In an era characterized by increasing individualization and social desertification processes as well as growing social polarities within cities, commodified visions of art and culture do nothing but reinforce self-congratulatory and self-promotional urban narratives, laying on a notion of creativity reduced to "eventism," personal-branding and ultra-competitiveness. "How can a more pluralist and sustainable conception of culture counteract city-commodification processes and foster the emergence of more inclusive, participatory and socially just transformative practices?" and "how can design contribute to the emergence of such practices?" are the questions that underlie this research. Recent years saw the emergence and spreading of a variegated and heterogeneous panorama of grassroots realities, ranging from art-squats to community hubs, looking at collaboration and mutualism as viable ways to respond to increasing precariousness paradigms and regarding culture as a tool to experiment with alternative and more sustainable ways of being together. Themes such as social innovation and emerging (or new) commons are gaining increasing popularity within both academic and public discourses as well as in design research and practice, opening-up new reflection opportunities around the role of designers in promoting sustainable change. In this respect, Spaces of the Possible, adopting Lefebvrian theory as its main interpretative framework and setting the spatial as an ontological category, explores how design practices can support the social production of differential spaces intended as spaces of re-appropriation and spontaneous interaction. By drawing on elements of anthropology of ritual and performance studies, the research discusses ritualization as a potential design strategy to enable and shape individual and collective cultural performances as forms of social empowerment and prefiguration.

In un’epoca caratterizzata da fenomeni di crescente individualismo, desertificazione sociale e disparità all’interno delle città, la mercificazione dell’arte e della cultura rafforza narrative urbane auto-indulgenti, basate su una nozione di creatività ridotta a “eventismo”, personal-branding e competizione esasperata. Due sono i quesiti alla base di questa ricerca: è possibile arrivare a una concezione della cultura maggiormente pluralista e sostenibile, capace di contrastare i processi di mercificazione urbana e favorire lo sviluppo di pratiche di trasformazione più inclusive e socialmente giuste? Il design può contribuire all’affermazione di queste pratiche? In anni recenti abbiamo assistito alla nascita e alla diffusione di un variegato panorama di realtà popolari (dagli art-squats ai community hubs) che vedono nella collaborazione e nel mutualismo un mezzo per far fronte a paradigmi culturali sempre più precari, nella convinzione che la cultura sia uno strumento adatto a sperimentare modi alternativi e più sostenibili di stare assieme. Temi quali l’innovazione sociale e i beni comuni emergenti stanno ottenendo progressiva popolarità sia in ambito accademico sia nel discorso pubblico, così come nelle ricerche e nelle pratiche relative al design, offrendo nuovi spunti di riflessione sul ruolo dei designer nella promozione di un cambiamento sostenibile. A tal proposito, Spaces of the Possible, adottando la teoria Lefebvriana come principale framework teorico e considerando lo spazio come una categoria ontologica, indaga come le pratiche di design possano sostenere lo sviluppo di spazi differenziali intesi come luoghi di riappropriazione e interazione spontanea. Attraverso una prospettiva di taglio antropologico, unita all’attenzione per gli studi dei rituali e i performance studies, la tesi si domanda se la ritualizzazione possa costituire una potenziale strategia, nell’ambito del design, per definire performance culturali individuali e collettive come forme di emancipazione e prefigura sociale.

Spaces of the possible : designing for the production of differential spaces

Vaccaro, Daniela
2020/2021

Abstract

In an era characterized by increasing individualization and social desertification processes as well as growing social polarities within cities, commodified visions of art and culture do nothing but reinforce self-congratulatory and self-promotional urban narratives, laying on a notion of creativity reduced to "eventism," personal-branding and ultra-competitiveness. "How can a more pluralist and sustainable conception of culture counteract city-commodification processes and foster the emergence of more inclusive, participatory and socially just transformative practices?" and "how can design contribute to the emergence of such practices?" are the questions that underlie this research. Recent years saw the emergence and spreading of a variegated and heterogeneous panorama of grassroots realities, ranging from art-squats to community hubs, looking at collaboration and mutualism as viable ways to respond to increasing precariousness paradigms and regarding culture as a tool to experiment with alternative and more sustainable ways of being together. Themes such as social innovation and emerging (or new) commons are gaining increasing popularity within both academic and public discourses as well as in design research and practice, opening-up new reflection opportunities around the role of designers in promoting sustainable change. In this respect, Spaces of the Possible, adopting Lefebvrian theory as its main interpretative framework and setting the spatial as an ontological category, explores how design practices can support the social production of differential spaces intended as spaces of re-appropriation and spontaneous interaction. By drawing on elements of anthropology of ritual and performance studies, the research discusses ritualization as a potential design strategy to enable and shape individual and collective cultural performances as forms of social empowerment and prefiguration.
ARC III - Scuola del Design
21-dic-2021
2020/2021
In un’epoca caratterizzata da fenomeni di crescente individualismo, desertificazione sociale e disparità all’interno delle città, la mercificazione dell’arte e della cultura rafforza narrative urbane auto-indulgenti, basate su una nozione di creatività ridotta a “eventismo”, personal-branding e competizione esasperata. Due sono i quesiti alla base di questa ricerca: è possibile arrivare a una concezione della cultura maggiormente pluralista e sostenibile, capace di contrastare i processi di mercificazione urbana e favorire lo sviluppo di pratiche di trasformazione più inclusive e socialmente giuste? Il design può contribuire all’affermazione di queste pratiche? In anni recenti abbiamo assistito alla nascita e alla diffusione di un variegato panorama di realtà popolari (dagli art-squats ai community hubs) che vedono nella collaborazione e nel mutualismo un mezzo per far fronte a paradigmi culturali sempre più precari, nella convinzione che la cultura sia uno strumento adatto a sperimentare modi alternativi e più sostenibili di stare assieme. Temi quali l’innovazione sociale e i beni comuni emergenti stanno ottenendo progressiva popolarità sia in ambito accademico sia nel discorso pubblico, così come nelle ricerche e nelle pratiche relative al design, offrendo nuovi spunti di riflessione sul ruolo dei designer nella promozione di un cambiamento sostenibile. A tal proposito, Spaces of the Possible, adottando la teoria Lefebvriana come principale framework teorico e considerando lo spazio come una categoria ontologica, indaga come le pratiche di design possano sostenere lo sviluppo di spazi differenziali intesi come luoghi di riappropriazione e interazione spontanea. Attraverso una prospettiva di taglio antropologico, unita all’attenzione per gli studi dei rituali e i performance studies, la tesi si domanda se la ritualizzazione possa costituire una potenziale strategia, nell’ambito del design, per definire performance culturali individuali e collettive come forme di emancipazione e prefigura sociale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/182905