Alzheimer's disease (AD) is a progressive neurodegenerative disorder that leads to a gradual decline in cognitive function, increased medical care requirements, and consequently, higher healthcare costs. Early and accurate diagnosis is crucial for effective symptom management and, when possible, slowing the disease progression. Recent advancements in neuroimaging, particularly magnetic resonance imaging (MRI), have facilitated the search for reliable biomarkers of AD, with atrophy of the medial temporal lobe (MTL) being one of the most recognised. However, the current diagnostic approach underestimates the significance of vascular damage, despite growing evidence linking AD and vascular disorders such as small vessel disease (SVD). White matter hyperintensities (WMHs), a hallmark of SVD, have been shown to exhibit altered characteristics in the presence of AD and may even predict the disease from early asymptomatic stages according to recent literature studies. Nevertheless, they have not been included among the current diagnostic biomarkers of the pathology. This dissertation aims to address this gap by investigating the role of WMHs in an AD classification task using deep learning (DL). Unlike machine learning, this approach (i.e., DL) allows for the automatic extraction of complex WMH features, besides the commonly studied WMH volume. To understand the specific contribution of these features to AD diagnosis, we employed explainable artificial intelligence (XAI) techniques that unravel information about the algorithm's decision-making process through subject-specific heatmaps. The rationale was to train convolutional neural networks (CNN) to classify AD based on MRI anatomy, without providing explicit information about WMHs, and then superimpose segmented WMHs onto the heatmaps to compare their relevance to that of different brain structures. To conduct this investigation, we first addressed the across-scanner variations characterising MRI data, that compromise the achievement of consistent and reliable WMH segmentation in multi-centric datasets. We focused on a harmonisation strategy designed in a former literature study for BIANCA, an automatic segmentation algorithm widely used in neuroimaging contexts. We validated the approach on datasets external to those used for its development. The results demonstrated the ability of the harmonisation strategy to reduce scanner-related variability from heterogeneous imaging datasets. The approach was evaluated on two different datasets (OASIS-3 and ADNI3) using various metrics and exhibited good segmentation performance and the ability to yield consistent WMH masks. After focusing on these aspects, we used multi-centric datasets (OASIS-3 and ADNI3) to evaluate the role of WMHs in an AD classification task. Two analyses were carried out, using either 2D or 3D MRI data. The results were consistent in both, despite the use of different DL models (EfficientNet-B0 and ResNet18) and XAI approaches (occlusion sensitivity and Grad-CAM) and revealed that lesioned areas had higher relevance compared to brain regions of the MTL, that are well-established AD biomarkers. A parallel study explored the feasibility in a future of enhancing the quality of WMH segmentation by incorporating quantitative susceptibility mapping (QSM), a modality sensitive to various brain metabolites, including iron, calcium, and myelin. Since this modality was not available in the above-mentioned databases, two pilot studies were performed. In the former one, QSM repeatability was verified in the subcortical structures typically analysed by this modality. In the latter one, the contribution of QSM in enhancing the automatic segmentation of white matter lesions was verified in a group of 17 subjects affected by multiple sclerosis (MS). By adding this contrast to FLAIR and T1-weighted, a significant increment of the segmentation accuracy was observed, compared to the manual gold-standard. Hence, further investigation about QSM and WMH is suggested. In conclusion, this dissertation provides further evidence supporting the importance of WMHs in AD classification and their potential inclusion in the current diagnostic criteria. The validated harmonisation pipeline and the feasibility of QSM integration to improve the reliability and quality of WMH segmentation across multi-centric datasets. While future research should focus on addressing the current methodological limitations, the promising results obtained in this study pave the way for further investigation into the role of WMHs in AD.

