The present research investigates the complex topic of the redevelopment of areas deteriorated by mining, in particular it deals with the issue relating to the recovery of ceased quarry sites. In a physical-morphological meaning, quarries are built to subtract matter: the extracted product used for the construction of cities and architectures inevitably produces a negative landscape. The voids of the quarries, physically and mentally isolated, are the testimony of this inevitable destructive-constructive process. The signs due to mining are indelible, but – as the result of an anthropic process – they should not be hidden or camouflaged; on the contrary, they have to be considered as evidence of history. The project in the empty areas degraded by the extraction faces a deeply changed place, that clearly bears the signs of this activity in its palimpsest. The task of the redevelopment consists of interpreting these traces, not only as wounds to be mended, but as an active object showing reflection and poetic reference for future transformation. Thus, the disused quarries are not only the sign of a human activity as necessary as destructive, but, on the contrary, they constitute an extraordinary laboratory of formal and functional experimentation. The particular morphology and marginality that characterizes these spaces allows the project to originate new forms of re-appropriation of the residual in favour of an environmental, physical, social and economic relaunch of the concerned contexts. As a matter of fact, the main goal of the present research is to show that it is possible to transform refused places – like abandoned quarries – into attractive centres, compatible with their morphological singularity. This argument is supported by the development of a reuse project for one of the many disused quarries that characterize the region around the city of Lecco.

La ricerca indaga il complesso argomento della riqualificazione delle aree degradate da attività estrattiva, in particolare tratta la tematica relativa al recupero dei siti di cava cessati. Nell’accezione fisico-morfologica, le cave sono luoghi costruiti per sottrazione di materia: il prodotto estratto utilizzato per l’edificazione in positivo di città e architetture produce inevitabilmente un paesaggio in negativo. I vuoti delle cave, isolati fisicamente e mentalmente, sono la testimonianza di questo ineluttabile processo distruttivo-costruttivo. I segni che l’attività estrattiva genera sul territorio sono indelebili, ma, in quanto esito di un processo antropico, non dovrebbero essere nascosti o mimetizzati; al contrario vanno considerati come testimonianze della storia. Il progetto nelle aree vuote degradate dall’estrazione si confronta con un luogo mutato che reca evidenti i segni di questa attività nel suo palinsesto; il compito dell’intervento di riqualificazione consiste nell’interpretare queste tracce, non solo come ferite da ricucire ma come oggetto attivo della riflessione e riferimento poetico per la futura trasformazione. Per questo motivo le cave dismesse non sono solo il segno di un’attività tanto necessaria quanto distruttiva, ma al contrario costituiscono uno straordinario laboratorio di sperimentazione formale e funzionale: la particolare morfologia e la marginalità che caratterizza questi spazi permette al progetto di originare forme inedite di riappropriazione del residuale a favore di un rilancio ambientale, fisico, sociale ed economico dei contesti interessati. Infatti, l’obiettivo principale a cui tende l’intera ricerca è costituito dall’intenzione di voler dimostrare che è possibile trasformare i luoghi rifiutati – costituiti dalle cave dismesse – in centri attrattivi compatibili con la loro singolarità morfologica. Questa argomentazione è supportata dallo sviluppo di un progetto di riqualificazione e riuso per una delle molteplici cave dismesse che caratterizzano il territorio lecchese.

Abitare la roccia. Progetto di riqualificazione della Cava Bregaglio a Lecco : rigenerare il vuoto

Annoni, Elisa;Alberti, Marta
2019/2020

Abstract

The present research investigates the complex topic of the redevelopment of areas deteriorated by mining, in particular it deals with the issue relating to the recovery of ceased quarry sites. In a physical-morphological meaning, quarries are built to subtract matter: the extracted product used for the construction of cities and architectures inevitably produces a negative landscape. The voids of the quarries, physically and mentally isolated, are the testimony of this inevitable destructive-constructive process. The signs due to mining are indelible, but – as the result of an anthropic process – they should not be hidden or camouflaged; on the contrary, they have to be considered as evidence of history. The project in the empty areas degraded by the extraction faces a deeply changed place, that clearly bears the signs of this activity in its palimpsest. The task of the redevelopment consists of interpreting these traces, not only as wounds to be mended, but as an active object showing reflection and poetic reference for future transformation. Thus, the disused quarries are not only the sign of a human activity as necessary as destructive, but, on the contrary, they constitute an extraordinary laboratory of formal and functional experimentation. The particular morphology and marginality that characterizes these spaces allows the project to originate new forms of re-appropriation of the residual in favour of an environmental, physical, social and economic relaunch of the concerned contexts. As a matter of fact, the main goal of the present research is to show that it is possible to transform refused places – like abandoned quarries – into attractive centres, compatible with their morphological singularity. This argument is supported by the development of a reuse project for one of the many disused quarries that characterize the region around the city of Lecco.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
15-dic-2020
2019/2020
La ricerca indaga il complesso argomento della riqualificazione delle aree degradate da attività estrattiva, in particolare tratta la tematica relativa al recupero dei siti di cava cessati. Nell’accezione fisico-morfologica, le cave sono luoghi costruiti per sottrazione di materia: il prodotto estratto utilizzato per l’edificazione in positivo di città e architetture produce inevitabilmente un paesaggio in negativo. I vuoti delle cave, isolati fisicamente e mentalmente, sono la testimonianza di questo ineluttabile processo distruttivo-costruttivo. I segni che l’attività estrattiva genera sul territorio sono indelebili, ma, in quanto esito di un processo antropico, non dovrebbero essere nascosti o mimetizzati; al contrario vanno considerati come testimonianze della storia. Il progetto nelle aree vuote degradate dall’estrazione si confronta con un luogo mutato che reca evidenti i segni di questa attività nel suo palinsesto; il compito dell’intervento di riqualificazione consiste nell’interpretare queste tracce, non solo come ferite da ricucire ma come oggetto attivo della riflessione e riferimento poetico per la futura trasformazione. Per questo motivo le cave dismesse non sono solo il segno di un’attività tanto necessaria quanto distruttiva, ma al contrario costituiscono uno straordinario laboratorio di sperimentazione formale e funzionale: la particolare morfologia e la marginalità che caratterizza questi spazi permette al progetto di originare forme inedite di riappropriazione del residuale a favore di un rilancio ambientale, fisico, sociale ed economico dei contesti interessati. Infatti, l’obiettivo principale a cui tende l’intera ricerca è costituito dall’intenzione di voler dimostrare che è possibile trasformare i luoghi rifiutati – costituiti dalle cave dismesse – in centri attrattivi compatibili con la loro singolarità morfologica. Questa argomentazione è supportata dallo sviluppo di un progetto di riqualificazione e riuso per una delle molteplici cave dismesse che caratterizzano il territorio lecchese.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/171131