Festa e parafundit : riaccensioni corali a Rodenj

This thesis proposes a possible design approach to reactivate community and housing dynamics in Rodenj, a small rural settlement in the southern Albanian countryside, by analysing the potential and socio-cultural implications of the annual celebratory event, the Feast and Mekamit. Among the primary objectives is the identification and recognition of the village's events within a framework of space-time coordinates, in order to restore the real anthropological value of forgotten (or never existed) individuals. At the centre of the collective events is the sanctuary (mekam). If, on the one hand, residential interiors follow a descending line of progressive dissolution, on the other, this sacred space emerges as the pivot around which new forms of sociality and belonging are being redefined. The collateral invention of a celebration, antidote to the irreversibility of the time of abandonment, stabilises, in its repetition, the life of the community. The project aims at consolidating the existing ritual gestures, supporting the process of progressive formal definition of the event's scenography, and proposes - based on an already initiated re-building process - new ways of living, respecting the domestic memory of the place, the necessary heterogeneity of the present and the possible ineluctable future decline. Observing the celebratory phenomenon on a broader scale, similar temporary lighting experiences occur within the same region, delineating new ritual landscapes. Such an interpretation approach allows for the detection of important mechanisms of reconnection to the territory, thus suggesting regenerative strategies alternative to utopian models of economic development.

La tesi propone un possibile approccio progettuale per riattivare dinamiche comunitarie e abitative a Rodenj, piccolo centro rurale nelle campagne meridionali dell’Albania, a partire dall’analisi delle potenzialità e delle implicazione socio-culturali dell’evento celebrativo annuale, la Festa e Mekamit. Tra gli obiettivi primari, l’identificazione e il riconoscimento delle vicende del villaggio entro un quadro di coordinate spazio-temporali, per restituire il reale valore antropologico di individui dimenticati (o mai esistiti). Al centro delle vicende collettive, il santuario (mekam). Se, da un lato, gli interni abitativi seguono una linea discendente di progressiva dissoluzione, dall’altro, tale spazio sacro emerge come perno attorno al quale vanno ridefinendosi nuove forme di socialità e di appartenenza. L’invenzione collaterale di una festa, antidoto all’irreversibilità del tempo dell’abbandono, stabilizza, nella sua ripetizione, la vita della comunità. Il progetto mira al consolidamento delle gestualità rituali esistenti, assecondando il processo di progressiva definizione formale dell’apparato scenografico della festa, e propone – alla luce di un già avviato processo ri-edificativo – nuove modalità abitative, rispettando la memoria domestica del luogo, la necessaria eterogeneità del presente e il possibile ineluttabile declino futuro. Osservando il fenomeno celebrativo ad una scala più ampia, simili esperienze di accensione temporanea si verificano entro la medesima regione, delineano nuovi paesaggi rituali. Tale chiave di lettura consente di rilevare importanti meccanismi di riconnessione al territorio, suggerendo, così, strategie rigenerative alternative a utopistici modelli di sviluppo economico.