Backgound. Repetitive mild TBI (rmTBI) is highly common in contact sports such as American football and especially boxing, where repetitive head impacts are an inherent part of the game. Participating in contact sports is thought to increase an individual’s risk for later-life impairments and neurodegeneration due to rmTBI, with neuropsychological sequelae involving changes in cognition, mood, and motor control. To date there are no diagnostic tools that can be used to monitor the long-term consequences of rmTBI since brain structural changes are so subtle that cannot be seen on computed tomography (CT) or conventional magnetic resonance imaging (MRI) exams. By using a mouse model of closed head rmTBI we investigate the possibility to use structural MRI and diffusion tensor imaging (DTI) analysis to monitor brain damage before the onset of functional impairment. Methods. Anaesthetised adult C57BL/6J mice were subjected to 1 or 5 injuries every 48 hours by electromagnetic controlled impact device while sham mice underwent the same procedure without the delivery of any injury. Sensorimotor deficits were evaluated up to 12 months post injury by neuroscore and SNAP tests. Locomotor activity and cognitive function were evaluated by open field and novel object recognition tests at 6 and 12 months after injury. DTI and structural MRI were done at 6 and 12 months to examine microscopic changes, such white matter damage, and macroscopic changes, as structural damage and brain atrophy, respectively. Results. A reduction of fractional anisotropy (FA) was evident at 6 months in the corpus callosum and other white matter fibers of rmTBI but not smTBI mice. In the rmTBI these differences persist up to 12 months post injury. The reduction in FA was associated to an increase in radial and mean diffusivity and a reduction in axial diffusivity. Cortical thickness was reduced underneath the injury site and was associate to brain atrophy in cortical and subcortical areas. Conclusions. rmTBI but not smTBI produced white matter pathology and brain atrophy detectable by MRI analysis before the appearance of sensorimotor and cognitive impairment in adult male and female mice.

Introduzione. Il trauma cranico lieve ripetuto (repetitive mild traumatic brain injury: rmTBI) è molto comune negli sport di contatto, tra cui il football Americano, il rugby, e in particolare il pugilato, in cui i pugni rivolti alla testa del giocatore fanno parte del gioco stesso. Praticare sport di contatto, a causa degli impatti ripetuti alla testa, aumenta il rischio di sviluppare processi neurodegenerativi a lungo termine, i quali possono portare ad alterazioni neuropsicologiche tra cui cambiamenti della cognizione, dell’umore e del controllo motorio. A causa delle sue dimensioni e della sua natura viscoelastica, il cervello umano (in particolare la materia bianca, per la sua struttura anisotropica e altamente organizzata) è particolarmente vulnerabile alle forze accelerative/decelerative impartite durante un urto alla testa. Proprio per la sua natura viscoelastica, esso subisce deformazioni quando sottoposto a graduali accelerazioni in condizioni di carico quotidiano, mentre risponde rigidamente a seguito di deformazioni dinamiche molto rapide, conseguenti ad un impatto. Nel primo caso gli assoni sono capaci di deformarsi, raggiungendo una lunghezza pari al doppio rispetto alla lunghezza di riposo, e tornare allo stato iniziale senza deformazioni residue; nel secondo, il citoscheletro assonale può essere danneggiato, provocando un danno assonale diffuso (diffuse axonal injury: DAI). Il DAI è un danno microscopico che avviene in assenza di evidenti alterazioni a livello del tessuto cerebrale ed è un importante causa di morbidità nei pazienti rmTBI. Ad oggi non esistono strumenti diagnostici che permettano di monitorare le conseguenze a lungo termine del rmTBI, in quanto i danni strutturali al cervello sono così limitati da non essere evidenziati con esami di tomografia computerizzata (computed tomography: CT) o con tecniche convenzionali di risonanza magnetica per immagini (magnetic resonance imaging: MRI), essendo capaci di rilevare alterazioni anatomiche a livello millimetrico, e quindi solo le manifestazioni macroscopiche di una patologia. L’imaging a