The research concept moves from the Sustainable Development Goals (SDGs) outlined by the United Nations for 2030 and in particular from the SDG12: Responsible Consumption and Production, which for the textile industry represents a gateway to many of the others since how we produce, (re)use, dispose of or recycle materials affects almost all other SDGs. The textile and apparel industry represents a sector of high relevance to the global economy in terms of trade, investment, employment and revenue (Ütebay, et. al, 2020). Nevertheless, it results to be the second most ecologically detrimental industry after oil and is known for its long and complex production chain involving countless stakeholders and sub-sectors, its intensive use of resources and its high quantity of water and chemical consumption (Fathy, 2016). The industry is also characterized by substantial losses, fed on one hand by a radicated “culture of waste” and on the other by widespread overproduction (Filho et. al., 2019). Less than 1% of the fabric produced gets recycled into new products, about 12% instead is used as padding, cleaning cloths and insulation material, thus implying a “drop-in performance” compared to the original function and ending up, after a few more uses, into a end-of-life treatment, usually landfill or incineration (Notten, 2020). If, however, it is well known by now about the massive amount of textile products that are discarded by consumers every year, less so is the fact that a vast amount of fabric is wasted even before reaching them. In most cases indeed, insufficient attention is given to pre-consumer textile waste streams (Gambi, 2021; Reverse resource, 2017). These consist, to name a few, of offcuts, surplus fabric, textile samples, colour tests and above all deadstock, which contribute significantly to the total volume of textile waste and have great potential for reduction and reuse. This wastage of material occurs despite a growing commitment from governments and firms to adopt circular economy principles to address textile waste overproduction and reduce the textile industry’s environmental impact. This research intends to address this paradox, investigating the unexplored potential of pre-consumer textile waste and developing a solution that helps businesses create value from what seems to have no more. But what to do with all the stock, the inventories filling factories’ and fashion brands’ warehouses? What is needed is imagination, new ideas and bold solutions that allow these garments to be reconditioned, reworked and reused by adding creative value and, in so doing, give them a chance to be reintroduced into distribution channels as items of added value. Thankfully, alongside this general lack of attention to what gets discarded in production, an increasing number of designers are showing an interest in creating value from these scraps or simply in the opportunity to use quality materials at a lower cost. Similarly, a few brands, mainly in the luxury sector, are starting to look at leftovers within their production and reinterpret them creating, for example, limited collections. However, what is missing are solutions able to facilitate and scale up the process, making giving value to waste the norm. Starting from these considerations the research provides a deeper understanding of the problem and intends to demonstrate how PSSD, with its holistic and collaborative approach, can contribute to the achievement of a more sustainable textile supply chain in which “waste” is perceived as a precious resource. More specifically, the research has been conducted following a Design Thinking approach and the content is structured into two main parts: a theoretical and a practical one. From a theoretical point of view, an analysis of the context is conducted through desktop and field research. The aim is to reach an in-depth understanding of the textile and clothing industry, of the issue of pre-consumer textile waste and, in particular, the mechanisms of textile waste generation, the barriers that prevent their reuse and the positive practices and solutions currently existing. From a practical point of view instead, the main output is a toolkit to promote the creative reuse of textile leftovers and garment deadstock. This set of tools is aimed at fashion brands, designers and textile manufacturers interested in exploring upcycling processes as a sustainable approach, representing a powerful tool they can use in their creative process.

