Our modern relationship with nature has been heavily influenced by Western ideology, particularly the division between nature and culture rooted in interpretations of Christian religion (Berque, 1999) and ideas from the Western colonial school of thought. However, these “recieved notions” are non aplicaple and problamatic today (Nelson,1996). They have historically justified our tendency to control nature and manipulate natural processes for our own benefit, leading to environmental changes that have rendered pristine wilderness almost non-existent. The wilderness of a post-anthropocentric era therefore, shall be defined according to a different understanding of human and nature relationship. This ideology suggests that “Untrammeled” wilderness (Zahniser, 1964), characterized by “not being subjected to human controls and manipulations that hamper the free play of natural forces,”(Kaye,2019) holds intrinsic value. This value lies in its role as a refuge area for biodiversity when “everywhere else, diversity is driven out” (Gilles Clément, 2004) and the fact that it is going through the evolutionary and natural processes which result in resilience and change (Nelson,1996). Acknowledging the absence of human control as a defining feature of the “Post-anthropocentric Wilderness,” and drawing from various readings and observations of nature in densely populated areas (“Terrain Vague” (Solà-Morales, 1996), “Third Landscape” (Gilles Clément, 2004), “Railway Flora” (Ernesto Schick, 1980), “Urban Wildscapes” (Jorgensen, Baines, 2012), and others), it becomes apparent that many places within our cities can be considered “Wild.” These areas often emerge where human activities have ceased, characterized by abandonment, dereliction, and decay. Places which are “external to city’s everyday use, un-inhabited, un-safe, un-productive and foreign to the urban system”(Solà-Morales, 1996). Where “juxtaposition of historical layers”(Woodward,2012) can be observed. Despite their presence, such phenomena within our cities often go unnoticed and underappreciated by residents. This thesis endeavors to establish a framework for identifying such instances within our cities and proposes strategies to accommodate and protect these areas while creating opportunities for people to notice, observe, and experience “Wilderness,” with the hope of fostering a greater appreciation for it.

La nostra relazione moderna con la natura è stata fortemente influenzata dall’ideologia occidentale, in particolare dalla divisione tra natura e cultura radicata nelle interpretazioni della religione cristiana (Berque, 1999) e dalle idee della scuola di pensiero coloniale occidentale. Tuttavia, queste “nozioni ricevute” non sono applicabili e problematiche oggi (Nelson, 1996). Storicamente hanno giustificato la nostra tendenza a controllare la natura e manipolare i processi naturali a nostro vantaggio, portando a cambiamenti ambientali che hanno reso la natura selvaggia intatta quasi inesistente. Il deserto di un’era post-antropocentrica deve quindi essere definito secondo una diversa comprensione della relazione tra uomo e natura. Questa ideologia suggerisce che la natura “Indomita” (Zahniser, 1964), caratterizzata dal “non essere sottoposta a controlli e manipolazioni umane che ostacolano il libero gioco delle forze naturali” (Kaye, 2019), ha un valore intrinseco. Questo valore risiede nel suo ruolo come area di rifugio per la biodiversità quando “ovunque altrove, la diversità viene eliminata” (Gilles Clément, 2004) e nel fatto che sta attraversando processi evolutivi e naturali che portano a resilienza e cambiamento (Nelson, 1996). Riconoscendo l’assenza di controllo umano come caratteristica definente del “Deserto Post-antropocentrico” e attingendo da varie letture e osservazioni della natura in aree densamente popolate (“Terrain Vague” (Solà-Morales, 1996), “Terzo Paesaggio” (Gilles Clément, 2004), “Flora Ferroviaria” (Ernesto Schick, 1980), “Paesaggi Selvaggi Urbani” (Jorgensen, Baines, 2012), e altri), diventa evidente che molte località all’interno delle nostre città possono essere considerate “Selvagge”. Queste aree emergono spesso dove le attività umane sono cessate, caratterizzate dall’abbandono, dallo stato di abbandono e dal decadimento. Luoghi che sono “esterni all’uso quotidiano della città, inabitati, non sicuri, non produttivi e estranei al sistema urbano” (Solà-Morales, 1996). Dove si può osservare la “giustapposizione di strati storici” (Woodward, 2012). Nonostante la loro presenza, tali fenomeni all’interno delle nostre città spesso passano inosservati e poco apprezzati dai residenti. Questo lavoro di tesi si propone di stabilire un quadro per identificare tali casi all’interno delle nostre città e propone strategie per ospitare e proteggere queste aree, creando nel contempo opportunità per le persone di notare, osservare ed esperire la “Natura Selvaggia”, con la speranza di promuoverne una maggiore valorizzazione.

