The thesis deals with the urban renewal of the area of the former Military Electrical and Precision Machinery Plant in the Flaminio district of Rome. Through interventions of architectural recovery and the timely insertion of new architecture we intend to shape a "urban fabric" that can be placed as a new piece of the city in relation to the context in which it is inserted. In particular, the process of re-functionalisation involves the area in a conversion to the City of Science and related services. Therefore, the project aims to establish new connections between the relevant elements that participate in defining the fabric of the city, which in this precise area has been lacking for years in integration and urban vision between morphological and programmatic aspects.

Ancora oggi spesso le città vengono pensate come sistemi unitari. Come però riconosciuto da Aldo Rossi ne L’architettura della città, è necessario ‘’avvicinarsi alla comprensione di questa totalità mediante lo studio delle sue diverse manifestazioni’’, per poter avere in essa un campo di azione. La visione totalizzante di una urbe conclusa in sé stessa appare messa in crisi dalla sua medesima complessità e contraddittorietà. Nel descrivere la città contemporanea si rintracciano spesso tentativi di riassumerla in modo univoco, seppur facciano riferimento a termini che esulano dal suo spazio fisico. Si parla quindi di città mediale (o Net City, G. Shane), riferendosi alla fitta rete di informazioni-connessioni rese possibili dalle nuove tecnologie. La città continua però ad essere un luogo. Anzi, molti luoghi. È un prodotto complesso, sovrapposto, stratificato, dovuto all’intersezione di casualità, vincoli pratici, esigenze sociali sommatesi nel corso della storia. Gli strumenti progettuali destinati ad interfacciarsi con queste realtà, allora, si trovano a dover interagire direttamente con un sistema aperto e irrisolto. Ungers (La città dialettica, 1997) propone uno studio derivato dal riconoscimento della coincidentia oppositorum (simultaneità dei contrari). Secondo quella che Ungers definisce ‘strategia dei luoghi complementari’, la città è una struttura aperta composta da una raccolta eterogenea di frammenti, non riconducibile ad un sistema in sé concluso a causa delle sue molteplici e contraddittorie esigenze. Tesi e antitesi convivono simultaneamente: la città contemporanea è dialettica. Nella dissoluzione della città centrale giocano un ruolo fondamentale i singoli luoghi nominabili. La città strutturata secondo luoghi complementari sostituisce il concetto di urbe unitaria. Luoghi del tempo libero, del commercio, dell’abitare, della cultura, del lavoro, etc. formano una instabile costellazione di elementi significativi e diversificati, dotati di identità e completezza ‘in sé’, nei quali viene sviluppato un aspetto urbano particolare tenendo conto del tutto. Ogni luogo esiste quindi per sé stesso, ma si esprime pienamente solo nella relazione con l’altro luogo. I singoli luoghi appaiono quindi come complessi microcosmi, monadi, inseriti nel contesto più grande della metropoli: una città nella città. Il progetto in questo scenario ha il compito di ripensare l’architettura a fronte di un paesaggio in continua mutazione e che esplicita sempre nuove necessità e finalità (F. Irace, Dimenticare Vitruvio) riordinando il caos urbano, sviscerando le identità e peculiarità proprie dei singoli luoghi. In questo Ungers definisce l’urbanistica un’arte della scoperta, non dell’invenzione. Sembra quindi inevitabile pensare al progetto come sistema che metta in relazione più componenti: spaziali, dal momento che si interfaccia con un contesto; funzionali, siccome è chiamato a rispondere ad un programma e relazionali, quando cerca di interfacciare le precedenti. La città dei luoghi complementari è quindi interpretabile, aperta, mista e adattabile, conservatrice quanto progressista. Il progetto di tesi si confronta direttamente con questi temi, cogliendo l’occasione rappresentata dal bando di concorso “Progetto Flaminio”, per la progettazione della Città della Scienza nel quartiere Flaminio a Roma - attraverso interventi di recupero dell’Ex stabilimento militare Guido Reni, da anni mancante di integrazione e visione urbana tra aspetti morfologici e programmatici. Il bando del 2015, prevede un mix funzionale con l’obiettivo di rendere eterogeneo il brano di città che ha come fulcro il polo museale. L’ambito urbano in cui si inserisce il disegno ha attraversato un percorso di riqualificazione di un quartiere costituito da frammenti di differenti piani urbanistici, che lo hanno portato a potenziarne sempre più il carattere culturale. Il progetto è chiamato ad entrare a sistema con gli elementi primari prossimi all’area, quali il museo MAXXI e l’Auditorium Parco della Musica, con il tessuto abitativo e con il paesaggio. Il programma, complesso e diversificato, ci ha portati alla formulazione di un masterplan caratterizzato da un’evidente varietà di approcci. Le esigenze morfologico-funzionali hanno comportato talvolta la rottura della rigidità dell’impianto esistente, talvolta l’ideazione di nuclei che rispondessero a bisogni particolari, con conseguenti scelte formali. L’area si viene a configurare quindi come una sorta di ‘’città nella città’’, dotata di elementi ordinari ed eccezionali, percorsi e spazi di relazione che si interlacciano in un sistema aperto. La tesi ha preso in carico la riscrittura degli edifici esistenti secondo i loro caratteri morfologico-spaziali mentre le parti di nuova edificazione manifestano in modo evidente la propria alterità. L’approccio generale al progetto è stato condotto per stratificazione di elementi e significati, rimandante alla strategia dei luoghi complementari (O. M. Ungers), permettendo al sito di assumere una rinnovata identità, in linea con le esigenze dell’urbe contemporanea, ma affatto dimentica del suo passato. Ogni gesto progettuale è guidato dall’idea di concepire la Città della Scienza come spazio dinamico di scoperta, sperimentazione e apprendimento. Il sistema finale ci ha aiutato a dare vita ad ambienti in grado di rispondere sia a situazioni estemporanee, sia ai mutamenti a cui l’area inevitabilmente sarà sottoposta nel corso del tempo. Il progetto prova a riflettere sul ruolo dello spazio fisico della città come campo di azione e relazione, grazie alla ri-conversione di un brano che pur funzionando come nucleo autonomo, dialoga con la rete di luoghi della quale entra a far parte. Il risultato auspicato si articola in un campus fatto di laboratori, spazi mostre, incubatori d’impresa, spazi per eventi e ricettivi, mettendo a sistema la più grande varietà di attori e utenze.

