La possibilità di utilizzare materiali organici come semiconduttori è una scoperta relativamente recente, risalente ai primi anni ’70, ed ha posto le basi per la nascita di un nuovo e promettente settore: l’Elettronica Organica. Da allora questo campo ha compiuto numerosi progressi grazie all’intenso lavoro effettuato nel mondo della ricerca scientifica, giustificato dai vantaggi e dalle specificità che l’utilizzo dei semiconduttori organici consente. E’ bene inizialmente sottolineare come l’Elettronica Organica, a causa delle modeste proprietà di trasporto delle cariche, non potrà mai competere con le classiche tecnologie inorganiche del campo microelettronico. La causa di ciò è da ricercare alla natura stessa di questi materiali, costituiti da molecole debolmente interagenti tra loro e dunque con una conformazione profondamente disordinata. Allo stesso tempo sono queste proprietà che permettono all’elettronica organica di possedere quelle peculiarità e quei vantaggi che la rendono di notevole interesse in particolari campi applicativi. Un primo vantaggio risiede nelle modalità di realizzazione dei dispositivi, che avvengono a temperature ambiente e con tecniche che non richiedono condizioni specifiche di controllo, permettendo così, in prospettiva, una decurtazione consistente dei costi di produzione. Inoltre la possibilità di sfruttare tecniche di deposizione da soluzione garantisce una certa libertà nella scelta dei substrati, che potranno essere scelti appositamente, in funzione della specifica applicazione. Un ulteriore caratteristica particolarmente vantaggiosa è quella di poter modulare alcune delle principali proprietà dei semiconduttori, come solubilità o picco di assorbimento, durante la fase di sintesi, garantendo così una grande versatilità. In questi anni sono stati numerosi i campi applicativi esplorati, soprattutto nel mondo dell’ optoelettronica: fin dagli anni ’90 vengono realizzati dispositivi emettitori di luce (oLED), che hanno ormai uno spazio consolidato nel campo commerciale. Un’altra applicazione che ha raggiunto una certa maturità è quella delle celle fotovoltaiche, in cui a fronte di un notevole sforzo di ricerca è già stato possibile realizzare i primi prodotti commerciali. Un settore applicativo in cui soltanto di recente si è considerata la possibilità di impiegare i semiconduttori organici è quello della rivelazione della radiazione X. Anche in questo ambito i semiconduttori organici presentano degli importanti punti di forza. Innanzitutto, la possibilità di intervenire sullo spettro di assorbimento tramite manipolazione della loro struttura molecolare consente un maggiore grado di libertà nella scelta e nell’accoppiamento con cristalli scintillatori. Per di più, i semiconduttori organici promettono di abbattere i costi dei sistemi di rivelazioni X, soprattutto per applicazioni a grande area (come quello biomedicale), grazie alla semplicità dei processi di produzione. Infine, la flessibilità meccanica e il basso peso dei semiconduttori organici consentirebbero un miglioramento sostanziale della funzionalità e della portabilità dei sistemi di rivelazione X. E’ proprio in quest’applicazione che si inserisce l’indagine e l’attività principale compiuta nel mio lavoro di Tesi: in particolar modo sono andato ad ottimizzare il singolo pixel che verrà poi inserito in una matrice interamente organica pensata per la rivelazione X in ambito medicale. Il tipo di acquisizione considerato è quello indiretto, che prevede la presenza di un cristallo scintillatore che converta i fotoni X in fotoni luminosi, i quali a loro volta verranno convertiti in carica elettrica dal fotorivelatore realizzato. Partendo da un dispositivo già esistente, l’ottimizzazione ha seguito principalmente due vie, con l’obiettivo di superare le criticità che si erano riscontrate. Il primo punto è stato quello di individuare una molecola attiva che avesse uno spettro di assorbimento accordato con l’emissione del cristallo scintillatore utilizzato, in modo da non comprometterne l’efficienza di assorbimento. Di concerto con