Mass-production companies are responsible of their product impact once obsolete and reusing/recycling may bring social unsustainable effects. The need of owning and the fast motion of the market lead to premature end of lifespan, and require new alternatives in design phase to conceive appropriate products for our material culture. According to Life Cycle Design and the Design for X discipline, the new category “Design for Good Obsolescence” is a tool to counteract negative effects of fast consumption. This research concludes that studying a product according to its tendency to get obsolete needs first to evaluate the durability of the product, identifying lifespan, potential of functional, technological or aesthetical obsolescence; and the relation between weight, volume of consume and typology of materials. Then, to analyze durability and naturalness of materials by evaluating degradation, protective methods, material life cycle, biodegradability and compostability. The methodology of seven matrixes uses yes/no questions and referential data to help non-highly skilled professionals to fill it, showing levels of risk and visual indicators for critic levels of damage of single parts. A study case compares a Dyson DC07 vacuum cleaner (2001) at the end of lifespan with an Electrolux Green (2009). It scored low risk and Dyson high due to technological and aesthetical obsolescence, weight and complexity. The casing is analyzed (ABS/PC and PP) and material extraction, renewability and compatibility are critical. A second case compares the 1st and 6th generations of iPods, with different look, weight and casing (PC and Al). New iPod scored lower risk, evolving to a design classic. Companies benefit by driving their corporative strategy to eco-marketing, closing the natural cycle of materials and reducing their responsibility at the product end-of-life. For Design Engineers it is useful in new design process when there is a new function, technology or aesthetics; and re-design process, with a reference product that has failed becoming an issue once discarded. The methodology provides a systemic way to identify and turn back to critical factors to improve the product.
Questo progetto nasce dalla evidenza che le aziende di produzione in massa sono responsabili dell’impatto ambientale dei loro prodotti, una volta questi arrivano alla fine del tempo di vita a causa di obsolescenza funzionale, tecnologica ed estetica. Il riuso e il riciclo sono metodi ampliamente utilizzati come strategia per risolvere questi problemi, però possono avvenire degli effeti collaterali che portano a impatti sociali e che impediscono una vera sostenibilità. La responsabilità comincia dalla fase di design, e se in questa vengono utilizzate strategie appropriate al momento della pressa di decisioni, questi problemi futuri possono essere predetti, migliorati e anche evitati. Un primo approccio al problema della obsolescenza, richiede una consapevolenza intorno al senso del tempo nei prodotti di oggi e di tempo prima, e si conclude che, visto l’incremento della necessità di possedere oggetti nella realtà nel consumo massivo di oggi, e anche la veloce dinamica del mercato che porta gli oggetti ad un prematuro fine di vita generando tonnelate di spazzatura durevole, è necessario che i Design Engineers abbiano competenze alternative, per concepire prodotti più adeguati per la nostra cultura materiale. Avendo come punto di partenza le eco-strategie del Life Cycle Design, e usando la disciplina del Design for X come riferimento, una nuova categoria, chiamata Design per l’obsolesenza, viene proposta per fornire un nuovo strumento ai Design Engineers di modo di contrastare l’effetto negativo del consumismo. Attraverso un’amplia ricerca bibliografica, utilizzando libri e papers scientifici e la esperienza di professori ricercatori dal Politecnico di Milano, sono stati identificati i fattori chiave da tenere in considerazione al momento di studiare un oggetto e la sua tendenza a diventare obsoleto. Innanzitutto, si evidenza la necessità di valutare la durabilità del prodotto tramite tre categorie principali: La prima categoria cerca identificare il tempo di vita del prodotto; la seconda, predice il potenziale di questo a diventare obsoleto da punti di vista funzionali, tecnologici ed estetici; e una terza, che controlla i rischi ambientali legati al rapporto tra peso, volume di consumo e tipologie di materiali nel prodotto. Dopodichè è necessario l’analisi della durabilità e naturalità degli specifici materiali per completare lo studio. A questo puntoviene scelto un componente e si valutano altre quattro categorie: una quarta categoria, che controlla la sensibilità del materiale alla degradazione; una quinta, che analizza le caratteristiche dei metodi protettivi impiegati; una sesta, sulla biocompatibilità del materiale, con una panoramica del ciclo di vita del materiale, identificando opportunità e casi di tossicità e incompatibilità; e finalmente una settima, sulla biodegradabilità, che analizza il potenziale di biodegradazione e compostaggio alla fine del tempo di vita, e la possibilità di sostituzione del materiale per biomateriali. La metodologia consiste in sette matrici di diagrammi di flussi, con domande si/no e data di riferimento proveniente dalla ricerca, come supporto per farsì che possa essere compilata anche da professionisti non altamente qualificati. I risultati presentano il livello di rischio del prodotto in generale una volta smaltito, in una scala dalla (A) meno rischioso, alla (E) altamente rischioso. Inoltre, si presentano indicatori visivi dei livelli critici per quanto riguarda il danno che possono causare i singoli componenti. A modo di esempio, due casi di studio vengono presentati, uno per la nell’ambito degli elettrodomestici e l’altro in quello