Bone fractures can be defined as interruptions in the continuity of a bone, which usually occur as a result of trauma, but can also be a consequence of pre-existing conditions, such as osteoporosis. For such conditions, the use of bone fixation devices is nowadays common practice in all cases where damaged bone needs functional support during the healing period. Osteosynthesis devices currently used in clinical practice are made almost exclusively of the titanium alloy Ti6Al4V; this alloy, in addition to possessing excellent mechanical properties, is highly biocompatible, making it a good candidate for this type of application. However, Ti6Al4V devices have to be removed at the end of bone restoration, thus necessitating a second surgery. Recently, research in the orthopaedic field has been directed towards the use of biodegradable metals, of which magnesium is one of the main exponents, for the realisation of fixation systems. Magnesium and its alloys, in fact, have mechanical properties more akin to those of bone than titanium, and at the same time are spontaneously subject, when placed inside the human body, to a rapid degradation process, which allows them to be eliminated by the organism through the already existing metabolic mechanisms regulating the Mg ion. However, the rate of corrosion of magnesium is, in many cases, faster than the rate of bone repair: as a result, devices made from it would lose their mechanical supporting action even before the bone has fully restored its function. To deal with this problem, surface coating techniques are used to slow down corrosion. Among these, Plasma Electrolytic Oxidation (PEO) is an electrochemical technique that allows the creation of a thick, hard and compact metal oxide coating using a simple experimental set-up. During the PEO process, several parameters can influence the growth and properties of the coating that is created. These include the substrate material, the composition of the electrolyte solution used as a conductive medium, the application time, the voltage value and the type of current (AC or DC). The main aim of this experimental work is to study the influence of the composition of the electrolyte solution on the final properties of the coating, in particular its ability to slow down corrosion. Three successive phases were therefore conducted, in each of which the behaviour of different compounds added in solution was investigated. In the first phase, the effect of electrolytes containing different types of phosphates was evaluated, the second phase focused on carbonates and various calcium-containing compounds, while the third phase investigated the effect brought about by certain dopants. The manufactured samples were characterised using different investigation techniques; in particular, the thickness of the coating was measured using both the eddy current method and metallographic cross-sectioning, while the distribution and size of the surface porosities were verified using SEM. Through EDS analysis, it was possible to assess the chemical composition of the coatings obtained, on which an XRD analysis was also conducted. Alongside these investigations, corrosion resistance tests were also carried out in SBF solution by means of potentiodynamic polarisation tests. The investigations carried out showed that, among the different phosphate groups explored, the coatings obtained using sodium hexametaphosphate are those with the greatest thickness, the greatest internalisation of phosphorus, and also a surface morphology characterised by pores with an average diameter and a total % area among the highest measured. Furthermore, these coatings show the best corrosion resistance. It is therefore hypothesised that the amount of phosphorus present in the coating, together with the thickness of the coating, are the variables on which the corrosion rate is most dependent, which seems to be less influenced by the presence of pores. The second phase concluded by identifying the sample containing the lowest explored concentration of calcium hydroxide as having the best corrosion resistance. Again, the selected coating was the one with the greatest thickness and the highest measured porosity, associated with the largest average pore diameter. Looking at the composition of the coating, it can be seen that an increase in the concentration of calcium hydroxide added to the electrolyte solution corresponds to an increase in the internalisation of the calcium element. During the third phase, coatings were made from solutions containing sodium hexametaphosphate and three different doping agents, with the possible addition of calcium hydroxide. The results obtained showed that the introduction of calcium leads to a reduction in the thickness of the coatings and also brings changes to the surface morphology, reducing both the average pore diameter and porosity. The composition of the coatings also shows how the addition of calcium leads to a reduction in the internalisation of the dopant. Potentiodynamic polarisation tests identified the coatings made with the addition of potassium fluoride alone as those with the best corrosion behaviour achieved in this work. Again, a good affinity between phosphate and the doping agents introduced was observed, while calcium appears to inhibit their effect.