Il morbo di Alzheimer (AD) è un disturbo neurodegenerativo che causa un graduale declino delle funzioni cognitive dei pazienti, portando ad un aumento delle loro necessità di assistenza medica e, di conseguenza, a costi sanitari più elevati. In questo contesto, una diagnosi precoce e accurata riveste un ruolo cruciale nella gestione efficace dei sintomi e, quando possibile, nel rallentamento della progressione della malattia. I recenti progressi delle tecniche di neuroimaging, in particolare della risonanza magnetica (MRI), hanno facilitato la ricerca di biomarcatore affidabili per l’AD. Tra i più riconosciuti vi è l’atrofia del lobo temporale mediale (MTL). Tuttavia, l’attuale approccio diagnostico tende a sottostimare l’importanza del danno vascolare, nonostante le crescenti evidenze scientifiche che suggeriscono una stretta correlazione tra l’AD e disturbi vascolari come la malattia dei piccoli vasi cerebrali (SVD). Le iperintensità della sostanza bianca (WMHs), un segno distintivo della SVD, hanno mostrato un’alterazione delle loro caratteristiche usuali in presenza di AD e sembrano predire la malattia nelle sue prime fasi asintomatiche, secondo recenti studi di letteratura. Ciononostante, non sono state incluse tra i biomarcatori diagnostici attualmente in uso per la patologia. La presente tesi mira a colmare questa lacuna, indagando il ruolo delle WMHs in un contesto di classificazione AD realizzato attraverso il deep learning (DL). A differenza del machine learning, questo approccio (i.e., DL) consente l’estrazione di caratteristiche complesse delle WMHs, al di là del semplice volume che è comunemente studiato. Per comprendere il contributo specifico di queste caratteristiche alla diagnosi, abbiamo quindi impiegato tecniche di intelligenza artificiale spiegabile (XAI) che forniscono preziose informazioni sul il processo decisionale dell’algoritmo attraverso delle mappe di rilevanza (i.e., heatmap) specifiche per ogni soggetto. L’obiettivo è quello di allenare reti neurali convolutive (CNN) per classificare l’AD a partire da informazioni anatomiche derivanti dall’MRI, senza fornire informazioni esplicite sulle WMHs. Successivamente, si mira a sovrapporre la segmentazione delle diverse WMHs alle heatmap ed infine a confrontare la loro rilevanza con quella di diverse strutture cerebrali. Per condurre questa indagine, abbiamo innanzitutto affrontato la variabilità dovuta all’utilizzo di diversi scanner – una problematica intrinseca nei dati MRI che compromette l’ottenimento di segmentazioni WMHs coerenti e affidabili in dataset multicentrici. Per superare questo ostacolo, ci siamo concentrati su una strategia di armonizzazione sviluppata in un precedente studio di letteratura per BIANCA, un algoritmo di segmentazione automatica ampiamente utilizzato in contesti di neuroimaging. Abbiamo validato l’approccio su dataset indipendenti da quelli utilizzati per il suo sviluppo. I risultati hanno dimostrato l’efficacia della strategia di armonizzazione nel ridurre la variabilità legata allo scanner in dataset di imaging eterogenei. L’approccio è stato valutato su due distinti dataset (OASIS-3 e ADNI3) utilizzando diverse metriche e ha evidenziato prestazioni ottimali nella segmentazione, unitamente ad una buona capacità di produrre maschere di lesioni della sostanza bianca uniformi. Dopo esserci concentrati su tali aspetti, abbiamo utilizzato dataset multicentrici (OASIS-3 e ADNI3) per valutare il ruolo delle WMHs nella classificazione di AD. Sono state effettuate due analisi, utilizzando dati MRI di tipo 2D o 3D. I risultati – coerenti in entrambi i casi, nonostante l’uso di diversi modelli DL (EfficientNet-B0 e ResNet18) e diversi approcci XAI (occlusion sensitivity e Grad-CAM) – hanno rivelato che le aree lesionate hanno una rilevanza maggiore non solo rispetto al tessuto cerebrale sano, ma anche rispetto alle regioni dell’MTL, note per essere un biomarcatore dell’AD. Uno studio parallelo ha riguardato la fattibilità in futuro di migliorare la segmentazione delle WMH integrando la modalità