tensore di diffusione (DTI) è una tecnica avanzata di neuroimaging che fornisce informazioni quantitative sul DAI. Il suo principio di funzionamento è basato sulla misura della diffusione delle molecole d’acqua all’interno della materia bianca, nella quale, avendo essa una struttura anisotropica altamente organizzata, le molecole d’acqua diffondo in maniera direzionale e ordinata. Nei normali fasci assonali quindi, la libera diffusione dell’acqua è limitata radialmente; negli assoni danneggiati dal DAI, la diffusione delle molecole d’acqua è alterata, causando metriche di diffusione anomale. In particolare, le misure di DTI più utilizzate sono l’anisotropia frazionaria (FA), la diffusività media (MD), la diffusività radiale (RD) e la diffusività assiale (AD). La FA definisce il grado di direzionalità della diffusione e fornisce il vettore principale di diffusione delle molecule d’acqua. La FA è altamente sensibile ai cambiamenti nella microstruttura dell’assone: valori intorno ad 1 indicano un’elevata direzionalità della diffusione delle molecole d’acqua e quindi un assone sano; valori intorno a 0 indicano una bassa direzionalità della diffusione delle molecola d’acqua, suggerendo un danno assonale. La MD fornisce informazioni sulla diffusività media dell'acqua e quantifica la densità cellulare e di membrana: un suo aumento indica la presenza di processi patologici come edema e necrosi. La RD valuta la diffusione perpendicolare al vettore principale: rivela patologie della mielina e il suo valore aumenta in presenza di processi di demielinazione. La AD valuta la diffusione parallela al vettore principale: rivela la presenza di degenerazione assonale e il suo valore tende ad aumentare con l’invecchiamento. In pazienti che hanno subito il rmTBI, sono stati osservati valori di FA diminuiti e di MD aumentati in numerosi tratti della materia bianca, alcuni dei quali erano correlati con la persistenza e la gravità dei sintomi. Studi su modelli animali hanno mostrato una corrispondenza diretta tra la patologia DAI e la diminuzione di anisotropia della materia bianca. Oltre ad alterazioni microscopiche, a seguito del rmTBI, il cervello può andare incontro ad alterazioni macroscopiche quali perdita di volume e atrofia. L’encefalopatia traumatica cronica (CTE) è una tauopatia progressiva che si verifica come conseguenza della rmTBI, causata dagli impatti alla testa che subiscono gli atleti durante l’attività sportiva. La CTE è caratterizzata da atrofia cerebrale globale con corpo calloso assottigliato, ventricoli dilatati e cavum septum pellucidum, e ha un profilo clinico e neuropatologico che diventa sintomatico 8-10 anni dopo aver sperimentato rmTBI, con manifestazioni che includono sintomi di irritabilità, impulsività, aggressività, depressione, perdita di memoria a breve termine e maggiore tendenza al suicidio. Tali sintomi sono stati associati ad atrofia cerebrale in numerosi studi condotti su atleti dopo anni dal termine della carriera sportiva. L’utilizzo della MRI strutturale per valutare le variazioni volumetriche del cervello a seguito del rmTBI rappresenta un’opzione ottimale, grazie al suo diffuso utilizzo in ambito clinico e alla sua elevata risoluzione e specificità nel rilevare atrofia cerebrale. Attraverso l’utilizzo di un modello murino di rmTBI a scatola cranica intatta (closed head injury: CHI), abbiamo investigato la possibilità di utilizzare analisi di MRI strutturale e di DTI per monitorare il danno cerebrale prima della comparsa di compromissioni funzionali a lungo termine. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di identificare due importanti biomarcatori di rmTBI, quali: i) alterazioni microstrutturali, come il DAI, tramite analisi di DTI e ii) alterazioni macrostrutturali, come atrofia cerebrale e assottigliamento corticale, tramite scansioni di MRI pesate in T2. Tali biomarcatori sono stati valutati a 6 e 12 mesi dall’ultimo impatto. Metodi. Topi C57BL/6J maschi e femmine anestetizzati sono stati sottoposti ad un singolo impatto (single mild TBI: smTBI) o 5 impatti (rmTBI), tramite un dispositivo elettromagnetico ad impatto controllato con un intervallo tra gli impatti ripetuti di 48 ore. I topi controllo sono stati sottoposti alle stesse procedure ma senza ricevere alcun impatto. La