La ricerca prende spunto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delineati dalle Nazioni Unite per il 2030 e in particolare, dall’SDG12: Consumo e Produzione Responsabili, il quale rappresenta per l'industria tessile una via d'accesso a molti altri, in quanto il modo in cui produciamo, (ri)usiamo, smaltiamo o ricicliamo i materiali ha un impatto su quasi tutti gli altri SDGs. L'industria del tessile e dell'abbigliamento rappresenta un settore di grande rilevanza per l'economia globale in termini di commercio, investimenti, occupazione e fatturato (Ütebay, et. al, 2020). Nonostante ciò, costituisce anche la seconda industria più dannosa dal punto di vista ecologico dopo quella petrolifera ed è nota per la sua lunga e complessa catena di produzione che coinvolge innumerevoli attori e sotto-settori, per l'uso intensivo di risorse e per l'elevata quantità di acqua e di sostanze chimiche consumate (Fathy, 2016). Il settore è inoltre caratterizzato da ingenti perdite, alimentate da una radicata "cultura dello spreco" e da una diffusa sovrapproduzione (Filho et. al., 2019). Meno dell'1% dei tessuti prodotti viene infatti riciclato in nuovi beni, circa il 12% viene invece utilizzato come imbottitura, panni per la pulizia e materiale isolante, implicando così un "calo di prestazioni" rispetto alla funzione originaria e finendo, dopo pochi ulteriori utilizzi, in un qualche tipo di trattamento di fine vita, solitamente discarica o inceneritore (Notten, 2020). Se, tuttavia, è ormai nota l’ingente quantità di prodotti tessili che vengono scartati dai consumatori ogni anno, meno noto è il fatto che una considerevole quantità di tessuto viene sprecata ancor prima di raggiungerli. Nella maggior parte dei casi infatti, non viene prestata sufficiente attenzione ai flussi di scarti tessili pre-consumo (Gambi, 2021; Reverse resource, 2017). Questi consistono, per citarne alcuni, in ritagli, eccedenze, campionario, prove colore e soprattutto deadstock, che contribuiscono in modo significativo al volume totale degli scarti tessili e che hanno grande potenziale in termini di riduzione e riutilizzo. Questo spreco di materiale si verifica nonostante il crescente impegno di governi e aziende nell'adottare i principi dell'economia circolare per affrontare la sovrapproduzione di scarti tessili e ridurre l'impatto ambientale del settore. Questa ricerca, intende affrontare tale paradosso, indagando sul potenziale inesplorato degli scarti tessili pre-consumo e sviluppando una soluzione che aiuti a creare valore da ciò che sembra non averne più. Ma cosa fare con tutti gli stock, e giacenze che occupano i magazzini delle fabbriche e dei brand di moda? Servono immaginazione, nuove idee e soluzioni coraggiose che permettano di ricondizionare, rielaborare e riutilizzare questi capi aggiungendo valore creativo e così facendo, di reintrodurli nei canali di distribuzione come articoli caratterizzati da un valore aggiunto. Fortunatamente, accanto a una generale mancanza di attenzione per ciò che viene scartato durante le fasi di produzione, un numero crescente di designer sta mostrando interesse nel creare valore da questi scarti o semplicemente nell'opportunità di utilizzare materiali di qualità a un costo inferiore. Allo stesso modo, alcuni brand, soprattutto nel settore del lusso, stanno iniziando a guardare tra gli scarti delle loro produzioni e a reinterpretarli creando, ad esempio, collezioni in edizione limitata. Ciò che manca tuttavia sono soluzioni in grado di facilitare e scalare il processo, facendo sì che la rivalorizzazione dello scarto diventi la norma. Partendo da queste considerazioni, la ricerca fornisce una comprensione più approfondita del problema e intende dimostrare come il PSSD, con il suo approccio olistico e collaborativo, possa contribuire al raggiungimento di una filiera tessile più sostenibile in cui lo scarto viene percepito come risorsa preziosa. Nello specifico, la ricerca è stata condotta seguendo un approccio Design Thinking e il contenuto è stato strutturato in due fasi principali: una teorica e una pratica. Da un punto di vista teorico, è stata condotta un'analisi del contesto attraverso una ricerca desktop e sul campo. L'obiettivo è stato quello di raggiungere una comprensione approfondita del settore, del problema degli scarti tessili pre-consumo e, in particolare, dei meccanismi di generazione dello scarto, delle barriere che ne impediscono il riutilizzo e delle pratiche e soluzioni positive attualmente esistenti. Da un punto di vista pratico invece, il principale risultato è un Toolkit pensato per promuovere il riutilizzo creativo degli scarti tessili e del deadstock. Questo kit di strumenti è rivolto a brand di moda, designer e produttori tessili interessati a esplorare pratiche di upcycling come approccio sostenibile, e aspira a diventare un potente strumento da utilizzare nel loro processo creativo.

