Cardiovascular diseases (CVD) are one of the main causes of death and disability worldwide, since they include different disorders affecting the cardiac muscle and the vascular system, which is responsible of supplying vital organs. There are lots of risk factors for CVD, such as the tobacco use, high blood pressure, high blood glucose, obesity, age, gender, ethnicity and physical inactivity; even if some of them cannot be changed, most of the risk is related to lifestyle and so it’s possible to prevent such diseases. The most common cardiovascular diseases include coronary artery disease, aortic disease, cerebrovascular disease and peripheral artery disease. There are numerous treatments available, including organ transplantation, surgical reconstruction, mechanical or synthetic devices, and the administration of metabolic products. Although often an effective solution, these options present a series of limitations that reduce their long-term applicability. Among the main challenges there is the use of synthetic materials, which, lacking the same biocompatibility as natural tissues, can lead to potential inflammatory reactions, resulting in rejection or thrombus formation. Furthermore, the lifespan of the implants is limited; they often need to be replaced through a second surgical procedure, increasing risks and stress for the patient, as well as raising costs and complicating disease management. The new field of tissue engineering is becoming more and more interesting in repairing tissues and also maintaining, improving and restoring tissue functions. Thanks to tissue engineering it’s possible to overcome many limitations deriving from the conventional treatments, starting for example from the possibility to use cells from the same patient, reducing the risk of rejection and allowing a customized solution. Engineered vessels also integrate more effectively with the cardiovascular system, enabling a more natural reconstruction of blood vessels. This leads to a reduction in thrombus formation and an optimization of the recovery phase, thanks to the presence of growth factors and cellular matrices that support regenerative processes. However, there are still many challenges in this field: for example, it’s essential to improve the biocompatibility and the mechanical properties, but also to have a better control of cell adhesion and behaviour, and finally to better understand the interactions between cells and ECM and the mechanisms of vascular wound healing. Indeed, the field of 3D bioprinting aims to print stable 3D structures similar to the native ones, allowing cell viability and proliferation. Compared to traditional tissue engineering, 3D bioprinting offers greater precision and flexibility in creating tissue structures. It allows for the deposition of layers of cells, biomaterials, or growth factors in precise and customized configurations, enabling the production of structures that closely mimic natural tissues, without the need for a scaffold. Nowadays the trend has been based on the combination between decellularization and 3D bioprinting, adding decellularized extracellular matrix (dECM) to the biomaterial to be printed. The advantage of using dECM consists in the possibility to mediate important processes involved in cell growth, migration and proliferation. Since the 3D bioprinting of blood vessels is still a challenge, this Master’s Thesis project aims to move forward to the creation of 3D bioprinted vessels able to maintain their shape during and after the printing process. To fulfil such objective, this thesis focuses on studying and then choosing the best printing approach to print vessels from a bioink made of alginate, gelatine and dECM. The first approach was based on the vertical printing, which did not hit the target, reason why the mandrel-based printing approach was tried, obtaining better results. The printed vessels were able to maintain their shape after the printing process, enabling also an external crosslinking with a 1% CaCl2 solution. The promising results obtained with this printing approach allowed to move from the 3D bioprinting of large caliber vessels of dimensions like the aorta, to small caliber vessels with a diameter equal to 6 mm, thanks to a smaller mandrel. The bioprinted vessels were then tested to study their properties, in particular their evaluation was based on their behaviour in aqueous environment, their ability to maintain the shape and their degradation over different time points. The other tests performed were filament tests, like the filament drop test, the filament collapse test and filament fusion test, and then also swelling tests and rheological tests. These analyses allowed to understand and ensure that the vessels printed with the mandrel-based approach had features similar to the native blood vessels.

Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano una delle principali cause di morte e disabilità a livello mondiale, poiché comprendono diversi disturbi che colpiscono il muscolo cardiaco e il sistema vascolare, responsabile dell’apporto di sangue agli organi vitali. Esistono numerosi fattori di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD), come il consumo di tabacco, l’ipertensione, l’iperglicemia, l’obesità, l’età, il genere, l’etnia e l’inattività fisica; anche se alcuni di essi non possono essere modificati, la maggior parte del rischio è legata allo stile di vita ed è quindi possibile prevenire tali patologie. Le malattie cardiovascolari più comuni includono la cardiopatia coronarica, le patologie dell’aorta, le malattie cerebrovascolari e le arteriopatie periferiche. Esistono molteplici trattamenti disponibili, tra cui il trapianto di organi, la ricostruzione chirurgica, l’utilizzo di dispositivi meccanici o sintetici e la somministrazione di prodotti metabolici; pur essendo spesso una soluzione efficacie, presentano una serie di limiti che ne riducono l’applicabilità a lungo termine. Tra le principali problematiche vi è l’utilizzo di materiali sintetici che, non avendo la stessa biocompatibilità dei tessuti naturali, possono portare a possibili reazioni infiammatorie con conseguenti fenomeni di rigetto o formazione di trombi. Inoltre, la durata degli innesti utilizzati è limitata, spesso infatti devono essere sostituiti con un secondo intervento, causando maggiori rischi e stress per il paziente, ed anche un aumento dei costi e difficoltà legate alla gestione della malattia. Il nuovo campo dell’ingegneria tissutale sta emergendo come una promettente alternativa per la riparazione dei tessuti e il mantenimento, miglioramento e ripristino delle loro funzioni. Grazie all’ingegneria tissutale è possibile superare molte limitazioni dei trattamenti convenzionali, a partire dalla possibilità di usare cellule dello stesso paziente, riducendo così il rischio di rigetto e consentendo una soluzione personalizzata. I vasi ingegnerizzati inoltre si integrano meglio con il sistema cardiocircolatorio, permettendo una ricostruzione più naturale dei vasi sanguigni, con una conseguente riduzione della formazione di trombi, e un’ottimizzazione della fase di recupero grazie alla presenza di fattori di crescita e matrici cellulari a supporto dei processi rigenerativi. Tuttavia, restano ancora diverse sfide da affrontare: è infatti cruciale migliorare la biocompatibilità e le proprietà meccaniche, ottenere un controllo più preciso dell’adesione e del comportamento cellulare, e comprendere a fondo le interazioni tra cellule e matrice extracellulare (ECM) e i meccanismi di guarigione delle lesioni vascolari. Il campo della biostampa 3D si pone l’obiettivo di creare strutture tridimensionali stabili simili a quelle native, favorendo la vitalità e la proliferazione cellulare. Il 3D bioprinting, rispetto all’ingegneria tissutale, offre una maggior precisione e flessibilità nella creazione di strutture tissutali, in quanto permette di depositare strati di cellule, biomateriali o fattori di crescita in configurazioni precise e personalizzate, creando strutture che rispecchiano fedelmente i tessuti naturali senza la necessità di utilizzare uno scaffold. Attualmente, l’approccio più promettente consiste nella combinazione tra decellularizzazione e biostampa 3D, aggiungendo al biomateriale da stampare una matrice extracellulare decellularizzata (dECM). L’impiego della dECM consente di mediare importanti processi coinvolti nella crescita, migrazione e proliferazione cellulare. Poiché la biostampa 3D di vasi sanguigni è tuttora una sfida, il presente progetto di tesi magistrale si propone di avanzare nella creazione di vasi biostampati in 3D capaci di mantenere la propria forma durante e dopo il processo di stampa. A tal fine, questo lavoro si concentra sullo studio e la selezione del miglior approccio di stampa per creare vasi da un bioinchiostro composto da alginato, gelatina e dECM. Il primo approccio testato è stato quello della stampa verticale, che non ha portato ai risultati attesi; si è dunque sperimentato un approccio basato su mandrino, che ha fornito risultati più soddisfacenti. I vasi stampati hanno dimostrato la capacità di mantenere la propria forma dopo il processo di stampa, consentendo inoltre una reticolazione esterna mediante una soluzione di CaCl₂ all’1%. I risultati promettenti ottenuti con questo approccio hanno permesso di passare dalla biostampa 3D di vasi di grande calibro, con dimensioni simili all’aorta, a vasi di piccolo calibro con un diametro di 6 mm, utilizzando un mandrino più piccolo. I vasi biostampati sono stati successivamente testati per studiarne le proprietà, in particolare la capacità di mantenere la forma in ambiente acquoso e il loro processo di degradazione in differenti intervalli di tempo. Sono stati inoltre condotti test specifici sui filamenti, come il filament drop test, il filament collpase test e il filament fusion test, oltre a test di rigonfiamento e test reologici. Queste analisi hanno permesso di verificare che i vasi stampati con il metodo basato su mandrino presentassero caratteristiche simili a quelle dei vasi sanguigni nativi.