il gruppo di chimica dell’Università Milano Bicocca, che è partner di questo progetto, sono state individuate le caratteristiche chimiche e strutturali che avrebbe dovuto possedere il materiale. A questo punto si è proceduti ad un’approfondita caratterizzazione optoelettronica di dispositivi realizzati con le varie molecole sintetizzate, in modo da individuarne la più adeguata. Il secondo obiettivo ha riguardato la riduzione delle correnti di buio del dispositivo, gravose a causa del rumore elettronico ad esse associato, soprattutto in un campo come quello biomedicale dove elevati rapporti segnale rumore permettono di ridurre la dose di radiazione necessaria. A tal fine è stata apportata una modifica all’architettura del fotorivelatore, con l’introduzione di un layer (electron blocking layer, EBL) realizzato con un materiale opportuno, che ci ha consentito di abbattere in modo consistente l’iniezione di elettroni da uno degli elettrodi. Un importante e profuso lavoro di ricerca è stato compiuto nella ricerca dei parametri di realizzazione ottimali, tali da garantire quelle caratteristiche morfologiche adeguate per un corretto funzionamento del dispositivo. Il lavoro di ricerca, della durata di un anno, si è svolto nei laboratori del Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano, sotto la supervisione del Prof.Marco Sampietro e dell’Ing. Dario Natali. Quanto alla struttura della presente trattazione, essa è organizzata nel modo seguente. Nel Capitolo 1 vengono presentate le proprietà principali dei semiconduttori organici ed i loro meccanismi di interazione con la radiazione luminosa, in modo da fornire al lettore tutte quelle informazioni necessarie per una comprensione più agevole dell’intero lavoro di Tesi. Nel Capitolo 2 inizialmente vengono citati i principali lavori ad oggi compiuti nel campo della rilevazione X. In seguito si procede nella presentazione dello stato dell’arte del dispositivo da cui si è partiti, con un’ampia trattazione sulle caratteristiche dei materiali attivi costituenti. Dopodiché si prosegue con un’accurata analisi delle problematiche di questo dispositivo e dalle scelte che si è deciso di intraprendere per superarle, mentre la parte finale è focalizzata nella scelta e nell’ottimizzazione della specie più opportuna da utilizzare nel nuovo fotorivelatore. L’ Appendice 1, all’interno di questo capitolo, è dedicata alla parte sperimentale della Tesi: vengono presentate le strutture dei dispositivi utilizzati, le modalità di realizzazione e di caratterizzazione. Il Capitolo 3 è dedicato interamente all’Electron Blocking Layer: in seguito alla descrizione delle peculiarità che uno strato di questo tipo deve possedere, viene presentato l’intenso lavoro compiuto nella ricerca delle caratteristiche morfologiche ottimali, in particolare in termini di spessore ed omogeneità del film. I parametri indagati sono quelli della natura del solvente, della concentrazione della soluzione da cui il materiale viene deposto e della velocità della stessa. Dopodiché vengono esposte le misure effettuate per caratterizzare i dispositivi realizzati ed il confronto con il fotorivelatore da cui si era partiti. Infine viene presentato l’esperimento di rilevazione di raggi X, accoppiando il fotorivelatore con il cristallo scintillatore. Nel Capitolo 4 viene presentato il lavoro effettuato, per un periodo di tempo di tre mesi, presso il Dipartimento di Fisica dell’Imperial College di Londra, nel gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Jenny Nelson. Il progetto di cui mi sono occupato ha avuto l’obiettivo di indagare gli effetti che modifiche morfologiche apportate in una cella solare organica avrebbero potuto apportare nella mobilità dei portatori. Nello specifico sono state condotte delle misure di mobilità di lacuna in film di polimero ottenuti in presenza o meno di un solvente aggiunto appositamente alla soluzione, che precedenti lavori avevano mostrato avere particolare efficacia nel migliorare le prestazioni dei dispositivi, proprio grazie alle variazioni strutturali indotte in essi.