di quantitative susceptibility mapping (QSM), sensibile a vari metaboliti cerebrali, tra cui ferro, calcio e mielina. Non essendo disponibile questa modalità nelle basi di dati sopra menzionate, sono stati compiuti due studi pilota. Nel primo, si è verificata la ripetibilità della QSM nella valutazione delle strutture sottocorticali tipicamente analizzate con questa modalità. Nel secondo, si è verificato il contributo della QSM nel migliorare la segmentazione automatica delle lesioni della materia bianca in un gruppo di 17 soggetti affetti da sclerosi multipla (MS). Aggiungendo tale contrasto a FLAIR e T1-weighted, normalmente utilizzati, si è osservato un incremento significativo della accuratezza di segmentazione, rispetto al gold-standard manuale. Ciò suggerisce ulteriore ricerca sul potenziale della QSM anche per le lesioni WMH. In conclusione, questa tesi fornisce nuove evidenze riguardo all'importanza delle WMHs nella classificazione dell’AD, supportando il loro potenziale inserimento nei criteri diagnostici attualmente in vigore per tale patologia. Inoltre, la validazione della pipeline di armonizzazione e la fattibilità di una integrazione della QSM nei processi di segmentazione contribuiscono ad accrescere l'affidabilità e la qualità delle maschere WMH ottenute tramite BIANCA in dataset multicentrici. Sebbene ulteriori approfondimenti possano rendersi necessari per affrontare alcune limitazioni metodologiche presenti nello studio, i risultati conseguiti si dimostrano promettenti e aprono la strada a indagini future sul ruolo delle WMHs nell’AD.

Methodologies to improve the role of white matter hyperintensities as neuroimaging biomarker of Alzheimer's disease

BORDIN, VALENTINA
2023/2024

Abstract

Alzheimer's disease (AD) is a progressive neurodegenerative disorder that leads to a gradual decline in cognitive function, increased medical care requirements, and consequently, higher healthcare costs. Early and accurate diagnosis is crucial for effective symptom management and, when possible, slowing the disease progression. Recent advancements in neuroimaging, particularly magnetic resonance imaging (MRI), have facilitated the search for reliable biomarkers of AD, with atrophy of the medial temporal lobe (MTL) being one of the most recognised. However, the current diagnostic approach underestimates the significance of vascular damage, despite growing evidence linking AD and vascular disorders such as small vessel disease (SVD). White matter hyperintensities (WMHs), a hallmark of SVD, have been shown to exhibit altered characteristics in the presence of AD and may even predict the disease from early asymptomatic stages according to recent literature studies. Nevertheless, they have not been included among the current diagnostic biomarkers of the pathology. This dissertation aims to address this gap by investigating the role of WMHs in an AD classification task using deep learning (DL). Unlike machine learning, this approach (i.e., DL) allows for the automatic extraction of complex WMH features, besides the commonly studied WMH volume. To understand the specific contribution of these features to AD diagnosis, we employed explainable artificial intelligence (XAI) techniques that unravel information about the algorithm's decision-making process through subject-specific heatmaps. The rationale was to train convolutional neural networks (CNN) to classify AD based on MRI anatomy, without providing explicit information about WMHs, and then superimpose segmented WMHs onto the heatmaps to compare their relevance to that of different brain structures. To conduct this investigation, we first addressed the across-scanner variations characterising MRI data, that compromise the achievement of consistent and reliable WMH segmentation in multi-centric datasets. We focused on a harmonisation strategy designed in a former literature study for BIANCA, an automatic segmentation algorithm widely used in neuroimaging contexts. We validated the approach on datasets external to those used for its development. The