Size U. Body positivity tra il dire e il fare : il rapporto tra comunicazione social e offerta dei brand di abbigliamento

With the advent of consumerism, the difference between thin and fat has become more and more accentuated, favored by an image society that has spread models of ideal body types. The fashion world has contributed to this separation with a size system that does not value overweight bodies, relegating them to the plus size fashion market with unequal offers and a communication that tends to pour on differentiated channels, or to show bodies that are little different from the concept of thinness, not contributing to include them in the common imagination. Fat people, with the Fat Acceptance movements in the 60s have struggled to be recognized as worthy of having equal access to the enjoyment of goods, including clothing. The fight moved to social media, specifically Instagram, in order to gain more visibility, taking the name of Body Positivity. In the social universe, based on user-generated content that spreads exponentially, #bodypositivity has come to audiences as an ideal of acceptance of one's body, whatever its shape, but including bodies that deviate little from Western standards of beauty and thus partially losing focus on the real claim of fat people. In the thesis I investigated how this communicative trend was also used by clothing brands, who saw inclusion and diversity as an opportunity for conversation with a young target through social networks. To do this, I analyzed the Instagram profiles of 22 clothing brands and their e-commerce, to determine if the approach to a "body positive” tone of voice, then translates into a truly size inclusive offer, which allows every body to have an equal opportunity to choose clothing. The analysis carried out led to the determination of two pieces of data: a quantitative one, based on a sample of 2200 posts, which relates the frequency with which each brand shows a body considered non-compliant with Western standards, with its percentage of plus size offerings; a qualitative one, on 537 posts, which determines whether in showing these bodies, brands rehabilitate them in the eyes of the general public by associating neutral captions or by emphasizing the fact that they are marginalized. From the data collected, combined with the insights gained from a questionnaire administered with the aim of identifying what are the needs related to shopping for clothes in relation to the perception of their bodies, the Size U project was born. The aim of the project is to offer the user a digital system that catalogs clothing brands in a transparent way, showing the degree of consistency between what is shown on Instagram and what is found on their e-commerce. This is both to address the actual need of people pertaining to the plus size market to learn about new brands that provide them with equal access to clothing, and to educate a broader audience about the ways in which bodies not considered conforming are represented. The aim is to make the user more aware of the fact that the body type and the size worn should not affect so incisively the access to consumer goods and that everyone, regardless of any cultural, health or morals background, should have the same right to dress, based solely on their own taste and personality, as a human being like each of us.

Con l’avvento del consumismo, la differenza tra magro e grasso si è sempre di più accentuata, favorita da una società dell'immagine che ha diffuso modelli di corporature ideali. Il mondo del fashion ha contribuito a questa separazione con un sistema di taglie che non valorizza i corpi sovrappeso, relegandoli al mercato della moda plus size con offerte non paritarie e una comunicazione che tende a riversarsi su canali differenziati, o a mostrare corpi che poco si discostano dal concetto di magrezza, non contribuendo a includerli nell’immaginario comune. Le persone grasse, con i moti della Fat Acceptance negli anni ’60 hanno lottato per essere riconosciute come degne di avere pari accesso alla fruizione di beni, tra cui il vestiario. La lotta si è trasferita sui social media, in particolare su Instagram, al fine di ottenere maggiore visibilità, prendendo il nome di Body Positivity. Nell’universo social, basato su contenuti generati dagli utenti che si diffondono in maniera esponenziale, la #bodypositivity è arrivata alle audience come un ideale di accettazione del proprio corpo, qualunque fosse la sua forma, includendo però anche corpi che poco si discostano dagli standard di bellezza occidentali e facendo così in parte perdere il focus sulla reale rivendicazione delle persone grasse. Nella tesi ho indagato come questo trend comunicativo sia stato utilizzato anche dai brand di abbigliamento, che hanno visto nell’inclusion e della diversity un’opportunità di conversazione con un target giovane attraverso i social network. Per farlo, ho analizzato i profili Instagram di 22 marchi di vestiario e i relativi e-commerce, per determinare se l’approccio ad un tone of voice “body positive”, si traduca poi in un’offerta davvero size inclusive, che permetta ad ogni corpo di avere una pari possibilità di scelta del vestiario. L’analisi svolta ha portato a determinare due dati: uno quantitativo, basato su un campione di 2200 post, che mette in relazione la frequenza con cui ogni brand mostra un corpo considerato non conforme agli standard occidentali, con la sua percentuale di offerta plus size; uno qualitativo, su 537 post, che determina se nel mostrare tali corpi, i brand li riabilitano agli occhi comuni associandovi didascalie neutrali o ponendo l’accento sul fatto che siano marginalizzati. Dai dati rilevati, uniti agli insight ricavati da un questionario somministrato con l’obiettivo di identificare quali siano i bisogni relativi allo shopping di vestiario in relazione con la percezione del proprio corpo, nasce poi il progetto Size U. Lo scopo progettuale è quello di offrire all’utente un sistema digitale che cataloghi i brand di abbigliamento in maniera trasparente, mostrando il grado di coerenza tra ciò che viene mostrato su Instagram e ciò che si trova sul loro e-commerce. Questo sia per rispondere al bisogno effettivo delle persone afferenti al mercato plus size di conoscere nuovi marchi che garantiscano loro un accesso al vestiario paritario, sia per educare un pubblico più ampio sulle modalità con cui i corpi non considerati conformi vengono rappresentati. Il fine è quello di rendere l’utente più consapevole rispetto al fatto che la tipologia di corporatura e la taglia indossata non dovrebbero influire in maniera così incisiva sull’accesso a beni di consumo e che ognuno, a prescindere da qualsiasi retaggio culturale, sanitario o morale, dovrebbe avere lo stesso diritto di vestirsi, basandosi esclusivamente sul proprio gusto e sulla propria personalità, in quanto essere umano come ognuno di noi.