Tools and technologies have always contributed to the historical evolution of the communication designer, intertwined with the various branches of the discipline, creating entire new industries and professional specializations, and shifting the horizon of creative possibilities from time to time. In a global context that sees increasing automation of work on the one hand and individualization of workers on the other, the communication designer finds himself in the middle of a profound identity change. While his needs are outsourced to the software within a slow and relentless process of silent negotiation, the software itself becomes an amplifier and speaker of entrepreneurial, individualistic and solutionist ideologies and rhetorics, toxic to the entire category. Designer softwarization doesn’t follow the visible tracks of a progressive victory of the machine over man, but instead manifests itself within processes that are difficult to recognize, almost elusive. If at the dawn of the computer age the founders of Emigre enthusiastically declared "This is perhaps the most exciting of times for designers", today that statement needs to be updated. Less Exciting Times explores the growing designer softwarization in an attempt to bring out its causes and consequences. While the whole discipline converges into a screen, the interfaces of web platforms, software and social networks, regulated by incomprehensible and uncontrollable algorithms, become indispensable, the subversive soul of creativity is defused and the social and the political imagination of the designer shrinks. Can the designer still allow himself to define his tools as "only tools" even when these are consuming every distinction between work and non-work? What happens to a collaborative and distributed profession when the professional world becomes a competitive arena moving towards isolationism and autonomy? When the black box of software enters the black box of the design process, control is doubly compromised. The analysis path, which branches out through historical, economic, social and political contexts, as well as using interviews and surveys, concludes by hypothesizing possible paths of active change. By restoring centrality to the humanistic and ideological component of the discipline, it is possible to turn a critical gaze towards the communication design world to radically redefine the profession first and then the designers’ social role.

Strumenti e tecnologie hanno da sempre contribuito all’evoluzione storica della figura del designer della comunicazione, intrecciandosi con le ramificazioni della disciplina, creando intere nuove industrie e specializzazioni professionali, e spostando di volta in volta l’orizzonte delle possibilità creative. In un contesto globale che vede una crescente automazione dei lavori da un lato e individualizzazione dei lavoratori dall’altro, il designer della comunicazione si trova nel mezzo di un profondo cambiamento identitario. Mentre le sue necessità vengono appaltate al software all’interno di un lento e incessante processo di negoziazione tacita, questo diventa esso stesso amplificatore e diffusore di ideologie e retoriche imprenditoriali, individualiste e soluzioniste, tossiche per l’intera categoria. La softwarizzazione del designer non segue i binari visibili di una progressiva vittoria della macchina sull’uomo, ma si manifesta invece all’interno processi tanto difficili da riconoscere da risultare sfuggenti. Se all’alba dell’era dei computer i fondatori di Emigre dichiaravano entusiasticamente «This is perhaps the most exciting of times for designers», oggi quell’affermazione necessita di essere aggiornata. Less Exciting Times esplora la softwarizzazione crescente del designer nel tentativo di farne emergere cause e conseguenze. Mentre l’intera disciplina converge nei confini di uno schermo, le interfacce delle piattaforme web, dei software e dei social network, regolate da algoritmi incomprensibili e incontrollabili, diventano indispensabili, l’anima eversiva della creatività viene disinnescata e l’immaginazione sociale e politica del designer si contrae. Il designer può ancora permettersi di definire i propri strumenti di lavoro “soltanto strumenti” anche quando questi vanno fagocitando ogni distinzione tra lavoro e non-lavoro? Cosa accade a una professione collaborativa e distribuita quando il mondo professionale diventa un’arena competitiva indirizzata verso l’isolazionismo e l’autonomia? Quando la scatola nera del software si inserisce nella scatola nera del design process il controllo è doppiamente compromesso. Il percorso di analisi della tesi, che si dirama attraverso i contesti storici, economici, sociali e politici, oltre che avvalendosi di interviste e sondaggi, si conclude ipotizzando possibili percorsi di cambiamento attivo. Ridando centralità alla componente umanistica e ideologica della disciplina è possibile rivolgere uno sguardo critico verso il proprio mondo per ridefinire radicalmente prima la propria professione e poi il proprio ruolo nella società.