This is not waste : a design toolkit to engage brands and designers in the upcycling of pre consumer textile waste

Campana, Eleonora
2021/2022

Abstract

The research concept moves from the Sustainable Development Goals (SDGs) outlined by the United Nations for 2030 and in particular from the SDG12: Responsible Consumption and Production, which for the textile industry represents a gateway to many of the others since how we produce, (re)use, dispose of or recycle materials affects almost all other SDGs. The textile and apparel industry represents a sector of high relevance to the global economy in terms of trade, investment, employment and revenue (Ütebay, et. al, 2020). Nevertheless, it results to be the second most ecologically detrimental industry after oil and is known for its long and complex production chain involving countless stakeholders and sub-sectors, its intensive use of resources and its high quantity of water and chemical consumption (Fathy, 2016). The industry is also characterized by substantial losses, fed on one hand by a radicated “culture of waste” and on the other by widespread overproduction (Filho et. al., 2019). Less than 1% of the fabric produced gets recycled into new products, about 12% instead is used as padding, cleaning cloths and insulation material, thus implying a “drop-in performance” compared to the original function and ending up, after a few more uses, into a end-of-life treatment, usually landfill or incineration (Notten, 2020). If, however, it is well known by now about the massive amount of textile products that are discarded by consumers every year, less so is the fact that a vast amount of fabric is wasted even before reaching them. In most cases indeed, insufficient attention is given to pre-consumer textile waste streams (Gambi, 2021; Reverse resource, 2017). These consist, to name a few, of offcuts, surplus fabric, textile samples, colour tests and above all deadstock, which contribute significantly to the total volume of textile waste and have great potential for reduction and reuse. This wastage of material occurs despite a growing commitment from governments and firms to adopt circular economy principles to address textile waste overproduction and reduce the textile industry’s environmental impact. This research intends to address this paradox, investigating the unexplored potential of pre-consumer textile waste and developing a solution that helps businesses create value from what seems to have no more. But what to do with all the stock, the inventories filling factories’ and fashion brands’ warehouses? What is needed is imagination, new ideas and bold solutions that allow these garments to be reconditioned, reworked and reused by adding creative value and, in so doing, give them a chance to be reintroduced into distribution channels as items of added value. Thankfully, alongside this general lack of attention to what gets discarded in production, an increasing number of designers are showing an interest in creating value from these scraps or simply in the opportunity to use quality materials at a lower cost. Similarly, a few brands, mainly in the luxury sector, are starting to look at leftovers within their production and reinterpret them creating, for example, limited collections. However, what is missing are solutions able to facilitate and scale up the process, making giving value to waste the norm. Starting from these considerations the research provides a deeper understanding of the problem and intends to demonstrate how PSSD, with its holistic and collaborative approach, can contribute to the achievement of a more sustainable textile supply chain in which “waste” is perceived as a precious resource. More specifically, the research has been conducted following a Design Thinking approach and the content is structured into two main parts: a theoretical and a practical one. From a theoretical point of view, an analysis of the context is conducted through desktop and field research. The aim is to reach an in-depth understanding of the textile and clothing industry, of the issue of pre-consumer textile waste and, in particular, the mechanisms of textile waste generation, the barriers that prevent their reuse and the positive practices and solutions currently existing. From a practical point of view instead, the main output is a toolkit to promote the creative reuse of textile leftovers and garment deadstock. This set of tools is aimed at fashion brands, designers and textile manufacturers interested in exploring upcycling processes as a sustainable approach, representing a powerful tool they can use in their creative process.
ARC III - Scuola del Design
6-ott-2022
2021/2022
