Place, -plein, piazza. The infrastructure for the ever-changing identity

In 1854 Chief Seattle pronounced his famous speech in response to the American Government’s land treaty to buy the native lands proposed by Isaac Stevens, the Governor of Washington Territory. The speech expresses the mutual feelings of belonging and identity between the native tribes and the land where they settled and lived their existence. The American Government can buy the native lands, but not the spiritual ownership of these lands because it doesn’t belong to him. The Colchis Golden Fleece that Medea steals for Jason has and maintains its powers - that makes it so desirable - only through the ritualistic and magic connection performed and experienced by the local community of Colchis. Once in another, foreign, land it loses its meaning and magic power. Medea escapes with the foreigner Jason, leaving her native land, becoming herself a foreigner, losing herself without a spiritual connection with the ground, without the sense of belonging to a land. Like the one of the American native tribe or the Colchis’ one, every ritual has its meaning only if performed by a collectivity. The square is the most direct expression of the need for a community, of a collective ritual and sense of belonging to a space; is the place that can welcome and suggest the ritual for the re-foundation and expression of the individual and the collective identity, for the re-foundation of an own cosmos. Place Van Meyel (Etterbeek, Brussels) is historically a special place for its municipality, where Etterbeek owes its birth. The place along the stream of the Maalbeek chosen to build the succession of churches that set the presence and status of the municipality. Sainte-Gertrude Church is the last one: built in 1885 and demolished in May 1993 for the risk of collapse. From 1993 Van Meyelplein is an urban void, the new square of Etterbeek. What kind of sense of belonging is possible today? Are identity and self-recognition still something given permanently by an origin or a native land? How can a mutual and spiritual connection with a place be built, once in a foreign land? To state and express the identity of the municipality, is not given another church nor a permanent building, is not represented a permanent identity, but rather an open work, a process that starts by building a structure, a support for changes. The collective memory and identity expressed by the public space are not represented through given icons or monuments, but through the users and passers-by of the square, through their moving and changing faces. A place not for fixed idles, but for the different characters, religions, cultures, faces, the ones that compose Etterbeek. An ever-changing identity that doesn’t survive its generation and moment of time, but is able to re-invent itself: new but not from scratch. In the friction between fixed elements and undetermined ones lies the project of the new square. Like a Baroque device, the square is an ephemeral gesture built on a real and solid structure. Not conceived to be finished nor to finish the space, it suggests and allows possible futures, announcing and stating the changing and changeable nature of the city, of its public common ground.

Nel 1854 il Capo Seattle pronuncia il suo famoso discorso in relazione all’acquisto delle terre dei nativi americani promosso da Isaac Stevens. Il discorso esprime il mutuo legame di appartenenza ed identità tra tribù native e la terra dove si erano stabiliti e dove avevano vissuto tutta la loro esistenza. Il Governatore americano può acquistare la terra dei nativi, ma non il suo carico spirituale in quanto non appartiene a lui. Il Vello d’Oro di Colchide che Medea ruba per Giasone possiede e mantiene i suoi poteri - per i quali è così desiderato/ desiderabile - solo attraverso il legame magico e rituale rappresentato e vissuto dalla popolazione locale della Colchide. Una volta trasportato in una terra altra, straniera, perde significato e potere. Medea scappa con lo straniero Giasone dalla sua terra natia, diventando lei stessa straniera, perdendo la ragione e se stessa senza il legame spirituale con il suolo che incontra, senza più alcun senso di appartenenza ad una terra. Come quello della tribù nativa americana, o quello di Colchide, ogni rito possiede ed acquisisce un significato solo attraverso la collettività. La piazza è l’espressione più diretta del bisogno di comunità, di rito collettivo e di senso di appartenenza ad uno spazio; è il luogo in grado di accogliere e suggerire il rituale di rifondazione ed espressione dell’identità individuale e collettiva, il rituale di rifondazione di un proprio cosmos. Place Van Meyel (Etterbeek, Bruxelles) è storicamente un luogo speciale per la propria municipalità, dove Etterbeek ha avuto origine. É il luogo lungo il corso del fiume Maalbeek prescelto per costruire la successione di chiese che hanno determinato e fissato la presenza e lo status sociale della municipalità. La Chiesa di Sainte-Gertrude è l’ultima di queste: costruita nel 1885 e demolita nel maggio del 1993 per rischio di collasso. Dal 1993 Van Meyelplein è un vuoto urbano, la nuova piazza di Etterbeek. Che senso di appartenenza è possibile oggi? Identità e riconoscimento personale possono ancora dipendere in modo permanente da un’origine e da una terra natia? Come è possibile costruire un mutuo legame spirituale con un luogo, una terra straniera? Per affermare ed esprimere l’identità della municipalità non viene costruita una nuova chiesa od un edificio né un’identità permanente, ma piuttosto un’opera aperta, un processo che inizia dal costruire una struttura, un supporto per il cambiamento. La memoria collettiva e l’identità espressa dalla piazza non sono rappresentate attraverso icone o monumenti dati, ma attraverso i suoi fruitori e passanti, attraverso i loro volti in movimento e cambiamento. Uno spazio non per icone fisse, ma per più e varie personalità, religioni, culture, facce, quelle che compongono Etterbeek. Un’identità in continuo cambiamento che non sopravvive alla propria generazione ed al proprio tempo, ma è in grado di reinventarsi: nuova ma non da zero. Nella tensione tra elementi fissi e elementi non definiti emerge il progetto della nuova piazza. Come un dispositivo barocco, essa consiste in un gesto effimero costruito su di una struttura solida e reale. Non concepita per essere conclusa in sé né per concludere lo il vuoto urbano che la genera, la piazza suggerisce e permette futuri possibili, annunciando ed affermando la natura mutevole ed in continuo cambiamento della città, del suo suolo comune, pubblico.