comparsa di deficit sensorimotori sono stati valutati dopo 1 e 5 settimane, 3, 6 e 12 mesi dall’ultimo impatto tramite i test SNAP e neuroscore. Il test SNAP valuta i parametri neurologici quali vista, propriocezione, forza degli arti e postura; un topo che non presenta deficit neurologi ottiene un punteggio pari a 0. Il test neuroscore valuta i riflessi del topo e il corretto utilizzo degli arti: un topo neurologicamente intatto ottiene un punteggio pari a 12. L’attività locomotoria e le funzioni cognitive sono state valutate a 6 e 12 mesi dopo l’ultimo impatto attraverso i test open field (OF), che misura l’attività locomotoria e il livello di ansia del topo posizionato all’interno di un’arena aperta, e novel object recognition (NOR), il quale valuta l’apprendimento e la memoria del topo tramite l’utilizzo di diversi oggetti, che il topo sarà capace di ricordare in assenza di deficit della memoria. Le analisi di DTI (tramite la sequenza di eccitazione echo-planar imaging (EPI)) e MRI strutturale (tramite la sequenza 3D fast low-angle shot (FLASH)) sono state effettuate dopo 6 e 12 mesi per esaminare i danni microscopici cerebrali, come il danneggiamento della materia bianca, e i danni macroscopici strutturali, come l’atrofia cerebrale e l’assottigliamento corticale. Risultati. La funzionalità sensorimotoria esaminata tramite i test SNAP e neuroscore ha mostrato la presenza di deficit nel gruppo rmTBI dopo 1 settimana e dopo 12 mesi dall’ultimo impatto. Dopo 1 settimana tali deficit non erano invece presenti nel gruppo smTBI, suggerendo che impatti multipli siano necessari per causare compromissioni funzionali nel nostro modello murino. Il test NOR ha rivelato la presenza di deficit di memoria nel gruppo rmTBI sia soggetta ad una evoluzione temporale, infatti mentre a 6 mesi non si osservavano differenze tra i topi controllo e i rmTBI a 12 mesi è emerso un impairment cogitivo solo nei topi esposti a traumi ripetuti. Una riduzione nel valore di FA è stata evidente nei topi sottoposti ad impatti ripetuti nel corpo calloso e in altre fibre della materia bianca già a 6 mesi dall’ultimo impatto, ma non nei topi sottoposti ad un singolo impatto. Nei topi sottoposti a rmTBI tale riduzione si è mantenuta fino a 12 mesi. Solo nel gruppo rmTBI la riduzione in FA era associata ad un aumento nella MD e della RD ed a una diminuzione nella AD sia a 6 che a 12 mesi. La valutazione dello spessore corticale a mostrato una riduzione al di sotto del sito di impatto inoltre era presente atrofia cerebrale che coinvolgeva non solo aree corticali quali la corteccia frontale, occipitale, parietotemporale ed entorinale, ma ancche aree sottocorticali quali corpo calloso e ippocampo e tali alterazioni strutturali erano già evidenti a 6 mesi dal trauma. Conclusioni. Ad oggi non esistono validi biomarcatori diagnostici per il monitoraggio delle conseguenze a lungo termine del rmTBI negli atleti, e le linee guida per il ritorno alla pratica sportiva a seguito di un urto alla testa sono esclusivamente basate sulla valutazione dei sintomi. Il nostro studio dimostra che il trauma cranico lieve ripetuto, ma non singolo, causa atrofia e danno alla sostanza bianca, rilevabili attraverso analisi di DTI e di MRI strutturale prima dello sviluppo di compromissioni sensorimotorie e cognitive in topi adulti. Traducendo questa situazione negli atleti, l'obiettivo è quello di poter identificare danni cerebrali macrostrutturali e microstrutturali con l'uso di tecniche avanzate di MRI per agire terapeuticamente prima della comparsa di alterazioni nella cognizione, nell'umore e nel controllo motorio dell’atleta. Ciò sarebbe estremamente utile in quanto, fino ad ora, tali danni possono essere diagnosticati solo post-mortem. Inoltre, trovare biomarcatori prognostici mediante tecniche di MRI sarebbe di fondamentale importanz anche per valutare l’efficacia di nuovi approcci terapeutici in grado di prevenire le gravi disabilità fisiche, psichiatriche, emotive e cognitive causate dal rmTBI alleggerendo inlotre l'enorme onere procurato dagli effetti a lungo termine del rmTBI sul sistema sanitario. Sono attualmente in corso le analisi istopatologiche dei cervelli murini, che serviranno a comprendere le cause delle alterazioni misurate mediante le analisi di MRI.