La ricerca prende spunto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delineati dalle Nazioni Unite per il 2030 e in particolare, dall’SDG12: Consumo e Produzione Responsabili, il quale rappresenta per l'industria tessile una via d'accesso a molti altri, in quanto il modo in cui produciamo, (ri)usiamo, smaltiamo o ricicliamo i materiali ha un impatto su quasi tutti gli altri SDGs. L'industria del tessile e dell'abbigliamento rappresenta un settore di grande rilevanza per l'economia globale in termini di commercio, investimenti, occupazione e fatturato (Ütebay, et. al, 2020). Nonostante ciò, costituisce anche la seconda industria più dannosa dal punto di vista ecologico dopo quella petrolifera ed è nota per la sua lunga e complessa catena di produzione che coinvolge innumerevoli attori e sotto-settori, per l'uso intensivo di risorse e per l'elevata quantità di acqua e di sostanze chimiche consumate (Fathy, 2016). Il settore è inoltre caratterizzato da ingenti perdite, alimentate da una radicata "cultura dello spreco" e da una diffusa sovrapproduzione (Filho et. al., 2019). Meno dell'1% dei tessuti prodotti viene infatti riciclato in nuovi beni, circa il 12% viene invece utilizzato come imbottitura, panni per la pulizia e materiale isolante, implicando così un "calo di prestazioni" rispetto alla funzione originaria e finendo, dopo pochi ulteriori utilizzi, in un qualche tipo di trattamento di fine vita, solitamente discarica o inceneritore (Notten, 2020). Se, tuttavia, è ormai nota l’ingente quantità di prodotti tessili che vengono scartati dai consumatori ogni anno, meno noto è il fatto che una considerevole quantità di tessuto viene sprecata ancor prima di raggiungerli. Nella maggior parte dei casi infatti, non viene prestata sufficiente attenzione ai flussi di scarti tessili pre-consumo (Gambi, 2021; Reverse resource, 2017). Questi consistono, per citarne alcuni, in ritagli, eccedenze, campionario, prove colore e soprattutto deadstock, che contribuiscono in modo significativo al volume totale degli scarti tessili e che hanno grande potenziale in termini di riduzione e riutilizzo. Questo spreco di materiale si verifica nonostante il crescente impegno di governi e aziende nell'adottare i principi dell'economia circolare per affrontare la sovrapproduzione di scarti tessili e ridurre l'impatto ambientale del settore. Questa ricerca, intende affrontare tale paradosso, indagando sul potenziale inesplorato degli scarti tessili pre-consumo e sviluppando una soluzione che aiuti a creare valore da ciò che sembra non averne più. Ma cosa fare con tutti gli stock, e giacenze che occupano i magazzini delle fabbriche e dei brand di moda? Servono immaginazione, nuove idee e soluzioni coraggiose che permettano di ricondizionare, rielaborare e riutilizzare questi capi aggiungendo valore creativo e così facendo, di reintrodurli nei canali di distribuzione come articoli caratterizzati da un valore aggiunto. Fortunatamente, accanto a una generale mancanza di attenzione per ciò che viene scartato durante le fasi di produzione, un numero crescente di designer sta mostrando interesse nel creare valore da questi scarti o semplicemente nell'opportunità di utilizzare materiali di qualità a un costo inferiore. Allo stesso modo, alcuni brand, soprattutto nel settore del lusso, stanno iniziando a guardare tra gli scarti delle loro produzioni e a reinterpretarli creando, ad esempio, collezioni in edizione limitata. Ciò che manca tuttavia sono soluzioni in grado di facilitare e scalare il processo, facendo sì che la rivalorizzazione dello scarto diventi la norma. Partendo da queste considerazioni, la ricerca fornisce una comprensione più approfondita del problema e intende dimostrare come il PSSD, con il suo approccio olistico e collaborativo, possa contribuire al raggiungimento di una filiera tessile più sostenibile in cui lo scarto viene percepito come risorsa preziosa. Nello specifico, la ricerca è stata condotta seguendo un approccio Design Thinking e il contenuto è stato strutturato in due fasi principali: una teorica e una pratica. Da un punto di vista teorico, è stata condotta un'analisi del contesto attraverso una ricerca desktop e sul campo. L'obiettivo è stato quello di raggiungere una comprensione approfondita del settore, del problema degli scarti tessili pre-consumo e, in particolare, dei meccanismi di generazione dello scarto, delle barriere che ne impediscono il riutilizzo e delle pratiche e soluzioni positive attualmente esistenti. Da un punto di vista pratico invece, il principale risultato è un Toolkit pensato per promuovere il riutilizzo creativo degli scarti tessili e del deadstock. Questo kit di strumenti è rivolto a brand di moda, designer e produttori tessili interessati a esplorare pratiche di upcycling come approccio sostenibile, e aspira a diventare un potente strumento da utilizzare nel loro processo creativo.
File allegati
File Dimensione Formato  
2022_10_Campana_Thesis.pdf

non accessibile

Dimensione 25.09 MB
Formato Adobe PDF
25.09 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri
2022_10_Campana_Deck of cards.pdf

non accessibile

Dimensione 6.91 MB
Formato Adobe PDF
6.91 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri
2022_10_Campana_Guides+Instruction.pdf

non accessibile

Dimensione 3.69 MB
Formato Adobe PDF
3.69 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri
2022_10_Campana_Maps.pdf

non accessibile

Dimensione 1.71 MB
Formato Adobe PDF
1.71 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri

I documenti in POLITesi sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/194698