî d’uso comune, attraverso un LCA che aderisca alle direttive ISO, le più diffuse in questo genere di studî. Tali obiettivi sono stati perseguiti sviluppando un modello con il supporto del software LCA GaBi. Lo sviluppo del modello è stato basato su un caso studio per Israele: da qui, l’olio viene poi trasportato in Italia per la raffinazione; la ricerca è stata sviluppata in collaborazione con l’università Technion di Haifa. Per ciascuno dei due obiettivi, è stato necessario elaborare un modello distinto: il modello EUC copre il primo obiettivo, il modello IS il secondo. Il sistema, in entrambi i casi, comprende: coltivazione, sgranatura, estrazione d’olio in Israele; raffinazione e distribuzione - quest’ultima solo nel modello EUC - in Italia; a collegare questi processi sono stati altresì modellati dei processi di trasporto, via terra o via mare. Il modello IS differisce dallo EUC principalmente per l’inclusione, entro i confini del sistema, dell’industria casearia israeliana, dove ha sede il consumo di seme e farina di cotone; questo implica l’inclusione di una filiera per l’approvvigionamento di integratori alimentari - in questo caso, cereali - che vadano a supplire alla mancanza di seme grezzo causata dall’esportazione d’olio a scopo energetico. È bene sottolineare che la natura del caso studio non consente estensione indiscriminata dei risultati all’infuori dei risultati; se da un lato il modello IS mette in luce le caratteristiche del RD da cotone rispetto ad altri biocarburanti, e i trade-off che il suo ciclo produttivo implica, si ritiene che sia sempre necessaria un’analisi case-specific qualora si voglia pervenire a valori di GWI per un altro contesto. Il modello EUC suggerisce che il RD in esame è largamente conforme alle direttive UE. Il suo GWI risulta 16 gCO2eq/MJ di combustibile, e il suo limitato intervallo di variazione suggerisce ampie possibilità di sfruttare l’olio di cotone in conformità con le suddette direttive (il cui limite più stringente ammonta a 33 gCO2eq/MJ). Se confrontato con le più comuni materie prime, il GWI del RD in esame è secondo solo agli olî vegetali esausti in quanto a riduzione dell’impronta di carbonio: gli olî di palma, colza e soia risultano tutti in GWI dalle due alle tre volte più alti rispetto all’olio di cotone. Il modello IS suggerisce che il RD prodotto è meno impattante del diesel fossile, per emissioni dirette. In questo caso, i risultati sono meno univoci, e la scelta dell’integratore alimentare usato nell’industria casearia è la determinante più importante per il GWI finale. Cambiare integratore, infatti, può portare il GWI da 83 a 63 gCO2eq/MJ; anche il trasporto di tali cereali risulta avere un effetto importante sul GWI, con un contributo ad esso fino a 10 gCO2eq/MJ: un’attenta scelta degli integratori può quindi portare a GWI potenzialmente migliori di olî di prima generazione come colza e palma, con GWI tra i 50 ed i 60 gCO2eq/MJ. In aggiunta a ciò, le emissioni da indirect land use change (ILUC) risultano essere più basse di circa 25-30 gCO2eq/MJ rispetto a colza e palma; scegliendo un integratore alimentare che sia carbon-efficient, il GWI inclusivo di ILUC del caso studio risulta 80 gCO2eq/MJ, sotto i 94 del diesel fossile e ben sotto i GWI complessivi stimati per palma e colza. La liceità dell’uso di olio di cotone per produrre RD potrebbe portare, nel medio termine, ad un suo uso per sostituire l’olio di palma nelle bioraffinerie europee. In alcuni Stati africani in particolare, il seme di cotone è attualmente poco sfruttato: quello dell’Africa potrebbe quindi rappresentare un contesto particolarmente favorevole cui fare affidamento. In questo senso, l’impronta carbonica e l’effettiva creazione di valore sul territorio di un progetto, senza impattare su altri mercati esistenti, dipendono in larga misura da un’accurata analisi del contesto specifico. Risvolti prolifici potrebbero in futuro risultare da ricerca in contesti specifici, ad esempio africani, con un più alto potenziale di olio di Israele, con o senza allevamenti bovini annessi. Altri sviluppi interessanti potrebbero aversi confrontando diversi regimi di approvvigionamento di integratori alimentari, studiando l’impronta carbonica al variare di aspetti quali l’origine geografica e le pratiche agricole. Studi che abbraccino altre categorie d’impatto oltre al cambiamento climatico possono fungere da ulteriore approfondimento in quanto a sostenibilità del biocarburante.