Le fratture ossee possono essere definite come interruzioni della continuità di un osso, le quali solitamente si verificano a seguito di un trauma, ma possono anche essere conseguenza di patologie preesistenti, come ad esempio l’osteoporosi. Per tali condizioni, l’utilizzo di dispositivi per la fissazione ossea è al giorno d’oggi pratica comune in tutti i casi in cui l’osso danneggiato necessiti di un supporto funzionale durante il periodo di guarigione. I mezzi di osteosintesi attualmente utilizzati nella pratica clinica sono realizzati quasi unicamente in lega di titanio Ti6Al4V; tale lega, oltre a possedere proprietà meccaniche eccellenti, è altamente biocompatibile, il che la rende un buon candidato per questo tipo di applicazioni. I dispositivi in Ti6Al4V devono però essere rimossi al termine del ripristino osseo, rendendo quindi necessario un secondo intervento chirurgico. Recentemente la ricerca in ambito ortopedico è indirizzata verso l’utilizzo di metalli biodegradabili, di cui magnesio rappresenta uno dei principali esponenti, per la realizzazione dei sistemi di fissaggio. Il magnesio e le sue leghe, infatti, presentano proprietà meccaniche più affini a quelle dell’osso rispetto al titanio, ed al contempo sono spontaneamente soggette, quando poste all’interno del corpo umano, ad un rapido processo degradativo, il quale ne consente l’eliminazione da parte dell’organismo tramite i già esistenti meccanismi metabolici di regolazione dello ione Mg. Tuttavia, la velocità di corrosione del magnesio è, in molti casi, superiore alla velocità di riparazione ossea: ne consegue che i dispositivi realizzati a partire da esso perderebbero la propria azione di supporto meccanico ancor prima che l’osso sia riuscito a ripristinare completamente le proprie funzioni. Per far fronte a questo problema vengono utilizzate tecniche di rivestimento superficiale atte al rallentamento della corrosione. Tra queste l’ossidazione elettrolitica al plasma (Plasma Electrolytic Oxidation, PEO) è una tecnica elettrochimica che permette la realizzazione di un rivestimento spesso, duro e compatto di ossido metallico, attraverso l’utilizzo di un set-up sperimentale semplice. Durante il processo PEO sono diversi i parametri in grado di influenzare la crescita e le proprietà del rivestimento che si viene a creare, tra questi si ritrovano il materiale del substrato, la composizione della soluzione elettrolitica utilizzata come mezzo conduttivo, il tempo di applicazione, il valore di tensione e il tipo di corrente (AC o DC). L’obiettivo principale di questo lavoro sperimentale è lo studio dell’influenza della composizione della soluzione elettrolitica sulle proprietà finali del rivestimento, in particolare sulla sua capacità di rallentarne la corrosione. Sono state quindi condotte tre fasi successive, in ognuna delle quali è stato indagato il comportamento di diversi composti aggiunti in soluzione. Nella prima fase è stato valutato l’effetto di elettroliti contenenti diverse tipologie di fosfati, la seconda fase ha centrato la propria attenzione sui carbonati e su diversi composti contenenti calcio, mentre la terza fase ha indagato l’effetto apportato da alcuni agenti dopanti. I campioni realizzati sono stati caratterizzati sfruttando diverse tecniche di indagine; in particolare, è stato misurato lo spessore del rivestimento ottenuto sia mediante il metodo delle correnti parassite che mediante la sezione metallografica, mentre sono state verificate la distribuzione e dimensione delle porosità superficiali tramite SEM. Attraverso l’analisi EDS è stato possibile valutare la composizione chimica dei coating realizzati, su cui è stata condotta anche un’analisi XRD. Accanto a queste indagini sono state svolte anche prove di resistenza alla corrosione, in soluzione SBF, mediante test di polarizzazione potenziodinamica. Le indagini svolte hanno mostrato come, tra i diversi gruppi fosfato esplorati, i rivestimenti ottenuti impiegando sodio esametafosfato siano quelli che presentano il maggior spessore, la maggiore internalizzazione di fosforo, ma anche una morfologia superficiale caratterizzata da pori con un diametro medio ed un’area % totale tra i più alti misurati. Inoltre questi rivestimenti sono quelli che mostrano la migliore resistenza alla corrosione. Si ipotizza quindi che la quantità di fosforo presente nel rivestimento, unita allo spessore dello stesso siano le variabili da cui dipende maggiormente la velocità di corrosione che sembra essere meno influenzata dalla presenza di pori. La seconda fase si