White matter damage and brain atrophy anticipate delayed functional impairments in repetitive mild traumatic brain injured mice

PISU, ELISA
2020/2021

Abstract

Backgound. Repetitive mild TBI (rmTBI) is highly common in contact sports such as American football and especially boxing, where repetitive head impacts are an inherent part of the game. Participating in contact sports is thought to increase an individual’s risk for later-life impairments and neurodegeneration due to rmTBI, with neuropsychological sequelae involving changes in cognition, mood, and motor control. To date there are no diagnostic tools that can be used to monitor the long-term consequences of rmTBI since brain structural changes are so subtle that cannot be seen on computed tomography (CT) or conventional magnetic resonance imaging (MRI) exams. By using a mouse model of closed head rmTBI we investigate the possibility to use structural MRI and diffusion tensor imaging (DTI) analysis to monitor brain damage before the onset of functional impairment. Methods. Anaesthetised adult C57BL/6J mice were subjected to 1 or 5 injuries every 48 hours by electromagnetic controlled impact device while sham mice underwent the same procedure without the delivery of any injury. Sensorimotor deficits were evaluated up to 12 months post injury by neuroscore and SNAP tests. Locomotor activity and cognitive function were evaluated by open field and novel object recognition tests at 6 and 12 months after injury. DTI and structural MRI were done at 6 and 12 months to examine microscopic changes, such white matter damage, and macroscopic changes, as structural damage and brain atrophy, respectively. Results. A reduction of fractional anisotropy (FA) was evident at 6 months in the corpus callosum and other white matter fibers of rmTBI but not smTBI mice. In the rmTBI these differences persist up to 12 months post injury. The reduction in FA was associated to an increase in radial and mean diffusivity and a reduction in axial diffusivity. Cortical thickness was reduced underneath the injury site and was associate to brain atrophy in cortical and subcortical areas. Conclusions. rmTBI but not smTBI produced white matter pathology and brain atrophy detectable by MRI analysis before the appearance of sensorimotor and cognitive impairment in adult male and female mice.
RONCATI ZANIER, ELISA
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
7-ott-2021
2020/2021
Introduzione. Il trauma cranico lieve ripetuto (repetitive mild traumatic brain injury: rmTBI) è molto comune negli sport di contatto, tra cui il football Americano, il rugby, e in particolare il pugilato, in cui i pugni rivolti alla testa del giocatore fanno parte del gioco stesso. Praticare sport di contatto, a causa degli impatti ripetuti alla testa, aumenta il rischio di sviluppare processi neurodegenerativi a lungo termine, i quali possono portare ad alterazioni neuropsicologiche tra cui cambiamenti della cognizione, dell’umore e del controllo motorio. A causa delle sue dimensioni e della sua natura viscoelastica, il cervello umano (in particolare la materia bianca, per la sua struttura anisotropica e altamente organizzata) è particolarmente vulnerabile alle forze accelerative/decelerative impartite durante un urto alla testa. Proprio per la sua natura viscoelastica, esso subisce deformazioni quando sottoposto a graduali accelerazioni in condizioni di carico quotidiano, mentre risponde rigidamente a seguito di deformazioni dinamiche molto rapide, conseguenti ad un impatto. Nel primo caso gli assoni sono capaci di deformarsi, raggiungendo una lunghezza pari al doppio rispetto alla lunghezza di riposo, e tornare allo stato iniziale senza deformazioni residue; nel secondo, il citoscheletro assonale può essere danneggiato, provocando un danno assonale diffuso (diffuse axonal injury: DAI). Il DAI è un danno microscopico che avviene in assenza di evidenti alterazioni a livello del tessuto cerebrale ed è un importante causa di morbidità nei pazienti rmTBI. Ad oggi non esistono strumenti diagnostici che permettano di monitorare le conseguenze a lungo termine del rmTBI, in quanto i danni strutturali al cervello sono così limitati da non essere evidenziati con esami di tomografia computerizzata (computed tomography: CT) o con tecniche convenzionali di risonanza magnetica per immagini (magnetic resonance imaging: MRI), essendo capaci di rilevare alterazioni anatomiche a livello millimetrico, e quindi solo le manifestazioni macroscopiche di una patologia. L’imaging a tensore di diffusione (DTI) è una tecnica avanzata di neuroimaging che fornisce informazioni quantitative sul DAI. Il suo principio di funzionamento è basato sulla misura della diffusione delle molecole d’acqua all’interno della materia bianca, nella quale, avendo essa una struttura anisotropica altamente organizzata, le molecole d’acqua diffondo in maniera direzionale e ordinata. Nei normali fasci assonali quindi, la libera diffusione dell’acqua è limitata radialmente; negli assoni danneggiati dal DAI, la diffusione delle molecole d’acqua è alterata, causando metriche di diffusione anomale. In particolare, le misure di DTI più utilizzate sono l’anisotropia frazionaria (FA), la diffusività media (MD), la diffusività radiale (RD) e la diffusività assiale (AD). La FA definisce il grado di direzionalità della diffusione e fornisce il vettore principale di diffusione delle molecule d’acqua. La FA è altamente sensibile ai cambiamenti nella microstruttura dell’assone: valori intorno ad 1 indicano un’elevata direzionalità della diffusione delle molecole d’acqua e quindi un assone sano; valori intorno a 0 indicano una bassa direzionalità della diffusione delle molecola d’acqua, suggerendo un danno assonale. La MD fornisce informazioni sulla diffusività media dell'acqua e quantifica la densità cellulare e di membrana: un suo aumento indica la presenza di processi patologici come edema e necrosi. La RD valuta la diffusione perpendicolare al vettore principale: rivela patologie della mielina e il suo valore aumenta in presenza di processi di demielinazione. La AD valuta la diffusione parallela al vettore principale: rivela la presenza di degenerazione assonale e il suo valore tende ad aumentare con l’invecchiamento. In pazienti che hanno subito il rmTBI, sono stati osservati valori di FA diminuiti e di MD aumentati in numerosi tratti della materia bianca, alcuni dei quali erano correlati con la persistenza e la gravità dei sintomi. Studi su modelli animali hanno mostrato una corrispondenza diretta tra la patologia DAI e la diminuzione di anisotropia della materia bianca. Oltre ad alterazioni microscopiche, a seguito del rmTBI, il cervello può andare incontro ad alterazioni macroscopiche quali perdita di volume e atrofia. L’encefalopatia traumatica cronica (CTE) è una tauopatia progressiva che si verifica come conseguenza della rmTBI, causata dagli impatti alla testa che subiscono gli atleti durante l’attività sportiva. La CTE è caratterizzata da atrofia cerebrale globale con corpo calloso assottigliato, ventricoli dilatati e cavum septum pellucidum, e ha un profilo clinico e neuropatologico che diventa sintomatico 8-10 anni dopo aver sperimentato rmTBI, con manifestazioni che includono sintomi di irritabilità, impulsività, aggressività, depressione, perdita di memoria a breve termine e maggiore tendenza al suicidio. Tali sintomi sono stati associati ad atrofia cerebrale in numerosi studi condotti su atleti dopo anni dal termine della carriera sportiva. L’utilizzo della MRI strutturale per valutare le variazioni volumetriche del cervello a seguito del rmTBI rappresenta un’opzione ottimale, grazie al suo diffuso utilizzo in ambito clinico e alla sua elevata risoluzione e specificità nel rilevare atrofia cerebrale. Attraverso l’utilizzo di un modello murino di rmTBI a scatola cranica intatta (closed head injury: CHI), abbiamo investigato la possibilità di utilizzare analisi di MRI strutturale e di DTI per monitorare il danno cerebrale prima della comparsa di compromissioni funzionali a lungo termine. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di identificare due importanti biomarcatori di rmTBI, quali: i) alterazioni microstrutturali, come il DAI, tramite analisi di DTI e ii) alterazioni macrostrutturali, come atrofia cerebrale e assottigliamento corticale, tramite scansioni di MRI pesate in T2. Tali biomarcatori sono stati valutati a 6 e 12 mesi dall’ultimo impatto. Metodi. Topi C57BL/6J maschi e femmine anestetizzati sono stati sottoposti ad un singolo impatto (single mild TBI: smTBI) o 5 impatti (rmTBI), tramite un dispositivo elettromagnetico ad impatto controllato con un intervallo tra gli impatti ripetuti di 48 ore. I topi controllo sono stati sottoposti alle