Riduzione della corrente di buio in fotodiodi organici per la rivelazione di raggi X

GIUSSANI, MATTIA
2009/2010

Abstract

La possibilità di utilizzare materiali organici come semiconduttori è una scoperta relativamente recente, risalente ai primi anni ’70, ed ha posto le basi per la nascita di un nuovo e promettente settore: l’Elettronica Organica. Da allora questo campo ha compiuto numerosi progressi grazie all’intenso lavoro effettuato nel mondo della ricerca scientifica, giustificato dai vantaggi e dalle specificità che l’utilizzo dei semiconduttori organici consente. E’ bene inizialmente sottolineare come l’Elettronica Organica, a causa delle modeste proprietà di trasporto delle cariche, non potrà mai competere con le classiche tecnologie inorganiche del campo microelettronico. La causa di ciò è da ricercare alla natura stessa di questi materiali, costituiti da molecole debolmente interagenti tra loro e dunque con una conformazione profondamente disordinata. Allo stesso tempo sono queste proprietà che permettono all’elettronica organica di possedere quelle peculiarità e quei vantaggi che la rendono di notevole interesse in particolari campi applicativi. Un primo vantaggio risiede nelle modalità di realizzazione dei dispositivi, che avvengono a temperature ambiente e con tecniche che non richiedono condizioni specifiche di controllo, permettendo così, in prospettiva, una decurtazione consistente dei costi di produzione. Inoltre la possibilità di sfruttare tecniche di deposizione da soluzione garantisce una certa libertà nella scelta dei substrati, che potranno essere scelti appositamente, in funzione della specifica applicazione. Un ulteriore caratteristica particolarmente vantaggiosa è quella di poter modulare alcune delle principali proprietà dei semiconduttori, come solubilità o picco di assorbimento, durante la fase di sintesi, garantendo così una grande versatilità. In questi anni sono stati numerosi i campi applicativi esplorati, soprattutto nel mondo dell’ optoelettronica: fin dagli anni ’90 vengono realizzati dispositivi emettitori di luce (oLED), che hanno ormai uno spazio consolidato nel campo commerciale. Un’altra applicazione che ha raggiunto una certa maturità è quella delle celle fotovoltaiche, in cui a fronte di un notevole sforzo di ricerca è già stato possibile realizzare i primi prodotti commerciali. Un settore applicativo in cui soltanto di recente si è considerata la possibilità di impiegare i semiconduttori organici è quello della rivelazione della radiazione X. Anche in questo ambito i semiconduttori organici presentano degli importanti punti di forza. Innanzitutto, la possibilità di intervenire sullo spettro di assorbimento tramite manipolazione della loro struttura molecolare consente un maggiore grado di libertà nella scelta e nell’accoppiamento con cristalli scintillatori. Per di più, i semiconduttori organici promettono di abbattere i costi dei sistemi di rivelazioni X, soprattutto per applicazioni a grande area (come quello biomedicale), grazie alla semplicità dei processi di produzione. Infine, la flessibilità meccanica e il basso peso dei semiconduttori organici consentirebbero un miglioramento sostanziale della funzionalità e della portabilità dei sistemi di rivelazione X. E’ proprio in quest’applicazione che si inserisce l’indagine e l’attività principale compiuta nel mio lavoro di Tesi: in particolar modo sono andato ad ottimizzare il singolo pixel che verrà poi inserito in una matrice interamente organica pensata per la rivelazione X in ambito medicale. Il tipo di acquisizione considerato è quello indiretto, che prevede la presenza di un cristallo scintillatore che converta i fotoni X in fotoni luminosi, i quali a loro volta verranno convertiti in carica elettrica dal fotorivelatore realizzato. Partendo da un dispositivo già esistente, l’ottimizzazione ha seguito principalmente due vie, con l’obiettivo di superare le criticità che si erano riscontrate. Il primo punto è stato quello di individuare una molecola attiva che avesse uno spettro di assorbimento accordato con l’emissione del cristallo scintillatore utilizzato, in modo da non comprometterne l’efficienza di assorbimento. Di concerto con il gruppo di chimica