è conclusa individuando nel campione contenente la minima concentrazione esplorata di idrossido di calcio la migliore resistenza alla corrosione. Anche in questo caso il rivestimento selezionato è stato quello con lo spessore maggiore e la più alta porosità misurata, associata al maggiore diametro medio dei pori. Osservando la composizione del rivestimento si può notare che l’aumento della concentrazione di idrossido di calcio aggiunta alla soluzione elettrolitica corrisponde ad un aumento dell’internalizzazione dell’elemento calcio. Durante la terza fase sono invece stati realizzati rivestimenti a partire da soluzioni contenenti sodio esametafosfato e tre diversi agenti dopanti, con l’eventuale aggiunta di idrossido di calcio. I risultati ottenuti hanno evidenziato come l’introduzione di calcio determini una riduzione dello spessore dei rivestimenti ed apporti modifiche anche alla morfologia superficiale, riducendo sia il diametro medio dei pori che la porosità. La composizione dei rivestimenti mostra inoltre come l’aggiunta di calcio comporti una riduzione nell’internalizzazione dell’agente dopante. Le prove di polarizzazione potenziodinamica hanno permesso di identificare nei coating realizzati con l’aggiunta del solo fluoruro di potassio quelli con il miglior comportamento a corrosione raggiunto nel presente lavoro. Anche in questo caso è stata osservata una buona affinità tra il fosfato e gli agenti dopanti introdotti, mentre il calcio sembra inibire l’effetto di questi ultimi.

Il ruolo della soluzione elettrolitica nell'applicazione della tecnica PEO

Uboldi, Giulia
2022/2023

Abstract

Bone fractures can be defined as interruptions in the continuity of a bone, which usually occur as a result of trauma, but can also be a consequence of pre-existing conditions, such as osteoporosis. For such conditions, the use of bone fixation devices is nowadays common practice in all cases where damaged bone needs functional support during the healing period. Osteosynthesis devices currently used in clinical practice are made almost exclusively of the titanium alloy Ti6Al4V; this alloy, in addition to possessing excellent mechanical properties, is highly biocompatible, making it a good candidate for this type of application. However, Ti6Al4V devices have to be removed at the end of bone restoration, thus necessitating a second surgery. Recently, research in the orthopaedic field has been directed towards the use of biodegradable metals, of which magnesium is one of the main exponents, for the realisation of fixation systems. Magnesium and its alloys, in fact, have mechanical properties more akin to those of bone than titanium, and at the same time are spontaneously subject, when placed inside the human body, to a rapid degradation process, which allows them to be eliminated by the organism through the already existing metabolic mechanisms regulating the Mg ion. However, the rate of corrosion of magnesium is, in many cases, faster than the rate of bone repair: as a result, devices made from it would lose their mechanical supporting action even before the bone has fully restored its function. To deal with this problem, surface coating techniques are used to slow down corrosion. Among these, Plasma Electrolytic Oxidation (PEO) is an electrochemical technique that allows the creation of a thick, hard and compact metal oxide coating using a simple experimental set-up. During the PEO process, several parameters can influence the growth and properties of the coating that is created. These include the substrate material, the composition of the electrolyte solution used as a conductive medium, the application time, the voltage value and the type of current (AC or DC). The main aim of this experimental work is to study the influence of the composition of the electrolyte solution on the final properties of the coating, in particular its ability to slow down corrosion. Three successive phases were therefore conducted, in each of which the behaviour of different compounds added in solution was investigated. In the first phase, the effect of electrolytes containing different types of phosphates was evaluated, the second phase focused on carbonates and various calcium-containing compounds, while the third phase investigated the effect brought about by certain dopants. The manufactured samples were characterised using different investigation techniques; in particular, the thickness of the coating was measured using both the eddy current method and metallographic cross-sectioning, while the