Extrusion 3D bioprinting of large and small vessels: from traditional approach to rotating-based bioprinting

VISALLI, FABIANA;Zavaglia, Sonia
2023/2024

Abstract

Cardiovascular diseases (CVD) are one of the main causes of death and disability worldwide, since they include different disorders affecting the cardiac muscle and the vascular system, which is responsible of supplying vital organs. There are lots of risk factors for CVD, such as the tobacco use, high blood pressure, high blood glucose, obesity, age, gender, ethnicity and physical inactivity; even if some of them cannot be changed, most of the risk is related to lifestyle and so it’s possible to prevent such diseases. The most common cardiovascular diseases include coronary artery disease, aortic disease, cerebrovascular disease and peripheral artery disease. There are numerous treatments available, including organ transplantation, surgical reconstruction, mechanical or synthetic devices, and the administration of metabolic products. Although often an effective solution, these options present a series of limitations that reduce their long-term applicability. Among the main challenges there is the use of synthetic materials, which, lacking the same biocompatibility as natural tissues, can lead to potential inflammatory reactions, resulting in rejection or thrombus formation. Furthermore, the lifespan of the implants is limited; they often need to be replaced through a second surgical procedure, increasing risks and stress for the patient, as well as raising costs and complicating disease management. The new field of tissue engineering is becoming more and more interesting in repairing tissues and also maintaining, improving and restoring tissue functions. Thanks to tissue engineering it’s possible to overcome many limitations deriving from the conventional treatments, starting for example from the possibility to use cells from the same patient, reducing the risk of rejection and allowing a customized solution. Engineered vessels also integrate more effectively with the cardiovascular system, enabling a more natural reconstruction of blood vessels. This leads to a reduction in thrombus formation and an optimization of the recovery phase, thanks to the presence of growth factors and cellular matrices that support regenerative processes. However, there are still many challenges in this field: for example, it’s essential to improve the biocompatibility and the mechanical properties, but also to have a better control of cell adhesion and behaviour, and finally to better understand the interactions between cells and ECM and the mechanisms of vascular wound healing. Indeed, the field of 3D bioprinting aims to print stable 3D structures similar to the native ones, allowing cell viability and proliferation. Compared to traditional tissue engineering, 3D bioprinting offers greater precision and flexibility in creating tissue structures. It allows for the deposition of layers of cells, biomaterials, or growth factors in precise and customized configurations, enabling the production of structures that closely mimic natural tissues, without the need for a scaffold. Nowadays the trend has been based on the combination between decellularization and 3D bioprinting, adding decellularized extracellular matrix (dECM) to the biomaterial to be printed. The advantage of using dECM consists in the possibility to mediate important processes involved in cell growth, migration and proliferation. Since the 3D bioprinting of blood vessels is still a challenge, this Master’s Thesis project aims to move forward to the creation of 3D bioprinted vessels able to maintain their shape during and after the printing process. To fulfil such objective, this thesis focuses on studying and then choosing the best printing approach to print vessels from a bioink made of alginate, gelatine and dECM. The first approach was based on the vertical printing, which did not hit the target, reason why the mandrel-based printing approach was tried, obtaining better results. The printed vessels were able to maintain their shape after the printing process, enabling also an external crosslinking with a 1% CaCl2 solution. The promising results obtained with this printing approach allowed to move from the 3D bioprinting of large caliber vessels of dimensions like the aorta, to small caliber vessels with a diameter equal to 6 mm, thanks to a smaller mandrel. The bioprinted vessels were then tested to study their properties, in particular their evaluation was based on their behaviour in aqueous environment, their ability to maintain the shape and their degradation over different time points. The other tests performed were filament tests, like the filament drop test, the filament collapse test and filament fusion test, and then also swelling tests and rheological tests. These analyses allowed to understand and ensure that the vessels printed with the mandrel-based approach had features similar to the native blood vessels.