dell’Università Milano Bicocca, che è partner di questo progetto, sono state individuate le caratteristiche chimiche e strutturali che avrebbe dovuto possedere il materiale. A questo punto si è proceduti ad un’approfondita caratterizzazione optoelettronica di dispositivi realizzati con le varie molecole sintetizzate, in modo da individuarne la più adeguata. Il secondo obiettivo ha riguardato la riduzione delle correnti di buio del dispositivo, gravose a causa del rumore elettronico ad esse associato, soprattutto in un campo come quello biomedicale dove elevati rapporti segnale rumore permettono di ridurre la dose di radiazione necessaria. A tal fine è stata apportata una modifica all’architettura del fotorivelatore, con l’introduzione di un layer (electron blocking layer, EBL) realizzato con un materiale opportuno, che ci ha consentito di abbattere in modo consistente l’iniezione di elettroni da uno degli elettrodi. Un importante e profuso lavoro di ricerca è stato compiuto nella ricerca dei parametri di realizzazione ottimali, tali da garantire quelle caratteristiche morfologiche adeguate per un corretto funzionamento del dispositivo. Il lavoro di ricerca, della durata di un anno, si è svolto nei laboratori del Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano, sotto la supervisione del Prof.Marco Sampietro e dell’Ing. Dario Natali. Quanto alla struttura della presente trattazione, essa è organizzata nel modo seguente. Nel Capitolo 1 vengono presentate le proprietà principali dei semiconduttori organici ed i loro meccanismi di interazione con la radiazione luminosa, in modo da fornire al lettore tutte quelle informazioni necessarie per una comprensione più agevole dell’intero lavoro di Tesi. Nel Capitolo 2 inizialmente vengono citati i principali lavori ad oggi compiuti nel campo della rilevazione X. In seguito si procede nella presentazione dello stato dell’arte del dispositivo da cui si è partiti, con un’ampia trattazione sulle caratteristiche dei materiali attivi costituenti. Dopodiché si prosegue con un’accurata analisi delle problematiche di questo dispositivo e dalle scelte che si è deciso di intraprendere per superarle, mentre la parte finale è focalizzata nella scelta e nell’ottimizzazione della specie più opportuna da utilizzare nel nuovo fotorivelatore. L’ Appendice 1, all’interno di questo capitolo, è dedicata alla parte sperimentale della Tesi: vengono presentate le strutture dei dispositivi utilizzati, le modalità di realizzazione e di caratterizzazione. Il Capitolo 3 è dedicato interamente all’Electron Blocking Layer: in seguito alla descrizione delle peculiarità che uno strato di questo tipo deve possedere, viene presentato l’intenso lavoro compiuto nella ricerca delle caratteristiche morfologiche ottimali, in particolare in termini di spessore ed omogeneità del film. I parametri indagati sono quelli della natura del solvente, della concentrazione della soluzione da cui il materiale viene deposto e della velocità della stessa. Dopodiché vengono esposte le misure effettuate per caratterizzare i dispositivi realizzati ed il confronto con il fotorivelatore da cui si era partiti. Infine viene presentato l’esperimento di rilevazione di raggi X, accoppiando il fotorivelatore con il cristallo scintillatore. Nel Capitolo 4 viene presentato il lavoro effettuato, per un periodo di tempo di tre mesi, presso il Dipartimento di Fisica dell’Imperial College di Londra, nel gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Jenny Nelson. Il progetto di cui mi sono occupato ha avuto l’obiettivo di indagare gli effetti che modifiche morfologiche apportate in una cella solare organica avrebbero potuto apportare nella mobilità dei portatori. Nello specifico sono state condotte delle misure di mobilità di lacuna in film di polimero ottenuti in presenza o meno di un solvente aggiunto appositamente alla soluzione, che precedenti lavori avevano mostrato avere particolare efficacia nel migliorare le prestazioni dei dispositivi, proprio grazie alle variazioni strutturali indotte in essi.
SAMPIETRO, MARCO
ING V - Facolta' di Ingegneria dell'Informazione
31-mar-2011
2009/2010
Tesi di laurea Magistrale
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