distribution and size of the surface porosities were verified using SEM. Through EDS analysis, it was possible to assess the chemical composition of the coatings obtained, on which an XRD analysis was also conducted. Alongside these investigations, corrosion resistance tests were also carried out in SBF solution by means of potentiodynamic polarisation tests. The investigations carried out showed that, among the different phosphate groups explored, the coatings obtained using sodium hexametaphosphate are those with the greatest thickness, the greatest internalisation of phosphorus, and also a surface morphology characterised by pores with an average diameter and a total % area among the highest measured. Furthermore, these coatings show the best corrosion resistance. It is therefore hypothesised that the amount of phosphorus present in the coating, together with the thickness of the coating, are the variables on which the corrosion rate is most dependent, which seems to be less influenced by the presence of pores. The second phase concluded by identifying the sample containing the lowest explored concentration of calcium hydroxide as having the best corrosion resistance. Again, the selected coating was the one with the greatest thickness and the highest measured porosity, associated with the largest average pore diameter. Looking at the composition of the coating, it can be seen that an increase in the concentration of calcium hydroxide added to the electrolyte solution corresponds to an increase in the internalisation of the calcium element. During the third phase, coatings were made from solutions containing sodium hexametaphosphate and three different doping agents, with the possible addition of calcium hydroxide. The results obtained showed that the introduction of calcium leads to a reduction in the thickness of the coatings and also brings changes to the surface morphology, reducing both the average pore diameter and porosity. The composition of the coatings also shows how the addition of calcium leads to a reduction in the internalisation of the dopant. Potentiodynamic polarisation tests identified the coatings made with the addition of potassium fluoride alone as those with the best corrosion behaviour achieved in this work. Again, a good affinity between phosphate and the doping agents introduced was observed, while calcium appears to inhibit their effect.
MOSCATELLI, MONICA
PAVARINI, MATTEO
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
5-ott-2023
2022/2023
Le fratture ossee possono essere definite come interruzioni della continuità di un osso, le quali solitamente si verificano a seguito di un trauma, ma possono anche essere conseguenza di patologie preesistenti, come ad esempio l’osteoporosi. Per tali condizioni, l’utilizzo di dispositivi per la fissazione ossea è al giorno d’oggi pratica comune in tutti i casi in cui l’osso danneggiato necessiti di un supporto funzionale durante il periodo di guarigione. I mezzi di osteosintesi attualmente utilizzati nella pratica clinica sono realizzati quasi unicamente in lega di titanio Ti6Al4V; tale lega, oltre a possedere proprietà meccaniche eccellenti, è altamente biocompatibile, il che la rende un buon candidato per questo tipo di applicazioni. I dispositivi in Ti6Al4V devono però essere rimossi al termine del ripristino osseo, rendendo quindi necessario un secondo intervento chirurgico. Recentemente la ricerca in ambito ortopedico è indirizzata verso l’utilizzo di metalli biodegradabili, di cui magnesio rappresenta uno dei principali esponenti, per la realizzazione dei sistemi di fissaggio. Il magnesio e le sue leghe, infatti, presentano proprietà meccaniche più affini a quelle dell’osso rispetto al titanio, ed al contempo sono spontaneamente soggette, quando poste all’interno del corpo umano, ad un rapido processo degradativo, il quale ne consente l’eliminazione da parte dell’organismo tramite i già esistenti meccanismi metabolici di regolazione dello ione Mg. Tuttavia, la velocità di corrosione del magnesio è, in molti casi, superiore alla velocità di riparazione ossea: ne consegue che i dispositivi realizzati a partire da esso perderebbero la propria azione di supporto meccanico ancor prima che l’osso sia riuscito a ripristinare completamente le proprie funzioni. Per far fronte a questo problema vengono utilizzate tecniche di rivestimento superficiale atte al rallentamento della corrosione. Tra queste l’ossidazione elettrolitica al plasma (Plasma Electrolytic Oxidation, PEO) è una tecnica elettrochimica che