Groupify : a community oriented platform for LGBTQA+ people living in small and medium sized city in Italy

In line with what to date are called queer geography studies, which are concerned both with analyzing the role of sexuality in the ways in which spaces are constructed, imagined, and experienced and at the same time attempts to explain what is the role of space in the development and construction of sexual identities (Gorman-Murray & McKinnon, 2015, p. 759), this research is aimed at analyzing the relationship between LGBTQA+ people and what are the new community spaces, virtual and real, in the particularity of the Italian territory. In the procession of this research, is highlighted in the first place the urgency of a more pronounced focus on the analysis of medium-sized contexts (250,000 < inhabitants < 20,000) and, to a slightly lesser extent, small-sized contexts (inhabitants < 20,000), and at the same time attention is drawn to the existence of a migratory process (Annes & Redlin, 2012) that sees a large number of LGBTQ+ individuals moving from these contexts to large metropolitan cities such as Milan or Rome. In order to find a justification and thus an explanation for this exodus to the metropolises, within this study a questionnaire was proposed to a sample of about 300 LGBTQ+ people, thanks to which it was on the one hand confirmed this migratory process and on the other hand it was possible to identify a reason, recognizable in the scarcity of a sense of community characterising small and medium-sized contexts. This lack can be attributed to several factors, that also emerged within the survey distributed to the sample of users, which are mainly identified in the lack of places designed for socialization and secondarily in the scarcity of connection opportunities offered within the contexts themselves. Fundamental role in the emerging of this "social loneliness" has been assumed by location-tracking applications, which, while on the one hand have enabled a re-spatialization of queer places, opening them up to all the space available in the city (both in large cities and, albeit with some difficulties, in medium- and small-sized ones), on the other hand have led to an exponential acceleration in the spread of the "hook-up culture" (Wade, 2017). This culture is characterized by a significant tendency to finalize encounters, in the specifics of this research encounters between LGBTQ+ people, to the single pursuit of the sexual act as an end in itself. The spread of the hook up culture has led to the development of two parallel phenomena that form the pillars on which the design solution developed at the conclusion of this research is based: the deprivatization of private spaces and the tendency of dating applications to also identify themselves as "non-sexual networking". With regard to the first, we can say that the progressive intensification of sexual encounters (which mostly take place in domestic spaces) has increased the degree of permeability of the home, private place par excellence, making it a space suitable for "stranger intimacy" relationships, thus opening it up to an eventually public direction, where it is possibly possible to give rise to actions with community intents. Regarding the second, on the other hand, it must be said that the rampant tendency to seek casual encounters for sexual purposes has led all those individuals who are not interested in sex to reinvent the use of dating applications and to exploit them in a completely new way, causing their use to veer toward the creation of community relationships of various genre: from finding a partner to go to the gym with to finding a city guide when moving to a new city. The combination of these two processes has opened up a giant window, both in terms of the value and potential of dating apps, but more generally of digital space, as a place in which to allow a community that has no space to germinate to do so, and in terms of the use of domestic space as a tool-bridge between digital environment and the colonization of physical space. From these assumptions Groupify is developed, a service that, relying on a digital platform, aims to create fertile ground for the development of a solid LGBTQA+ community, first in a digital space and later also in a physical space, keeping small and medium-sized realities as its target.