Cottonseed oil : a possible feedstock alternative for renewable Diesel production

Cavallucci, Federico
2019/2020

Abstract

This research studies the life cycle of cottonseed-oil renewable diesel (RD) in its greenhousegas emissions impact. Unlike other biofuel feedstocks, cottonseed oil has not been subject to much attention from the scientific community. Interest on alternative feedstocks stems from the latest EU regulations, which are likely to cause a shock in the feedstock supply of RD producers in the region. The single most impacting policy is the complete phase-out of palm oil by 2030, which will have consequences in particular for some EU countries, among which also Italy. Thus, the main goals of this study are as follows: (I) defining cottonseed oil in the framework of EU biofuel regulations and quantitatively assessing the Global Warming Intensity (GWI) of cottonseed-oil RD, in order to check its compliance with said regulations; (II) assessing the GWI of this biofuel in comparison with other feedstocks, in the framework of the most widespread guidelines in matter of Life Cycle Assessment (LCA). These objectives have been pursued by developing an LCA model using GaBi, an LCA software, as platform. Model development was based on a case study for Israel: from here, the oil is shipped to Italy to be refined; the research was developed in collaboration with the Technion, the leading technical university in the country. Two different models were developed, each pursuing one of the two mentioned main goals. The first model suggests that cottonseed-oil RD is largely compliant with EU biofuel regulations. Its baseline GWI of around 16 gCO2eq/MJ and its limited range of variation suggest compliance under a wide range of contexts, since it is well below the EU compliance threshold, which in its strictest form amounts to about 33 gCO2eq/MJ. The second model suggests that this fuel has lower direct emissions than fossil diesel. Here, the range of variation is pronounced, which makes the comparison with other biofuels less univocal. The choice of a particular feed supplement seems to be the most important determinant of the GWI. By merely changing supplement, such value can shift from 83 to 63 gCO2eq/MJ; feed supply chain can also influence the model results by up to about 10 gCO2eq/MJ. Thus, a thorough choice of feed supply seems to lead to GWIs in the range of 50 to 60 gCO2eq/MJ, potentially lower than other first-generation feedstocks such as palm and rapeseed oil. In addition, cottonseed-oil RD appears to prompt massively less indirect land use change (ILUC) than other common first-generation oil feedstocks. The difference is assessed at 25 to 30 gCO2eq/MJ in favour of cottonseed: if a carbon-efficient feed production is chosen, the resulting GWI keeps below fossil diesel, at around 80 gCO2eq/MJ.
SPATARI, SABRINA
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
2-ott-2020
2019/2020
L’oggetto di questa ricerca è lo studio delle emissioni di gas serra nel ciclo di vita (LCA) del diesel rinnovabile (RD) da olio di semi di cotone. L’interesse verso questo come altri olî alternativi è dettato dalle recenti direttive della UE, particolarmente stringenti per alcuni produttori di RD in quanto implicanti l’eliminazione dell’olio di palma entro il 2030, tra le altre misure contenute; tra i produttori più interessati spicca anche l’Italia, ove l’olio di palma costituisce circa l’80% della materia prima processata dalle sue due bioraffinerie di Marghera e Gela [1]. A differenza di altre materie prime, l’olio di cotone non è stato studiato in modo approfondito in questi termini. Un solo caso studio peer-reviewed è attestato in letteratura, per un impianto nel Brasile rurale; tale impianto non produce RD, ma biodiesel [2]; un solo altro impianto a biodiesel, non peer-reviewed, è stato studiato in uno studio legato a un contesto rurale in India [3]. Questa ricerca va quindi a investigare una materia prima effettivamente poco studiata. Gli obiettivi di ricerca sono i seguenti: (I) definire il’olio di semi di cotone secondo le direttive UE in materia di biocarburanti, e quantificare l’intensità di riscaldamento globale (GWI) del RD da olio di semi di cotone per valutarne la conformità a tali direttive; (II) valutare il GWI di tale biocarburante a confronto con altri olî d’uso comune, attraverso un LCA che aderisca alle direttive ISO, le più diffuse in questo