Luoghi complementari : relazione tra identità architettonica e alterità. Progetto di recupero e ri-funzionalizzazione dell'ex stabilimento militare Guido Reni per una nuova Città della Scienza nel quartiere Flaminio di Roma

Caizzi, Edoardo;Tafel, Greta
2019/2020

Abstract

The thesis deals with the urban renewal of the area of the former Military Electrical and Precision Machinery Plant in the Flaminio district of Rome. Through interventions of architectural recovery and the timely insertion of new architecture we intend to shape a "urban fabric" that can be placed as a new piece of the city in relation to the context in which it is inserted. In particular, the process of re-functionalisation involves the area in a conversion to the City of Science and related services. Therefore, the project aims to establish new connections between the relevant elements that participate in defining the fabric of the city, which in this precise area has been lacking for years in integration and urban vision between morphological and programmatic aspects.
GASPARINI, CHRISTIAN
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
15-dic-2020
2019/2020
Ancora oggi spesso le città vengono pensate come sistemi unitari. Come però riconosciuto da Aldo Rossi ne L’architettura della città, è necessario ‘’avvicinarsi alla comprensione di questa totalità mediante lo studio delle sue diverse manifestazioni’’, per poter avere in essa un campo di azione. La visione totalizzante di una urbe conclusa in sé stessa appare messa in crisi dalla sua medesima complessità e contraddittorietà. Nel descrivere la città contemporanea si rintracciano spesso tentativi di riassumerla in modo univoco, seppur facciano riferimento a termini che esulano dal suo spazio fisico. Si parla quindi di città mediale (o Net City, G. Shane), riferendosi alla fitta rete di informazioni-connessioni rese possibili dalle nuove tecnologie. La città continua però ad essere un luogo. Anzi, molti luoghi. È un prodotto complesso, sovrapposto, stratificato, dovuto all’intersezione di casualità, vincoli pratici, esigenze sociali sommatesi nel corso della storia. Gli strumenti progettuali destinati ad interfacciarsi con queste realtà, allora, si trovano a dover interagire direttamente con un sistema aperto e irrisolto. Ungers (La città dialettica, 1997) propone uno studio derivato dal riconoscimento della coincidentia oppositorum (simultaneità dei contrari). Secondo quella che Ungers definisce ‘strategia dei luoghi complementari’, la città è una struttura aperta composta da una raccolta eterogenea di frammenti, non riconducibile ad un sistema in sé concluso a causa delle sue molteplici e contraddittorie esigenze. Tesi e antitesi convivono simultaneamente: la città contemporanea è dialettica. Nella dissoluzione della città centrale giocano un ruolo fondamentale i singoli luoghi nominabili. La città strutturata secondo luoghi complementari sostituisce il concetto di urbe unitaria. Luoghi del tempo libero, del commercio, dell’abitare, della cultura, del lavoro, etc. formano una instabile costellazione di elementi significativi e diversificati, dotati di identità e completezza ‘in sé’, nei quali viene sviluppato un aspetto urbano particolare tenendo conto del tutto. Ogni luogo esiste quindi per sé stesso, ma si esprime pienamente solo nella relazione con l’altro luogo. I singoli luoghi appaiono quindi come complessi microcosmi, monadi, inseriti nel contesto più grande della metropoli: una città nella città. Il progetto in questo scenario ha il compito di ripensare l’architettura