In linea con quelli che ad oggi vengono definiti studi di geografia queer, che si occupano di analizzare il ruolo della sessualità nelle modalità con cui gli spazi vengono costruiti, immaginati ed esperiti ed al contempo tentano di spiegare quale sia il ruolo dello spazio nello sviluppo e nella costruzione delle identità sessuali (Gorman-Murray & McKinnon, 2015, p. 759) questa ricerca si occupa di analizzare il rapporto tra le persone LGBTQA+ e quelli che sono i nuovi spazi comunitari, virtuali e reali nella particolarità del territorio Italiano. Nella processazione di questa ricerca viene evidenziata in primo luogo l'urgenza di una più spiccata attenzione per l'analisi dei contesti di medie dimensioni (250.000 < abitanti < 20.000) e, in misura leggermente minore, dei contesti di dimensioni piccole (abitanti < 20.000) e secondariamente si pone l'attenzione sull'esistenza di un processo migratorio (Annes & Redlin, 2012), che vede un grande numero di soggetti LGBTQ+ muoversi da questi contesti verso le grandi città metropolitane come Milano o Roma. Al fine di trovare una giustificazione e quindi una spiegazione a questo esodo verso le metropoli, all'interno di questo studio è stato proposto un questionario ad un campione di circa 300 utenti LGBTQ+, tramite il quale è stato da un lato confermata l'esistenza di questo processo migratorio e dall'altro è stato possibile identificare un movente, riconoscibile nella scarsità di un senso di comunità a caratterizzare i contesti di piccole e medie dimensioni. Tale mancanza è attribuibile a diversi fattori, anch'essi emersi all'interno del sondaggio distribuito al campione di utenti, che principalmente si identificano nella mancanza di luoghi preposti alla socializzazione e secondariamente anche alla scarsità di opportunità di connessione offerte all'interno dei contesti stessi. Ruolo fondamentale nell'emergere di questa percezione di "solitudine sociale" è stato assunto dalle applicazioni a tracciamento di posizione che, se da un lato hanno consentito una rispazializzazione dei luoghi queer, aprendo gli stessi a tutto lo spazio cittadino disponibile (sia nelle grandi città che, anche se con alcune difficoltà, in quelle di medie e piccole dimensioni), dall'altro hanno portato ad una accelerazione esponenziale della diffusione della "hook up culture" (Wade, 2017). Tale cultura si caratterizza per una significativa tendenza a finalizzare gli incontri, nello specifico di questa tesi gli incontri tra persone LGBTQ+, alla singola ricerca dell'atto sessuale fine a se stesso. La diffusione della hook up culture ha portato allo sviluppo di due fenomeni tra di loro paralleli che costituiscono i pilastri su cui si fonda la soluzione progettuale sviluppata a conclusione di questa ricerca: la deprivatizzazione degli spazi privati da una parte e la tendenza delle applicazioni di incontri ad identificarsi anche come "non sexual networking dall'altra". In merito alla prima possiamo dire che il progressivo intensificarsi degli incontri sessuali (che hanno per la maggior parte luogo in spazi domestici) ha, infatti, aumentato il grado di permeabilità della casa, luogo privato per eccellenza, rendendo la stessa uno spazio adatto alle relazioni di "stranger intimacy" ed aprendola quindi verso una direzione a tratti pubblica, dove è eventualmente possibile dare adito ad azioni con intenti comunitari e/o conoscitivi. In merito alla seconda, invece, va detto che la dilagante tendenza a ricercare incontri casuali a fini sessuali ha portato tutti quei soggetti che non sono interessati al sesso a reinventare l'utilizzo delle applicazioni di incontri ed a sfruttare le stesse in una chiave completamente nuova, facendone virare l'utilizzo verso la creazione di rapporti comunitari di vario genere: dalla ricerca di un partner con cui andare in palestra alla ricerca di una guida cittadina quando ci si sposta in una nuova città. L'insieme di questi due processi ha aperto un gigantesco spiraglio, sia per quanto riguardo il valore ed il potenziale delle applicazioni, ma più in generale dello spazio digitale, come luogo in cui consentire ad una comunità che non ha spazi propri per germogliare di farlo, sia per quanto riguarda l'utilizzo dello spazio domestico come luogo - filtro o luogo - ponte che si identifica come strumento transitorio tra l'approccio allo spazio digitale e la colonizzazione dello spazio fisico. Da questi presupposti si sviluppa Groupify, un servizio che, appoggiandosi ad una piattaforma digitale, ha lo scopo di creare terreno fertile per lo sviluppo di una comunità LGBTQA+ solida, prima in uno spazio digitale e successivamente, attraverso un percorso graduale, anche in uno spazio fisico, mantenendo come target le realtà di piccole e medie dimensioni.