POTERE, FEDERICA
VENTURELLI, GIOVANNI
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
11-dic-2024
2023/2024
Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano una delle principali cause di morte e disabilità a livello mondiale, poiché comprendono diversi disturbi che colpiscono il muscolo cardiaco e il sistema vascolare, responsabile dell’apporto di sangue agli organi vitali. Esistono numerosi fattori di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD), come il consumo di tabacco, l’ipertensione, l’iperglicemia, l’obesità, l’età, il genere, l’etnia e l’inattività fisica; anche se alcuni di essi non possono essere modificati, la maggior parte del rischio è legata allo stile di vita ed è quindi possibile prevenire tali patologie. Le malattie cardiovascolari più comuni includono la cardiopatia coronarica, le patologie dell’aorta, le malattie cerebrovascolari e le arteriopatie periferiche. Esistono molteplici trattamenti disponibili, tra cui il trapianto di organi, la ricostruzione chirurgica, l’utilizzo di dispositivi meccanici o sintetici e la somministrazione di prodotti metabolici; pur essendo spesso una soluzione efficacie, presentano una serie di limiti che ne riducono l’applicabilità a lungo termine. Tra le principali problematiche vi è l’utilizzo di materiali sintetici che, non avendo la stessa biocompatibilità dei tessuti naturali, possono portare a possibili reazioni infiammatorie con conseguenti fenomeni di rigetto o formazione di trombi. Inoltre, la durata degli innesti utilizzati è limitata, spesso infatti devono essere sostituiti con un secondo intervento, causando maggiori rischi e stress per il paziente, ed anche un aumento dei costi e difficoltà legate alla gestione della malattia. Il nuovo campo dell’ingegneria tissutale sta emergendo come una promettente alternativa per la riparazione dei tessuti e il mantenimento, miglioramento e ripristino delle loro funzioni. Grazie all’ingegneria tissutale è possibile superare molte limitazioni dei trattamenti convenzionali, a partire dalla possibilità di usare cellule dello stesso paziente, riducendo così il rischio di rigetto e consentendo una soluzione personalizzata. I vasi ingegnerizzati inoltre si integrano meglio con il sistema cardiocircolatorio, permettendo una ricostruzione più naturale dei vasi sanguigni, con una conseguente riduzione della formazione di trombi, e un’ottimizzazione della fase di recupero grazie alla presenza di fattori di crescita e matrici cellulari a supporto dei processi rigenerativi. Tuttavia, restano ancora diverse sfide da affrontare: è infatti cruciale migliorare la biocompatibilità e le proprietà meccaniche, ottenere un controllo più preciso dell’adesione e del comportamento cellulare, e comprendere a fondo le interazioni tra cellule e matrice extracellulare (ECM) e i meccanismi di guarigione delle lesioni vascolari. Il campo della biostampa 3D si pone l’obiettivo di creare strutture tridimensionali stabili simili a quelle native, favorendo la vitalità e la proliferazione cellulare. Il 3D bioprinting, rispetto all’ingegneria tissutale, offre una maggior precisione e flessibilità nella creazione di strutture tissutali, in quanto permette di depositare strati di cellule, biomateriali o fattori di crescita in configurazioni precise e personalizzate, creando strutture che rispecchiano fedelmente i tessuti naturali senza la necessità di utilizzare uno scaffold. Attualmente, l’approccio più promettente consiste nella combinazione tra decellularizzazione e biostampa 3D, aggiungendo al biomateriale da stampare una matrice extracellulare decellularizzata (dECM). L’impiego della dECM consente di mediare importanti processi coinvolti nella crescita, migrazione e proliferazione cellulare. Poiché la biostampa 3D di vasi sanguigni è tuttora una sfida, il presente progetto di tesi magistrale si propone di avanzare nella creazione di vasi biostampati in 3D capaci di mantenere la propria forma durante e dopo il processo di stampa. A tal fine, questo lavoro si concentra sullo studio e la selezione del miglior approccio di stampa per creare vasi da un bioinchiostro composto da alginato, gelatina e dECM. Il primo approccio testato è stato quello della stampa verticale, che non ha portato ai risultati attesi; si è dunque sperimentato un approccio basato su mandrino, che ha fornito risultati più soddisfacenti. I vasi stampati hanno dimostrato la capacità di mantenere la propria forma dopo il processo di stampa, consentendo inoltre una reticolazione esterna mediante una soluzione di CaCl₂ all’1%. I risultati promettenti ottenuti con questo approccio hanno permesso di passare dalla biostampa 3D di vasi di grande calibro, con dimensioni simili all’aorta, a vasi di piccolo calibro con un diametro di 6 mm, utilizzando un mandrino più piccolo. I vasi biostampati sono stati successivamente testati per studiarne le proprietà, in particolare la capacità di mantenere la forma in ambiente acquoso e il loro processo di degradazione in differenti intervalli di tempo. Sono stati inoltre condotti test specifici sui filamenti, come il filament drop test, il filament collpase test e il filament fusion test, oltre a test di rigonfiamento e test reologici. Queste analisi hanno permesso di verificare che i vasi stampati con il metodo basato su mandrino presentassero caratteristiche simili a quelle dei vasi sanguigni nativi.
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