Less exciting times. Il designer come estensione del software

De Vecchi, Alessandro
2019/2020

Abstract

Tools and technologies have always contributed to the historical evolution of the communication designer, intertwined with the various branches of the discipline, creating entire new industries and professional specializations, and shifting the horizon of creative possibilities from time to time. In a global context that sees increasing automation of work on the one hand and individualization of workers on the other, the communication designer finds himself in the middle of a profound identity change. While his needs are outsourced to the software within a slow and relentless process of silent negotiation, the software itself becomes an amplifier and speaker of entrepreneurial, individualistic and solutionist ideologies and rhetorics, toxic to the entire category. Designer softwarization doesn’t follow the visible tracks of a progressive victory of the machine over man, but instead manifests itself within processes that are difficult to recognize, almost elusive. If at the dawn of the computer age the founders of Emigre enthusiastically declared "This is perhaps the most exciting of times for designers", today that statement needs to be updated. Less Exciting Times explores the growing designer softwarization in an attempt to bring out its causes and consequences. While the whole discipline converges into a screen, the interfaces of web platforms, software and social networks, regulated by incomprehensible and uncontrollable algorithms, become indispensable, the subversive soul of creativity is defused and the social and the political imagination of the designer shrinks. Can the designer still allow himself to define his tools as "only tools" even when these are consuming every distinction between work and non-work? What happens to a collaborative and distributed profession when the professional world becomes a competitive arena moving towards isolationism and autonomy? When the black box of software enters the black box of the design process, control is doubly compromised. The analysis path, which branches out through historical, economic, social and political contexts, as well as using interviews and surveys, concludes by hypothesizing possible paths of active change. By restoring centrality to the humanistic and ideological component of the discipline, it is possible to turn a critical gaze towards the communication design world to radically redefine the profession first and then the designers’ social role.
ARC III - Scuola del Design
15-dic-2020
2019/2020
Strumenti e tecnologie hanno da sempre contribuito all’evoluzione storica della figura del designer della comunicazione, intrecciandosi con le ramificazioni della disciplina, creando intere nuove industrie e specializzazioni professionali, e spostando di volta in volta l’orizzonte delle possibilità creative. In un contesto globale che vede una crescente automazione dei lavori da un lato e individualizzazione dei lavoratori dall’altro, il designer della comunicazione si trova nel mezzo di un profondo cambiamento identitario. Mentre le sue necessità vengono appaltate al software all’interno di un lento e incessante processo di negoziazione tacita, questo diventa esso stesso amplificatore e diffusore di ideologie e retoriche imprenditoriali, individualiste e soluzioniste, tossiche per l’intera categoria. La softwarizzazione del designer non segue i binari visibili di una progressiva vittoria della macchina sull’uomo, ma si manifesta invece all’interno processi tanto difficili da riconoscere da risultare sfuggenti. Se all’alba dell’era dei computer i fondatori di Emigre dichiaravano entusiasticamente «This is perhaps the most exciting of times for designers», oggi quell’affermazione necessita di essere aggiornata. Less Exciting Times esplora la softwarizzazione crescente del designer nel tentativo di farne emergere cause e conseguenze. Mentre l’intera disciplina converge nei confini di uno schermo, le interfacce delle piattaforme web, dei software e dei social network, regolate da algoritmi incomprensibili e incontrollabili, diventano indispensabili, l’anima eversiva della creatività viene disinnescata e l’immaginazione sociale e politica del designer si contrae. Il designer può ancora permettersi di definire i propri strumenti di lavoro “soltanto strumenti” anche quando questi vanno fagocitando ogni distinzione tra lavoro e non-lavoro? Cosa accade a una professione collaborativa e distribuita quando il mondo professionale diventa un’arena competitiva indirizzata verso l’isolazionismo e l’autonomia? Quando la scatola nera del software si inserisce nella scatola nera del design process il controllo è doppiamente compromesso. Il percorso di analisi della tesi, che si dirama attraverso i contesti storici, economici, sociali e politici, oltre che avvalendosi di interviste e sondaggi, si conclude ipotizzando possibili percorsi di cambiamento attivo. Ridando centralità alla componente umanistica e ideologica della disciplina è possibile rivolgere uno sguardo critico verso il proprio mondo per ridefinire radicalmente prima la propria professione e poi il proprio ruolo nella società.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/169261