Out of control: towards a post-anthropocentric wilderness

ROOHI, AMIRALI
2022/2023

Abstract

Our modern relationship with nature has been heavily influenced by Western ideology, particularly the division between nature and culture rooted in interpretations of Christian religion (Berque, 1999) and ideas from the Western colonial school of thought. However, these “recieved notions” are non aplicaple and problamatic today (Nelson,1996). They have historically justified our tendency to control nature and manipulate natural processes for our own benefit, leading to environmental changes that have rendered pristine wilderness almost non-existent. The wilderness of a post-anthropocentric era therefore, shall be defined according to a different understanding of human and nature relationship. This ideology suggests that “Untrammeled” wilderness (Zahniser, 1964), characterized by “not being subjected to human controls and manipulations that hamper the free play of natural forces,”(Kaye,2019) holds intrinsic value. This value lies in its role as a refuge area for biodiversity when “everywhere else, diversity is driven out” (Gilles Clément, 2004) and the fact that it is going through the evolutionary and natural processes which result in resilience and change (Nelson,1996). Acknowledging the absence of human control as a defining feature of the “Post-anthropocentric Wilderness,” and drawing from various readings and observations of nature in densely populated areas (“Terrain Vague” (Solà-Morales, 1996), “Third Landscape” (Gilles Clément, 2004), “Railway Flora” (Ernesto Schick, 1980), “Urban Wildscapes” (Jorgensen, Baines, 2012), and others), it becomes apparent that many places within our cities can be considered “Wild.” These areas often emerge where human activities have ceased, characterized by abandonment, dereliction, and decay. Places which are “external to city’s everyday use, un-inhabited, un-safe, un-productive and foreign to the urban system”(Solà-Morales, 1996). Where “juxtaposition of historical layers”(Woodward,2012) can be observed. Despite their presence, such phenomena within our cities often go unnoticed and underappreciated by residents. This thesis endeavors to establish a framework for identifying such instances within our cities and proposes strategies to accommodate and protect these areas while creating opportunities for people to notice, observe, and experience “Wilderness,” with the hope of fostering a greater appreciation for it.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
10-apr-2024
2022/2023
La nostra relazione moderna con la natura è stata fortemente influenzata dall’ideologia occidentale, in particolare dalla divisione tra natura e cultura radicata nelle interpretazioni della religione cristiana (Berque, 1999) e dalle idee della scuola di pensiero coloniale occidentale. Tuttavia, queste “nozioni ricevute” non sono applicabili e problematiche oggi (Nelson, 1996). Storicamente hanno giustificato la nostra tendenza a controllare la natura e manipolare i processi naturali a nostro vantaggio, portando a cambiamenti ambientali che hanno reso la natura selvaggia intatta quasi inesistente. Il deserto di un’era post-antropocentrica deve quindi essere definito secondo una diversa comprensione della relazione tra uomo e natura. Questa ideologia suggerisce che la natura “Indomita” (Zahniser, 1964), caratterizzata dal “non essere sottoposta a controlli e manipolazioni umane che ostacolano il libero gioco delle forze naturali” (Kaye, 2019), ha un valore intrinseco. Questo valore risiede nel suo ruolo come area di rifugio per la biodiversità quando “ovunque altrove, la diversità viene eliminata” (Gilles Clément, 2004) e nel fatto che sta attraversando processi evolutivi e naturali che portano a resilienza e cambiamento (Nelson, 1996). Riconoscendo l’assenza di controllo umano come caratteristica definente del “Deserto Post-antropocentrico” e attingendo da varie letture e osservazioni della natura in aree densamente popolate (“Terrain Vague” (Solà-Morales, 1996), “Terzo Paesaggio” (Gilles Clément, 2004), “Flora Ferroviaria” (Ernesto Schick, 1980), “Paesaggi Selvaggi Urbani” (Jorgensen, Baines, 2012), e altri), diventa evidente che molte località all’interno delle nostre città possono essere considerate “Selvagge”. Queste aree emergono spesso dove le attività umane sono cessate, caratterizzate dall’abbandono, dallo stato di abbandono e dal decadimento. Luoghi che sono “esterni all’uso quotidiano della città, inabitati, non sicuri, non produttivi e estranei al sistema urbano” (Solà-Morales, 1996). Dove si può osservare la “giustapposizione di strati storici” (Woodward, 2012). Nonostante la loro presenza, tali fenomeni all’interno delle nostre città spesso passano inosservati e poco apprezzati dai residenti. Questo lavoro di tesi si propone di stabilire un quadro per identificare tali casi all’interno delle nostre città e propone strategie per ospitare e proteggere queste aree, creando nel contempo opportunità per le persone di notare, osservare ed esperire la “Natura Selvaggia”, con la speranza di promuoverne una maggiore valorizzazione.
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