dei prodotti elettronici, simulando sistemi di discarica in due locazioni diverse: Italia e Colombia. Il primo caso di studio compara due aspirapolveri: La Dyson DC07 lanciata nel 2001 e attualmente alla fine dei 10 anni di vita utile estimati in quel momento, e la nuova Electrolux Green Ultrasilencer, che si autopromossiona come la più ecologica del mercato. La scocca è stata scelta come componente di analisi, essendo quells Dyson in ABS/PC e quella Electrolux in PP. Dyson risulta con un punteggio di rischio (A) vista una già evidente tendenza alla obsolescenza tecnologica ed estetica, il peso e la complessità dei materiali, mentre che Electrolux viene considerata di basso rischio (E). Le differenze nei livelli di danno associato alla scocca sono evidenti per quanto riguarda la estrazione del materiale, la rinuovabilità, la disturbazione dei cicli naturali e la compatibilità. In un’eventuale re-design della aspirapolvere Dyson, sarebbero suggeriti alcuni fattori provenienti dall’analisi, come ridurre la complessità estetica e la quantità di componenti e le tipologie dei materiali, il peso dei componenti, l’utilizzo di materiali riciclati, e sostituire i petro-derivati per biopolimeri. Il secondo caso di studio compara la prima e la sesta generazione degli iPods, con differenze nell’estetica, il peso e il materiale della scocca, da PC ad alluminio anodizzato. I primi iPod hanno un punteggio di rischio (C) mentre quelli nuovi (B), un chiaro esempio di evoluzione verso un concetto di “design classic” che porta a una reduzione nel rischio perche anche se obsoleto, non verrà buttato via. Le differenze nei livelli di danno associato alla scocca sono evidenti in termini di estrazione del materiale e riduzione della degradazione per cause fisiche e biologiche, essendo necessaria la valutazione di eventualli sovraprotezioni nei modelli di iPod che cambiano la sua estetica più drasticamente, e capire se, alla fine di vita, l’alluminio è veramente ricuperato tramite sistemidi raccolta per essere riciclato, perche altrimenti, la resistenza biologica diventerebbe un fattore negativo. Le aziende possono beneficiarsi di questa metodologia al punto che serve per indirizzare le loro strategie corporative verso un marketing ecologico che non solo rinforza il branding, ma permette di chiudere i cicli naturali dei materiali e riduce la loro responsabilità alla fine di vita dei prodotti che hanno manufatturato. Possono anche aderire alcuni dei principi dell’approcio al design per la buona obsolescenza dentro delle diverse fasi del ciclo di vita, especialmente prima e durante la produzione, dalla produzione alla distribuzione, tra l’uso e il ritiro e dal ritiro verso un rientro in fase di pre-produzione. Per Design Engineers invece, è utile nel processo di progettazione di nuovi prodotti, quando ci sia una nuova funzione, una nuova tecnologia o nuove morfologie ed estetiche richieste, e può essere usato una volta stabilite le specifiche di prodotto. Un ulteriore uso e probabilmente più efficace si trova nei processi di re-design, avendo precedentemente un’altro prodotto di riferimento che magari ha fallito, diventando un problema al suo fine di vita. La metodologia fornisce un modo sistemico di identificare e facilitare i re-loop necessari per tornare in dietro nel processo di progettazione e ripensare quelli fattori critici del prodotto analizzato, di modo di migliorare il nuovo design.
Design for good obsolescence. Thinking materials according to durability of products
MESA TRUJILLO, DANIEL
2010/2011
Abstract
Mass-production companies are responsible of their product impact once obsolete and reusing/recycling may bring social unsustainable effects. The need of owning and the fast motion of the market lead to premature end of lifespan, and require new alternatives in design phase to conceive appropriate products for our material culture. According to Life Cycle Design and the Design for X discipline, the new category “Design for Good Obsolescence” is a tool to counteract negative effects of fast consumption. This research concludes that studying a product according to its tendency to get obsolete needs first to evaluate the durability of the product, identifying lifespan, potential of functional, technological or aesthetical obsolescence; and the relation between weight, volume of consume and typology of materials. Then, to analyze durability and naturalness of materials by evaluating degradation, protective methods, material life cycle, biodegradability and compostability. The methodology of seven matrixes uses yes/no questions and referential data to help non-highly skilled professionals to fill it, showing levels of risk and visual indicators for critic levels of damage of single parts. A study case compares a Dyson DC07 vacuum cleaner (2001) at the end of lifespan with an Electrolux Green (2009). It scored low risk and Dyson high due to technological and aesthetical obsolescence, weight and complexity. The casing is analyzed (ABS/PC and PP) and material extraction, renewability and compatibility are critical. A second case compares the 1st and 6th generations of iPods, with different look, weight and casing (PC and Al). New iPod scored lower risk, evolving to a design classic. Companies benefit by driving their corporative strategy to eco-marketing, closing the natural cycle of materials and reducing their responsibility at the product end-of-life. For Design Engineers it is useful in new design process when there is a new function, technology or aesthetics; and re-design process, with a reference product that has failed becoming an issue once discarded. The methodology provides a systemic way to identify and turn back to critical factors to improve the product.File | Dimensione | Formato | |
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