Il mondo decostruttivista di Yohji Yamamoto a Villa Adriana: fashion for heritage

This thesis aims to explore the role of architecture as an intermediary in the complex dialogue between archaeological cultural heritage and the world of fashion, seeking to connect these two fields in a shared narrative aimed at mutual enhancement. Within this perspective, focused on presenting an exhibition project at the Villa Adriana , the Villa becomes a lens through which to examine the relationship between antiquity and modernity. This innovative approach traverses fashion, psychoanalysis, and philosophy. Starting with a reflection on the architect’s role in reinterpreting the past, it investigates how ancient remnants can interact with the present, becoming a vital heritage in creative dialogue with contemporary times, positioning the designer at the crossroads of creative antitheses: visible and invisible, true and false, fragment and whole. In an effort to develop a tool for design investigation, the analysis is grounded in the philosophical thought of Kierkegaard and the psychoanalytic reflections of Freud, Winnicott, and Gaddini, focusing on the interpretation of the concept of Anguish, seen as a catalyst for artistic creation. Thus, design becomes an act of exploration and acceptance of uncertainty, within a context like Villa Adriana that bears witness to history and meaning. In the complex solidity of the Villa, the deconstructivist aesthetic of Yamamoto finds a fitting resonance, celebrating the "welcoming imperfection" of the human body, expressed through unfinished fabrics that emphasize scars, distortions, and tears. The use of black as a non-color or "color of shadows" is one of the distinctive elements of Yamamoto’s garments, in his attempt to represent “knowledge, language, art, love, time, and death” through his creations. The union between ancient and modern becomes the foundation for an event that invites the public to reconsider the very idea of beauty: a beauty that, like the ruins of Villa Adriana, resides in imperfection and time.

La presente tesi si propone di esplorare il ruolo dell’architettura come intermediario nel complesso dialogo tra patrimonio culturale archeologico e mondo della Moda, capace di legare i due ambiti in un racconto comune mirato alla reciproca valorizzazione. In questa lettura, finalizzata alla presentazione di un progetto di allestimento presso il sito di Villa Adriana, la Villa diventa una lente per esaminare la relazione tra antichità e contemporaneità, attraverso uno sguardo innovativo che spazia tra moda, psicoanalisi e filosofia. Partendo dalla riflessione del ruolo dell’architetto nella reinterpretazione del passato, si indaga come antiche vestigia possano dialogare con il presente, divenendo vitale patrimonio in creativa dialettica con il contemporaneo, ponendo il progettista dinnanzi a creative antitesi: visibile e invisibile, vero e falso, frammento e intero. Nell’intento di individuare uno strumento di indagine progettuale, l’analisi si è incentrata, partendo dal pensiero filosofico di Kierkegaard e dalle riflessioni psicoanalitiche di Freud, Winnicott e Gaddini, sull’interpretazione del concetto di Angoscia, letto come promotore della creazione artistica. La progettazione diviene così un atto di esplorazione e di accettazione dell’incertezza, in uno scenario altrimenti testimone di storia e significato come Villa Adriana. È nella complessa solidità della Villa che sembra trovare appropriata sintonia l’estetica decostruttivista di Yamamoto che, celebrando l'“imperfezione accogliente” del corpo umano, trova espressione in tessuti incompiuti che enfatizzano cicatrici, distorsioni e strappi. L’uso del nero quale non-colore o “colore delle ombre” costituisce uno degli elementi distintivi degli abiti di Yamamoto nel suo tentativo di rappresentare attraverso le sue creazioni “la conoscenza, il linguaggio, l’arte, l’amore, il tempo e la morte". Il connubio tra antico e moderno diventa la base per un evento che invita il pubblico a ripensare l’idea stessa di bellezza: una bellezza che, come nelle rovine di Villa Adriana, risiede nell’imperfezione e nel tempo.