genere di studî. Tali obiettivi sono stati perseguiti sviluppando un modello con il supporto del software LCA GaBi. Lo sviluppo del modello è stato basato su un caso studio per Israele: da qui, l’olio viene poi trasportato in Italia per la raffinazione; la ricerca è stata sviluppata in collaborazione con l’università Technion di Haifa. Per ciascuno dei due obiettivi, è stato necessario elaborare un modello distinto: il modello EUC copre il primo obiettivo, il modello IS il secondo. Il sistema, in entrambi i casi, comprende: coltivazione, sgranatura, estrazione d’olio in Israele; raffinazione e distribuzione - quest’ultima solo nel modello EUC - in Italia; a collegare questi processi sono stati altresì modellati dei processi di trasporto, via terra o via mare. Il modello IS differisce dallo EUC principalmente per l’inclusione, entro i confini del sistema, dell’industria casearia israeliana, dove ha sede il consumo di seme e farina di cotone; questo implica l’inclusione di una filiera per l’approvvigionamento di integratori alimentari - in questo caso, cereali - che vadano a supplire alla mancanza di seme grezzo causata dall’esportazione d’olio a scopo energetico. È bene sottolineare che la natura del caso studio non consente estensione indiscriminata dei risultati all’infuori dei risultati; se da un lato il modello IS mette in luce le caratteristiche del RD da cotone rispetto ad altri biocarburanti, e i trade-off che il suo ciclo produttivo implica, si ritiene che sia sempre necessaria un’analisi case-specific qualora si voglia pervenire a valori di GWI per un altro contesto. Il modello EUC suggerisce che il RD in esame è largamente conforme alle direttive UE. Il suo GWI risulta 16 gCO2eq/MJ di combustibile, e il suo limitato intervallo di variazione suggerisce ampie possibilità di sfruttare l’olio di cotone in conformità con le suddette direttive (il cui limite più stringente ammonta a 33 gCO2eq/MJ). Se confrontato con le più comuni materie prime, il GWI del RD in esame è secondo solo agli olî vegetali esausti in quanto a riduzione dell’impronta di carbonio: gli olî di palma, colza e soia risultano tutti in GWI dalle due alle tre volte più alti rispetto all’olio di cotone. Il modello IS suggerisce che il RD prodotto è meno impattante del diesel fossile, per emissioni dirette. In questo caso, i risultati sono meno univoci, e la scelta dell’integratore alimentare usato nell’industria casearia è la determinante più importante per il GWI finale. Cambiare integratore, infatti, può portare il GWI da 83 a 63 gCO2eq/MJ; anche il trasporto di tali cereali risulta avere un effetto importante sul GWI, con un contributo ad esso fino a 10 gCO2eq/MJ: un’attenta scelta degli integratori può quindi portare a GWI potenzialmente migliori di olî di prima generazione come colza e palma, con GWI tra i 50 ed i 60 gCO2eq/MJ. In aggiunta a ciò, le emissioni da indirect land use change (ILUC) risultano essere più basse di circa 25-30 gCO2eq/MJ rispetto a colza e palma; scegliendo un integratore alimentare che sia carbon-efficient, il GWI inclusivo di ILUC del caso studio risulta 80 gCO2eq/MJ, sotto i 94 del diesel fossile e ben sotto i GWI complessivi stimati per palma e colza. La liceità dell’uso di olio di cotone per produrre RD potrebbe portare, nel medio termine, ad un suo uso per sostituire l’olio di palma nelle bioraffinerie europee. In alcuni Stati africani in particolare, il seme di cotone è attualmente poco sfruttato: quello dell’Africa potrebbe quindi rappresentare un contesto particolarmente favorevole cui fare affidamento. In questo senso, l’impronta carbonica e l’effettiva creazione di valore sul territorio di un progetto, senza impattare su altri mercati esistenti, dipendono in larga misura da un’accurata analisi del contesto specifico. Risvolti prolifici potrebbero in futuro risultare da ricerca in contesti specifici, ad esempio africani, con un più alto potenziale di olio di Israele, con o senza allevamenti bovini annessi. Altri sviluppi interessanti potrebbero aversi confrontando diversi regimi di approvvigionamento di integratori alimentari, studiando l’impronta carbonica al variare di aspetti quali l’origine geografica e le pratiche agricole. Studi che abbraccino altre categorie d’impatto oltre al cambiamento climatico possono fungere da ulteriore approfondimento in quanto a sostenibilità del biocarburante.
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