stesse procedure ma senza ricevere alcun impatto. La comparsa di deficit sensorimotori sono stati valutati dopo 1 e 5 settimane, 3, 6 e 12 mesi dall’ultimo impatto tramite i test SNAP e neuroscore. Il test SNAP valuta i parametri neurologici quali vista, propriocezione, forza degli arti e postura; un topo che non presenta deficit neurologi ottiene un punteggio pari a 0. Il test neuroscore valuta i riflessi del topo e il corretto utilizzo degli arti: un topo neurologicamente intatto ottiene un punteggio pari a 12. L’attività locomotoria e le funzioni cognitive sono state valutate a 6 e 12 mesi dopo l’ultimo impatto attraverso i test open field (OF), che misura l’attività locomotoria e il livello di ansia del topo posizionato all’interno di un’arena aperta, e novel object recognition (NOR), il quale valuta l’apprendimento e la memoria del topo tramite l’utilizzo di diversi oggetti, che il topo sarà capace di ricordare in assenza di deficit della memoria. Le analisi di DTI (tramite la sequenza di eccitazione echo-planar imaging (EPI)) e MRI strutturale (tramite la sequenza 3D fast low-angle shot (FLASH)) sono state effettuate dopo 6 e 12 mesi per esaminare i danni microscopici cerebrali, come il danneggiamento della materia bianca, e i danni macroscopici strutturali, come l’atrofia cerebrale e l’assottigliamento corticale. Risultati. La funzionalità sensorimotoria esaminata tramite i test SNAP e neuroscore ha mostrato la presenza di deficit nel gruppo rmTBI dopo 1 settimana e dopo 12 mesi dall’ultimo impatto. Dopo 1 settimana tali deficit non erano invece presenti nel gruppo smTBI, suggerendo che impatti multipli siano necessari per causare compromissioni funzionali nel nostro modello murino. Il test NOR ha rivelato la presenza di deficit di memoria nel gruppo rmTBI sia soggetta ad una evoluzione temporale, infatti mentre a 6 mesi non si osservavano differenze tra i topi controllo e i rmTBI a 12 mesi è emerso un impairment cogitivo solo nei topi esposti a traumi ripetuti. Una riduzione nel valore di FA è stata evidente nei topi sottoposti ad impatti ripetuti nel corpo calloso e in altre fibre della materia bianca già a 6 mesi dall’ultimo impatto, ma non nei topi sottoposti ad un singolo impatto. Nei topi sottoposti a rmTBI tale riduzione si è mantenuta fino a 12 mesi. Solo nel gruppo rmTBI la riduzione in FA era associata ad un aumento nella MD e della RD ed a una diminuzione nella AD sia a 6 che a 12 mesi. La valutazione dello spessore corticale a mostrato una riduzione al di sotto del sito di impatto inoltre era presente atrofia cerebrale che coinvolgeva non solo aree corticali quali la corteccia frontale, occipitale, parietotemporale ed entorinale, ma ancche aree sottocorticali quali corpo calloso e ippocampo e tali alterazioni strutturali erano già evidenti a 6 mesi dal trauma. Conclusioni. Ad oggi non esistono validi biomarcatori diagnostici per il monitoraggio delle conseguenze a lungo termine del rmTBI negli atleti, e le linee guida per il ritorno alla pratica sportiva a seguito di un urto alla testa sono esclusivamente basate sulla valutazione dei sintomi. Il nostro studio dimostra che il trauma cranico lieve ripetuto, ma non singolo, causa atrofia e danno alla sostanza bianca, rilevabili attraverso analisi di DTI e di MRI strutturale prima dello sviluppo di compromissioni sensorimotorie e cognitive in topi adulti. Traducendo questa situazione negli atleti, l'obiettivo è quello di poter identificare danni cerebrali macrostrutturali e microstrutturali con l'uso di tecniche avanzate di MRI per agire terapeuticamente prima della comparsa di alterazioni nella cognizione, nell'umore e nel controllo motorio dell’atleta. Ciò sarebbe estremamente utile in quanto, fino ad ora, tali danni possono essere diagnosticati solo post-mortem. Inoltre, trovare biomarcatori prognostici mediante tecniche di MRI sarebbe di fondamentale importanz anche per valutare l’efficacia di nuovi approcci terapeutici in grado di prevenire le gravi disabilità fisiche, psichiatriche, emotive e cognitive causate dal rmTBI alleggerendo inlotre l'enorme onere procurato dagli effetti a lungo termine del rmTBI sul sistema sanitario. Sono attualmente in corso le analisi istopatologiche dei cervelli murini, che serviranno a comprendere le cause delle alterazioni misurate mediante le analisi di MRI.
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