Questa tesi si propone di compiere un’indagine approfondita degli aspetti psicologici e socio-culturali, inerenti al malato di Alzheimer, avvalendosi dei contributi, della fotografia, della letteratura e, soprattutto, della cultura del progetto d’interni. L’obbiettivo è quello di progettare i laboratori-archivi del fare: luoghi di evasione, di terapia, condivisione di esperienze e produzione di oggetti a partire da materie prime di varia natura e oggetti di uso quotidiano. I laboratori si collocano all’interno della Circuito Alzheimer Gallery, (una galleria d’arte-bar aperta alla città), sono spazi chiusi e protetti ma in relazione dialogica con il contesto. In questi ambienti da un lato c’è la materia, ossia tutto ciò che è concreto e tangibile, organizzata in un’archivio, che si presenta, appunto, come una raccolta eterogenea di materiali e di oggetti. Dall’altro lato si trova un luogo di produzione: il laboratorio, dove il pensiero si fa azione, dove i malati manifestano le ossessioni, liberano l’energia, lavorano, ed esprimono una creatività non premeditata. Un luogo dove è possibile compiere ciò che oggi sembra ancora lontano, ossia dare valore e dignità a chi è affetto da Alzheimer ed avvicinarlo alla vita della città. Archivio e laboratorio non sono separati ma esiste un confine labile e apparentemente intangibile che divide materia prima e lavoro, consapevolezza e inconsapevolezza, pensiero e azione. L’intervento sull’ambiente interno e sugli oggetti si rivela dunque fondamentale, affinché sia presente un canale continuo di comunicazione fra le due parti in modo che gli utenti siano stimolati all’azione e lo spazio sia tale da avere caratteristiche di familiarità e apportare benefici ai malati che ne usufruiranno. I contributi teorici della psicomotricità, dell’arteterapia e della musicoterapia, applicate ai malati di Alzheimer oltre alle teorie di progettazione di spazi a misura di Alzheimer (metodo Gentle Care, Environmental Behaviour Model) sviluppate nell’ultimo trentennio, sono fondamentali per una progettazione mirata e sensata, in grado di tenere in considerazione svariati aspetti. E’ possibile dare un contributo concreto nel dibattito culturale sul tema della malattia. Il malato di Alzheimer può essere visto in senso positivo nella società, le relazioni con il mondo esterno possono migliorare, il supporto ai familiari può diventare più consistente e soprattutto, il “demente”, non rimarrà confinato nella sua abitazione, nascosto come se fosse un pazzo che si comporta in maniera sconveniente. Tutti potranno riconoscere di trovarsi di fronte ad una persona dotata di un’energia che può essere canalizzata nell’attività creativa. Forse non tutti, ma qualcuno tra questi malati potrà avere parte attiva nel mondo, anche se solo per un breve periodo.

Circuito Alzheimer gallery. I laboratori del fare come alternativa alle terapie farmacologiche

FRAMBA, FEDERICA
2009/2010

Abstract

Questa tesi si propone di compiere un’indagine approfondita degli aspetti psicologici e socio-culturali, inerenti al malato di Alzheimer, avvalendosi dei contributi, della fotografia, della letteratura e, soprattutto, della cultura del progetto d’interni. L’obbiettivo è quello di progettare i laboratori-archivi del fare: luoghi di evasione, di terapia, condivisione di esperienze e produzione di oggetti a partire da materie prime di varia natura e oggetti di uso quotidiano. I laboratori si collocano all’interno della Circuito Alzheimer Gallery, (una galleria d’arte-bar aperta alla città), sono spazi chiusi e protetti ma in relazione dialogica con il contesto. In questi ambienti da un lato c’è la materia, ossia tutto ciò che è concreto e tangibile, organizzata in un’archivio, che si presenta, appunto, come una raccolta eterogenea di materiali e di oggetti. Dall’altro lato si trova un luogo di produzione: il laboratorio, dove il pensiero si fa azione, dove i malati manifestano le ossessioni, liberano l’energia, lavorano, ed esprimono una creatività non premeditata. Un luogo dove è possibile compiere ciò che oggi sembra ancora lontano, ossia dare valore e dignità a chi è affetto da Alzheimer ed avvicinarlo alla vita della città. Archivio e laboratorio non sono separati ma esiste un confine labile e apparentemente intangibile che divide materia prima e lavoro, consapevolezza e inconsapevolezza, pensiero e azione. L’intervento sull’ambiente interno e sugli oggetti si rivela dunque fondamentale, affinché sia presente un canale continuo di comunicazione fra le due parti in modo che gli utenti siano stimolati all’azione e lo spazio sia tale da avere caratteristiche di familiarità e apportare benefici ai malati che ne usufruiranno. I contributi teorici della psicomotricità, dell’arteterapia e della musicoterapia, applicate ai malati di Alzheimer oltre alle teorie di progettazione di spazi a misura di Alzheimer (metodo Gentle Care, Environmental Behaviour Model) sviluppate nell’ultimo trentennio, sono fondamentali per una progettazione mirata e sensata, in grado di tenere in considerazione svariati aspetti. E’ possibile dare un contributo concreto nel dibattito culturale sul tema della malattia. Il malato di Alzheimer può essere visto in senso positivo nella società, le relazioni con il mondo esterno possono migliorare, il supporto ai familiari può diventare più consistente e soprattutto, il “demente”, non rimarrà confinato nella sua abitazione, nascosto come se fosse un pazzo che si comporta in maniera sconveniente. Tutti potranno riconoscere di trovarsi di fronte ad una persona dotata di un’energia che può essere canalizzata nell’attività creativa. Forse non tutti, ma qualcuno tra questi malati potrà avere parte attiva nel mondo, anche se solo per un breve periodo.
RUI, ANGELA
ARC III - Facolta' del Design
31-mar-2011
2009/2010
Tesi di laurea Magistrale
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