a fronte di un paesaggio in continua mutazione e che esplicita sempre nuove necessità e finalità (F. Irace, Dimenticare Vitruvio) riordinando il caos urbano, sviscerando le identità e peculiarità proprie dei singoli luoghi. In questo Ungers definisce l’urbanistica un’arte della scoperta, non dell’invenzione. Sembra quindi inevitabile pensare al progetto come sistema che metta in relazione più componenti: spaziali, dal momento che si interfaccia con un contesto; funzionali, siccome è chiamato a rispondere ad un programma e relazionali, quando cerca di interfacciare le precedenti. La città dei luoghi complementari è quindi interpretabile, aperta, mista e adattabile, conservatrice quanto progressista. Il progetto di tesi si confronta direttamente con questi temi, cogliendo l’occasione rappresentata dal bando di concorso “Progetto Flaminio”, per la progettazione della Città della Scienza nel quartiere Flaminio a Roma - attraverso interventi di recupero dell’Ex stabilimento militare Guido Reni, da anni mancante di integrazione e visione urbana tra aspetti morfologici e programmatici. Il bando del 2015, prevede un mix funzionale con l’obiettivo di rendere eterogeneo il brano di città che ha come fulcro il polo museale. L’ambito urbano in cui si inserisce il disegno ha attraversato un percorso di riqualificazione di un quartiere costituito da frammenti di differenti piani urbanistici, che lo hanno portato a potenziarne sempre più il carattere culturale. Il progetto è chiamato ad entrare a sistema con gli elementi primari prossimi all’area, quali il museo MAXXI e l’Auditorium Parco della Musica, con il tessuto abitativo e con il paesaggio. Il programma, complesso e diversificato, ci ha portati alla formulazione di un masterplan caratterizzato da un’evidente varietà di approcci. Le esigenze morfologico-funzionali hanno comportato talvolta la rottura della rigidità dell’impianto esistente, talvolta l’ideazione di nuclei che rispondessero a bisogni particolari, con conseguenti scelte formali. L’area si viene a configurare quindi come una sorta di ‘’città nella città’’, dotata di elementi ordinari ed eccezionali, percorsi e spazi di relazione che si interlacciano in un sistema aperto. La tesi ha preso in carico la riscrittura degli edifici esistenti secondo i loro caratteri morfologico-spaziali mentre le parti di nuova edificazione manifestano in modo evidente la propria alterità. L’approccio generale al progetto è stato condotto per stratificazione di elementi e significati, rimandante alla strategia dei luoghi complementari (O. M. Ungers), permettendo al sito di assumere una rinnovata identità, in linea con le esigenze dell’urbe contemporanea, ma affatto dimentica del suo passato. Ogni gesto progettuale è guidato dall’idea di concepire la Città della Scienza come spazio dinamico di scoperta, sperimentazione e apprendimento. Il sistema finale ci ha aiutato a dare vita ad ambienti in grado di rispondere sia a situazioni estemporanee, sia ai mutamenti a cui l’area inevitabilmente sarà sottoposta nel corso del tempo. Il progetto prova a riflettere sul ruolo dello spazio fisico della città come campo di azione e relazione, grazie alla ri-conversione di un brano che pur funzionando come nucleo autonomo, dialoga con la rete di luoghi della quale entra a far parte. Il risultato auspicato si articola in un campus fatto di laboratori, spazi mostre, incubatori d’impresa, spazi per eventi e ricettivi, mettendo a sistema la più grande varietà di attori e utenze.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/170721