results demonstrated the ability of the harmonisation strategy to reduce scanner-related variability from heterogeneous imaging datasets. The approach was evaluated on two different datasets (OASIS-3 and ADNI3) using various metrics and exhibited good segmentation performance and the ability to yield consistent WMH masks. After focusing on these aspects, we used multi-centric datasets (OASIS-3 and ADNI3) to evaluate the role of WMHs in an AD classification task. Two analyses were carried out, using either 2D or 3D MRI data. The results were consistent in both, despite the use of different DL models (EfficientNet-B0 and ResNet18) and XAI approaches (occlusion sensitivity and Grad-CAM) and revealed that lesioned areas had higher relevance compared to brain regions of the MTL, that are well-established AD biomarkers. A parallel study explored the feasibility in a future of enhancing the quality of WMH segmentation by incorporating quantitative susceptibility mapping (QSM), a modality sensitive to various brain metabolites, including iron, calcium, and myelin. Since this modality was not available in the above-mentioned databases, two pilot studies were performed. In the former one, QSM repeatability was verified in the subcortical structures typically analysed by this modality. In the latter one, the contribution of QSM in enhancing the automatic segmentation of white matter lesions was verified in a group of 17 subjects affected by multiple sclerosis (MS). By adding this contrast to FLAIR and T1-weighted, a significant increment of the segmentation accuracy was observed, compared to the manual gold-standard. Hence, further investigation about QSM and WMH is suggested. In conclusion, this dissertation provides further evidence supporting the importance of WMHs in AD classification and their potential inclusion in the current diagnostic criteria. The validated harmonisation pipeline and the feasibility of QSM integration to improve the reliability and quality of WMH segmentation across multi-centric datasets. While future research should focus on addressing the current methodological limitations, the promising results obtained in this study pave the way for further investigation into the role of WMHs in AD.
DUBINI, GABRIELE ANGELO
BIANCHI, ANNA MARIA MADDALENA
25-ott-2024
Methodologies to improve the role of white matter hyperintensities as neuroimaging biomarker of Alzheimer's disease
Il morbo di Alzheimer (AD) è un disturbo neurodegenerativo che causa un graduale declino delle funzioni cognitive dei pazienti, portando ad un aumento delle loro necessità di assistenza medica e, di conseguenza, a costi sanitari più elevati. In questo contesto, una diagnosi precoce e accurata riveste un ruolo cruciale nella gestione efficace dei sintomi e, quando possibile, nel rallentamento della progressione della malattia. I recenti progressi delle tecniche di neuroimaging, in particolare della risonanza magnetica (MRI), hanno facilitato la ricerca di biomarcatore affidabili per l’AD. Tra i più riconosciuti vi è l’atrofia del lobo temporale mediale (MTL). Tuttavia, l’attuale approccio diagnostico tende a sottostimare l’importanza del danno vascolare, nonostante le crescenti evidenze scientifiche che suggeriscono una stretta correlazione tra l’AD e disturbi vascolari come la malattia dei piccoli vasi cerebrali (SVD). Le iperintensità della sostanza bianca (WMHs), un segno distintivo della SVD, hanno mostrato un’alterazione delle loro caratteristiche usuali in presenza di AD e sembrano predire la malattia nelle sue prime fasi asintomatiche, secondo recenti studi di letteratura. Ciononostante, non sono state incluse tra i biomarcatori diagnostici attualmente in uso per la patologia. La presente tesi mira a colmare questa lacuna, indagando il ruolo delle WMHs in un contesto di classificazione AD realizzato attraverso il deep learning (DL). A differenza del machine learning, questo approccio (i.e., DL) consente l’estrazione di caratteristiche complesse delle WMHs, al di là del semplice volume che è comunemente