Il progetto si inserisce nello spazio interstiziale tra il recinto dell’Accademia e quello del Serapeo; attualmente consiste in un dislivello di terra e boscaglia . Osservando l’architettura della Villa si nota come le architetture che si inseriscono negli spazi imprecisi tra i recinti, assumano prima la direzione di uno e, una volta scontratosi con l’altro , quella del recinto immediatamente adiacente. Allo stesso modo, il nostro progetto, assume l’allineamento del Corridore. Tale elemento del recinto dell’Accademia presenta però una “piega”, dovuta probabilmente al cedere delle fondamenta sotto la spinta del terrapieno. E’ una lieve piega che scombina gli allineamenti dei volumi del nostro progetto, creando una pianta molto più articolata. Il suolo, prima cumolo scosceso di terra, si modella in modo artificiale secondo una successione di stanze e rampe che fanno parte di un unico grande ambiente sotto un unico grande tetto. La composizione del progetto quindi è determinata da due muri, limiti fisici all’interno del quale si sviluppa il museo. Il primo ricompone il recinto il secondo ricostruisce lato corto dell’Antiquarium. La piega del muro dell’accademia detta la regola e orienta la pianta: quest’ultima seguendo questo “leggero difetto”, diventa più complessa acquistando la dinamicità della linea spezzata. Il museo è un continuo salto di quote, una salita che ha inizio dalla spianata del canopo e si conclude alla quota del corridore. Il muro frena la caduta della terra e l’andamento discendente del museo che proprio in questo punto trova il suo ingresso. I volumi delle stanze mantengono sempre una distanza dal muro, una sorta di diaframma a quota + 5.50 m. che diventa luogo di misura tra il nuovo e l’antico. Questo spazio che interagisce con alcune sale del museo crea momenti di respiro e di rimando alla rovina presente. Tutto il progetto è concepito come un doppio suolo, quello calpestabile e quello di copertura. Come già detto, l’edificio è una grande stanza, un ambiente unico, interrotto solo dalla scansione dei pilastri che reggono la copertura, e dalle vetrate che isolano le stanze “al caldo” da quelle fredde; in sostanza l’ambiente è completamente permeabile alla vista e alla luce. Dall’interno è sempre possibile avere sguardi e scorci verso l’esterno in modo che il visitatore possa mantenere il rapporto con l’archeologia. Ma anche all’interno è sempre possibile un rimando alle stanze precedenti e successive; lo spazio non è serrato, si comporta come tutto il resto della Villa dove il visitatore si trova circondato da ruderi bassi e dove la sua vista non è mai ostruita , è sempre possibile uno sguardo a 360 gradi. I materiali sono presi dalla tradizione costruttiva della Villa, ma anche dal contemporaneo: tufo per il muro di ricostruzione del recinto, travertino per il suolo calpestabile all’interno del museo, cotto per i percorsi all’aperto, calcestruzzo per le colonne che non devono appartenere né al suolo né al tetto ed acciaio e corten per la copertura. In particolare la scelta del cotto e del travertino deriva da documentazioni in cui si afferma che il travertino veniva usato per le parti nobili della Villa mentre il cotto per le parti di servizio; nel nostro caso i percorsi all’aperto sono proprio quelle parti in cui il progetto entra in contatto con il corridore e i criptoportici usati dalla servitù. In conclusione si può affermare che il nostro sia un progetto prettamente “di suolo”, mentre dove esso deve riproporre formalmente il recinto del Serapeo, si comporta come un “architettura di muri”.
Villa Adriana : un'architettura di suolo
BERETTA, VALENTINA LETIZIA;POZZI, MARTINA
2009/2010
Abstract
Il progetto si inserisce nello spazio interstiziale tra il recinto dell’Accademia e quello del Serapeo; attualmente consiste in un dislivello di terra e boscaglia . Osservando l’architettura della Villa si nota come le architetture che si inseriscono negli spazi imprecisi tra i recinti, assumano prima la direzione di uno e, una volta scontratosi con l’altro , quella del recinto immediatamente adiacente. Allo stesso modo, il nostro progetto, assume l’allineamento del Corridore. Tale elemento del recinto dell’Accademia presenta però una “piega”, dovuta probabilmente al cedere delle fondamenta sotto la spinta del terrapieno. E’ una lieve piega che scombina gli allineamenti dei volumi del nostro progetto, creando una pianta molto più articolata. Il suolo, prima cumolo scosceso di terra, si modella in modo artificiale secondo una successione di stanze e rampe che fanno parte di un unico grande ambiente sotto un unico grande tetto. La composizione del progetto quindi è determinata da due muri, limiti fisici all’interno del quale si sviluppa il museo. Il primo ricompone il recinto il secondo ricostruisce lato corto dell’Antiquarium. La piega del muro dell’accademia detta la regola e orienta la pianta: quest’ultima seguendo questo “leggero difetto”, diventa più complessa acquistando la dinamicità della linea spezzata. Il museo è un continuo salto di quote, una salita che ha inizio dalla spianata del canopo e si conclude alla quota del corridore. Il muro frena la caduta della terra e l’andamento discendente del museo che proprio in questo punto trova il suo ingresso. I volumi delle stanze mantengono sempre una distanza dal muro, una sorta di diaframma a quota + 5.50 m. che diventa luogo di misura tra il nuovo e l’antico. Questo spazio che interagisce con alcune sale del museo crea momenti di respiro e di rimando alla rovina presente. Tutto il progetto è concepito come un doppio suolo, quello calpestabile e quello di copertura. Come già detto, l’edificio è una grande stanza, un ambiente unico, interrotto solo dalla scansione dei pilastri che reggono la copertura, e dalle vetrate che isolano le stanze “al caldo” da quelle fredde; in sostanza l’ambiente è completamente permeabile alla vista e alla luce. Dall’interno è sempre possibile avere sguardi e scorci verso l’esterno in modo che il visitatore possa mantenere il rapporto con l’archeologia. Ma anche all’interno è sempre possibile un rimando alle stanze precedenti e successive; lo spazio non è serrato, si comporta come tutto il resto della Villa dove il visitatore si trova circondato da ruderi bassi e dove la sua vista non è mai ostruita , è sempre possibile uno sguardo a 360 gradi. I materiali sono presi dalla tradizione costruttiva della Villa, ma anche dal contemporaneo: tufo per il muro di ricostruzione del recinto, travertino per il suolo calpestabile all’interno del museo, cotto per i percorsi all’aperto, calcestruzzo per le colonne che non devono appartenere né al suolo né al tetto ed acciaio e corten per la copertura. In particolare la scelta del cotto e del travertino deriva da documentazioni in cui si afferma che il travertino veniva usato per le parti nobili della Villa mentre il cotto per le parti di servizio; nel nostro caso i percorsi all’aperto sono proprio quelle parti in cui il progetto entra in contatto con il corridore e i criptoportici usati dalla servitù. In conclusione si può affermare che il nostro sia un progetto prettamente “di suolo”, mentre dove esso deve riproporre formalmente il recinto del Serapeo, si comporta come un “architettura di muri”.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/19364