Shut your eyes and see. Sperimentazioni visive sui fenomeni entoptici

What if seeing, in reality, was nothing more than closing your eyes? Unconsciously, each of us keeps within our visual field an inexhaustible wealth of images and visual cues, which are a very important design tool. Starting point for the entire discussion is, therefore, the study of these endogenous models of vision, summarized under the expression of entoptic phenomena, a term which refers to a series of visual sensations of light, shape and color that under certain conditions may have origin, in fact, within the eye itself. These phenomena, so intimately connected to human nature and not subject to any contingency of cultural, spatial and temporal type, have always been a scenario of great charm and interest, inspiring, throughout history, a series of important artistic and literary works. Nevertheless, they represent a field of study still little known and, for this reason, open to a great variety of possible explorations. The research that follows starts precisely from here: the phenomenon is inserted as a pretext for the creation of a series of interventions and experiments that, starting from the investigation in the field and direct dialogue with the public, can lead to a (re)approach and a deep reflection on the themes of design itself and on the heart of its discipline, Basic Design. Starting from the consideration that "to see is not only to orient oneself on the physical plane but also on the human one" (Kepes, Language of Vision, 1944), the paper wants at the same time to highlight the necessity of resorting to design models based on the search for values linked to intersubjectivity, in which an accessible understanding of the creative and training processes put in place can correspond to the elaboration of specific communicative languages and systems of sign-symbolic translation.

E se vedere, in realtà, non fosse altro che chiudere gli occhi? Inconsapevolmente, ciascuno di noi custodisce all’interno del proprio campo visivo un inesauribile bagaglio di immagini e spunti visivi, i quali costituiscono un importantissimo strumento di progettazione. Punto di partenza per l’intera trattazione risulta essere, dunque, lo studio di questi modelli endogeni di visione, riassumibili sotto l’espressione di fenomeni entoptici, termine con cui si fa riferimento a una serie di sensazioni visive di luci, forme e colori che in determinate condizioni possono avere origine, appunto, all’interno dell’occhio stesso. Questi fenomeni, così intimamente connaturati nell’uomo e non soggiacenti ad alcuna contingenza di tipo culturale, spaziale e temporale, hanno da sempre costituito uno scenario di grande fascino e interesse, ispirando, nel corso della storia, una serie di importanti opere artistico-letterarie. Ciononostante essi rappresentano un ambito di studio ancora poco conosciuto e, per questo, aperto a una grande varietà di esplorazioni possibili. La ricerca che segue parte proprio da qui: il fenomeno si inserisce come pretesto per l’ideazione di una serie di interventi e sperimentazioni che, a partire dall’indagine sul campo e dal dialogo diretto con il pubblico, possano portare a un (ri)avvicinamento e a una riflessione profonda sui temi della progettazione stessa e sul cuore della sua disciplina, il Basic Design. Partendo dalla considerazione che «vedere non è solo orientarsi sul piano fisico ma anche su quello umano» (Kepes, Il Linguaggio della Visione, 1944), l’elaborato vuole allo stesso tempo mettere in luce la necessità del ricorso a modelli progettuali basati sulla ricerca di valori legati all’intersoggettività, in cui a una comprensione agibile dei processi creativi e formativi messi in atto possa corrispondere l’elaborazione di specifici linguaggi comunicativi e sistemi di traduzione segnico-simbolica.