studiato. Per comprendere il contributo specifico di queste caratteristiche alla diagnosi, abbiamo quindi impiegato tecniche di intelligenza artificiale spiegabile (XAI) che forniscono preziose informazioni sul il processo decisionale dell’algoritmo attraverso delle mappe di rilevanza (i.e., heatmap) specifiche per ogni soggetto. L’obiettivo è quello di allenare reti neurali convolutive (CNN) per classificare l’AD a partire da informazioni anatomiche derivanti dall’MRI, senza fornire informazioni esplicite sulle WMHs. Successivamente, si mira a sovrapporre la segmentazione delle diverse WMHs alle heatmap ed infine a confrontare la loro rilevanza con quella di diverse strutture cerebrali. Per condurre questa indagine, abbiamo innanzitutto affrontato la variabilità dovuta all’utilizzo di diversi scanner – una problematica intrinseca nei dati MRI che compromette l’ottenimento di segmentazioni WMHs coerenti e affidabili in dataset multicentrici. Per superare questo ostacolo, ci siamo concentrati su una strategia di armonizzazione sviluppata in un precedente studio di letteratura per BIANCA, un algoritmo di segmentazione automatica ampiamente utilizzato in contesti di neuroimaging. Abbiamo validato l’approccio su dataset indipendenti da quelli utilizzati per il suo sviluppo. I risultati hanno dimostrato l’efficacia della strategia di armonizzazione nel ridurre la variabilità legata allo scanner in dataset di imaging eterogenei. L’approccio è stato valutato su due distinti dataset (OASIS-3 e ADNI3) utilizzando diverse metriche e ha evidenziato prestazioni ottimali nella segmentazione, unitamente ad una buona capacità di produrre maschere di lesioni della sostanza bianca uniformi. Dopo esserci concentrati su tali aspetti, abbiamo utilizzato dataset multicentrici (OASIS-3 e ADNI3) per valutare il ruolo delle WMHs nella classificazione di AD. Sono state effettuate due analisi, utilizzando dati MRI di tipo 2D o 3D. I risultati – coerenti in entrambi i casi, nonostante l’uso di diversi modelli DL (EfficientNet-B0 e ResNet18) e diversi approcci XAI (occlusion sensitivity e Grad-CAM) – hanno rivelato che le aree lesionate hanno una rilevanza maggiore non solo rispetto al tessuto cerebrale sano, ma anche rispetto alle regioni dell’MTL, note per essere un biomarcatore dell’AD. Uno studio parallelo ha riguardato la fattibilità in futuro di migliorare la segmentazione delle WMH integrando la modalità di quantitative susceptibility mapping (QSM), sensibile a vari metaboliti cerebrali, tra cui ferro, calcio e mielina. Non essendo disponibile questa modalità nelle basi di dati sopra menzionate, sono stati compiuti due studi pilota. Nel primo, si è verificata la ripetibilità della QSM nella valutazione delle strutture sottocorticali tipicamente analizzate con questa modalità. Nel secondo, si è verificato il contributo della QSM nel migliorare la segmentazione automatica delle lesioni della materia bianca in un gruppo di 17 soggetti affetti da sclerosi multipla (MS). Aggiungendo tale contrasto a FLAIR e T1-weighted, normalmente utilizzati, si è osservato un incremento significativo della accuratezza di segmentazione, rispetto al gold-standard manuale. Ciò suggerisce ulteriore ricerca sul potenziale della QSM anche per le lesioni WMH. In conclusione, questa tesi fornisce nuove evidenze riguardo all'importanza delle WMHs nella classificazione dell’AD, supportando il loro potenziale inserimento nei criteri diagnostici attualmente in vigore per tale patologia. Inoltre, la validazione della pipeline di armonizzazione e la fattibilità di una integrazione della QSM nei processi di segmentazione contribuiscono ad accrescere l'affidabilità e la qualità delle maschere WMH ottenute tramite BIANCA in dataset multicentrici. Sebbene ulteriori approfondimenti possano rendersi necessari per affrontare alcune limitazioni metodologiche presenti nello studio, i risultati conseguiti si dimostrano promettenti e aprono la strada a indagini future sul ruolo delle WMHs nell’AD.
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