permette la realizzazione di un rivestimento spesso, duro e compatto di ossido metallico, attraverso l’utilizzo di un set-up sperimentale semplice. Durante il processo PEO sono diversi i parametri in grado di influenzare la crescita e le proprietà del rivestimento che si viene a creare, tra questi si ritrovano il materiale del substrato, la composizione della soluzione elettrolitica utilizzata come mezzo conduttivo, il tempo di applicazione, il valore di tensione e il tipo di corrente (AC o DC). L’obiettivo principale di questo lavoro sperimentale è lo studio dell’influenza della composizione della soluzione elettrolitica sulle proprietà finali del rivestimento, in particolare sulla sua capacità di rallentarne la corrosione. Sono state quindi condotte tre fasi successive, in ognuna delle quali è stato indagato il comportamento di diversi composti aggiunti in soluzione. Nella prima fase è stato valutato l’effetto di elettroliti contenenti diverse tipologie di fosfati, la seconda fase ha centrato la propria attenzione sui carbonati e su diversi composti contenenti calcio, mentre la terza fase ha indagato l’effetto apportato da alcuni agenti dopanti. I campioni realizzati sono stati caratterizzati sfruttando diverse tecniche di indagine; in particolare, è stato misurato lo spessore del rivestimento ottenuto sia mediante il metodo delle correnti parassite che mediante la sezione metallografica, mentre sono state verificate la distribuzione e dimensione delle porosità superficiali tramite SEM. Attraverso l’analisi EDS è stato possibile valutare la composizione chimica dei coating realizzati, su cui è stata condotta anche un’analisi XRD. Accanto a queste indagini sono state svolte anche prove di resistenza alla corrosione, in soluzione SBF, mediante test di polarizzazione potenziodinamica. Le indagini svolte hanno mostrato come, tra i diversi gruppi fosfato esplorati, i rivestimenti ottenuti impiegando sodio esametafosfato siano quelli che presentano il maggior spessore, la maggiore internalizzazione di fosforo, ma anche una morfologia superficiale caratterizzata da pori con un diametro medio ed un’area % totale tra i più alti misurati. Inoltre questi rivestimenti sono quelli che mostrano la migliore resistenza alla corrosione. Si ipotizza quindi che la quantità di fosforo presente nel rivestimento, unita allo spessore dello stesso siano le variabili da cui dipende maggiormente la velocità di corrosione che sembra essere meno influenzata dalla presenza di pori. La seconda fase si è conclusa individuando nel campione contenente la minima concentrazione esplorata di idrossido di calcio la migliore resistenza alla corrosione. Anche in questo caso il rivestimento selezionato è stato quello con lo spessore maggiore e la più alta porosità misurata, associata al maggiore diametro medio dei pori. Osservando la composizione del rivestimento si può notare che l’aumento della concentrazione di idrossido di calcio aggiunta alla soluzione elettrolitica corrisponde ad un aumento dell’internalizzazione dell’elemento calcio. Durante la terza fase sono invece stati realizzati rivestimenti a partire da soluzioni contenenti sodio esametafosfato e tre diversi agenti dopanti, con l’eventuale aggiunta di idrossido di calcio. I risultati ottenuti hanno evidenziato come l’introduzione di calcio determini una riduzione dello spessore dei rivestimenti ed apporti modifiche anche alla morfologia superficiale, riducendo sia il diametro medio dei pori che la porosità. La composizione dei rivestimenti mostra inoltre come l’aggiunta di calcio comporti una riduzione nell’internalizzazione dell’agente dopante. Le prove di polarizzazione potenziodinamica hanno permesso di identificare nei coating realizzati con l’aggiunta del solo fluoruro di potassio quelli con il miglior comportamento a corrosione raggiunto nel presente lavoro. Anche in questo caso è stata osservata una buona affinità tra il fosfato e gli agenti dopanti introdotti, mentre il calcio sembra inibire l’effetto di questi ultimi.
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Descrizione: Il presente lavoro sperimentale, riguardante l’applicazione della tecnica PEO per rivestire substrati in lega di magnesio AZ31, si è incentrato sull’impiego di soluzioni elettrolitiche dalla diversa composizione, con lo scopo di indagare l’influenza data dai reagenti costituenti sulle proprietà dei rivestimenti realizzati, focalizzando l’attenzione sul loro apporto alla resistenza alla corrosione dei substrati.
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