Enough is more. Design quanto basta, allestimento oltre le barriere all'economia circolare

Circular economy is generated by the need to oppose the linear model of development and consumption, of which it detects and connects the ends, noting and transforming its constructive components. In the circular practice, the contours that outline the concepts of beginning and end blur, and merging they close the circle, initiating a virtuous stream in which the value of resources is preserved and optimized. Despite the perception of the urgency of the environmental issue and the potential for resolution offered by circular practices, a series of frictional conditions inhibit adherence to the new form of thinking, keeping the production system and society at an (un)safe distance. Technical barriers and attitudinal resistances create a condition of impasse in the transition, significantly slowing down the spread of new entrepreneurial and individual behaviors. In this context, the discipline of design, as a complex subject made up of technique and communication, is a valid response to the need for coordinated and direct action on several fronts, capable of intercepting emotional-attitudinal as well as practical-processual obstacles. A circular design, renewed in its paradigms and stripped of the superstructures that in the past have made it an accomplice of unsustainable development, is therefore an effective tool to react against the seriousness of ecological concerns and the difficulties of productive conversion, breaking down the new problems and proposing new, measured solutions. The compromise required by the surrender of old habits can be alleviated by the contextual presence of discontinuous but seductive alternatives. Designing the reduction in such a way that it is perceived as an enrichment of value becomes a fundamental requirement for an action of redesign of circular desires and behaviors. Impermanence, lightness, narrativity and engagement are therefore positioned at the center of a design practice modeled on the needs of the time it serves. Recognizing the reversible and emotional qualities required to a good circular design, this research identifies in particular in the discipline of exhibition design a resolution option already almost “ready-to-use”, if handled with renovated care. By carefully re-calibrating some flawed dynamics in its practice — see the temporary and therefore potentially dissipative nature of its proposals — exhibition design can indeed prove to be an effective tool for the implementation and dissemination of sustainable values, thanks to the dynamic qualities of its solutions, at the same time flexible and strongly experiential, able to actively spread the awareness that sometimes, enough is more.

L’economia circolare si genera dalla necessità di opposizione al modello lineare di sviluppo e consumo, di cui congiunge le estremità, rilevandone e trasformandone le componenti strutturali. Nella sua azione, i contorni che delineano i concetti di inizio e fine si sfumano, e fondendosi chiudono il cerchio, avviando un flusso virtuoso in cui il valore delle risorse viene conservato e ottimizzato. Nonostante la percezione dell’urgenza della questione ambientale e delle potenzialità di risoluzione offerte dalle pratiche circolari, una serie di condizioni d’attrito inibiscono l’adesione alla nuova forma di pensiero, mantenendo sistema produttivo e società a distanza di (in)sicurezza. Barriere tecniche e resistenze attitudinali creano una condizione di stallo nella transizione, rallentando significativamente la diffusione di nuovi comportamenti imprenditoriali e individuali. La disciplina del progetto, come materia complessa fatta di tecnica e comunicazione, diventa in questo contesto una valida risposta alla necessità di un’azione coordinata e diretta da più fronti, in grado di intercettare ostacoli emotivo-attitudinali così come pratico-processuali. Un design circolare, rinnovato nei suoi paradigmi e spogliato delle sovrastrutture che in passato lo hanno reso complice dello sviluppo insostenibile, si pone dunque come strumento di reazione contro la gravità delle preoccupazioni ecologiche e le difficoltà della conversione produttiva, scomponendo i nuovi problemi e proponendo per essi nuove, misurate soluzioni. Il compromesso richiesto dalla rinuncia a vecchie abitudini può essere lenito dalla contestuale presenza di alternative discontinue ma seducenti. Progettare la riduzione in modo che venga percepita come arricchimento di valore diventa perciò un requisito fondamentale per un’azione di ridisegno di desideri e comportamenti circolari. Impermanenza, leggerezza, narratività e coinvolgimento si posizionano dunque al centro di una pratica del design modellata sulle necessità del tempo di cui è a servizio. Riconoscendo le qualità reversibili ed emozionali richieste ad un buon design circolare, questa ricerca individua in particolare nella disciplina del design espositivo un’opzione di risoluzione già quasi “pronta all’uso” se maneggiata con rinnovata cura. Ri-calibrando con attenzione alcune dinamiche difettose nella sua pratica — vedi la natura temporanea e perciò potenzialmente dissipativa delle sue proposte — l’exhibition design può difatti rivelarsi uno strumento efficace per la messa in atto e la diffusione dei valori sostenibili, grazie alle qualità dinamiche delle sue soluzioni, allo stesso tempo flessibili e fortemente esperienziali, capaci di diffondere attivamente la consapevolezza che, spesso, fare quanto basta è più che sufficiente.