Dream en(d) place: l'allestimento di un fine pasto come traduzione onirica

Every night, the mind brings to life spaces and scenarios that escape the laws of reality but are deeply rooted in personal experience. Dreaming is a spontaneous creative act, an unconscious process that reworks emotions, memories, and fragments of lived experience. This research stems from the desire to give shape to a dream, transforming something immaterial and fleeting into space. The starting point is an emotion both personal and universal: uncertainty about the future, that suspension between the end of a journey and the anticipation of what is yet to come. Just as in dreams, where emotions are translated into symbolic images, this feeling takes form through a visual metaphor: the end of the meal. The banquet is over, only traces of its existence remain, while the people who inhabited it have disappeared. The table thus becomes a boundary between stability and transformation, between what has been and what has yet to take shape. To design this tangible dream, a research method was developed based on the study of the collective imaginary of dreamlike spaces. Artificial intelligence, used as a tool for statistical analysis, was employed to generate a dataset of 200 images of dreamlike interiors, exploring how dreams, though deeply intimate and personal, always draw upon a shared cultural language. Just as singular images emerge in dreams while following recognizable structures, artificial intelligence also generates unique images built from vast collective databases. By analyzing these images of dreamlike interiors, recurring features were identified, allowing them to be organized into clusters of images with similar qualities. The next step was to use these clusters as a creative source for designing different settings, through a process of translation between space and table, where the qualities of dreamlike environments are reinterpreted through the rules of mise en place. By identifying a set of reading codes, the spatial characteristics extracted by artificial intelligence are transformed into tangible elements on the table, creating a correspondence between the dreamlike imaginary and its physical manifestation. The structured transposition method adopted in this research refers to the same codes used to read and design a space—background, setup, object—and applies them to the construction of the table. This process allows for an exploration of the relationship between dreams and space through artificial intelligence, translating that connection into mise en place, overlapping the logic of the unconscious with the ritual of the banquet, until the dream becomes a visible, physical, and tangible experience. This research stems from the desire to make a dream tangible, to translate into space something that is, by its very nature, ephemeral and immaterial. The starting point is a personal yet universally shared emotion: uncertainty about the future, that feeling of suspension that accompanies the end of a journey and the beginning of what is yet to come. Just as in dreams, where emotions take shape as symbolic images, this sensation materializes into a visual metaphor: the end of a meal. A banquet has just ended, leaving only traces behind, yet the people who once inhabited it are no longer there. The table becomes a threshold between familiarity and transformation, between security and impermanence, between what has been and what is yet to come. To design this tangible dream, a research method was developed, starting with an investigation into the collective imagination of dreamlike spaces. Using artificial intelligence as a statistical analysis tool, a dataset of 200 dreamlike interior images was generated, exploring how dreams, despite being intimate and personal experiences, always draw upon a shared cultural language. Just as dreams produce singular images that follow recognizable structures, artificial intelligence generates unique images built from vast collective databases. The goal was to identify the recurring characteristics of dreamlike spaces and organize them into clusters of images with shared qualities. The analysis of these clusters led to the development of a process of translation between space and table, in which the qualities of dreamlike environments are reinterpreted through the rules of mise en place. Through a structured set of interpretative codes, the spatial characteristics extracted from artificial intelligence are transformed into concrete elements of the table, creating a direct correspondence between the dreamlike imagination and its physical manifestation. By adopting a systematic method of transposition, the codes used to interpret and design space—background, arrangement, object—find their reflection in the construction of the table. This process allows us to interrogate artificial intelligence on the relationship between dreams and space and translate this connection into mise en place, overlapping the logic of the unconscious with the ritual of the banquet, ultimately making the dream visible, physical, tangible.

Sognare è progettare. Ogni notte, la mente dà vita a spazi e scenari che sfuggono alle leggi della realtà, ma affondano le radici nell’esperienza personale. Il sogno è un atto creativo spontaneo, un processo inconscio che rielabora emozioni, ricordi e frammenti di vissuto. Questa ricerca nasce dal desiderio di dare forma a un sogno, trasformando in spazio qualcosa di immateriale e fugace. Il punto di partenza è un’emozione tanto personale quanto universale: l’incertezza per il futuro, quella sospensione tra la fine di un percorso e l’attesa di ciò che verrà. Come nel sogno, dove le emozioni si traducono in immagini simboliche, questa sensazione prende corpo attraverso una metafora visiva: il fine pasto. Il banchetto è concluso, restano solo i segni della sua esistenza, mentre le persone che lo abitavano sono scomparse. Il tavolo diventa così un confine tra stabilità e trasformazione, tra ciò che è stato e ciò che deve ancora definirsi. Per progettare questo sogno tangibile, è stato sviluppato un metodo di ricerca che parte dall’indagine dell’immaginario collettivo degli spazi onirici. Attraverso l’intelligenza artificiale, utilizzata come strumento di analisi statistica, è stato generato un campione di 200 immagini di interni onirici, esplorando come il sogno, pur essendo un’esperienza intima e personale, attinga sempre a un linguaggio culturale condiviso. Così come nei sogni emergono immagini singolari che seguono strutture riconoscibili, anche l’intelligenza artificiale genera immagini uniche, ma costruite a partire da immense banche dati collettive. Analizzando le immagini di interni onirici, si è poi cercato di riconoscere alcuni tratti comuni in base ai quali organizzare le immagini entro cluster di immagini dalle qualità affini. Il passo successivo è stato usare i cluster come fonte creativa per la progettazione di diversi allestimenti, attraverso un processo di traduzione tra spazio e tavola, in cui le qualità degli ambienti onirici vengono reinterpretate attraverso le regole della mise en place. Individuando una serie di codici di lettura, le caratteristiche spaziali estratte dall’intelligenza artificiale si trasformano in elementi concreti della tavola, creando una corrispondenza tra l’immaginario onirico e la sua manifestazione fisica. Il metodo di trasposizione strutturato che si è scelto di usare ha previsto di fare riferimento ai codici impiegati per leggere e progettare uno spazio—sfondo, allestimento, oggetto—e di ricercarne dei corrispettivi per la costruzione della tavola. Questo processo permette di interrogare l’intelligenza artificiale sulla relazione tra sogno e spazio e di tradurre tale connessione nella mise en place, sovrapponendo la logica dell’inconscio alla ritualità del banchetto, fino a rendere il sogno un’esperienza visibile, fisica, tangibile. Questa ricerca nasce dal desiderio di rendere tangibile un sogno, di tradurre in spazio qualcosa che, per sua natura, è effimero e immateriale. Il punto di partenza è un’emozione personale e condivisibile, l’incertezza per il futuro, quel senso di sospensione che accompagna la fine di un percorso e l’inizio di ciò che verrà. Come avviene nei sogni, dove le emozioni si trasformano in immagini simboliche, questa sensazione prende forma attraverso una metafora visiva: il fine pasto. Un banchetto è appena terminato, ne restano solo i segni, ma le persone che lo abitavano non ci sono più. Il tavolo diventa un luogo di passaggio tra familiarità e trasformazione, tra sicurezza e impermanenza, tra ciò che è stato e ciò che deve ancora accadere. Per progettare questo sogno tangibile, è stato sviluppato un metodo di ricerca che parte dall’indagine dell’immaginario collettivo degli spazi onirici. Attraverso l’intelligenza artificiale, utilizzata come strumento di analisi statistica, è stato generato un campione di 200 immagini di interni onirici, esplorando come il sogno, pur essendo un’esperienza intima e personale, attinga sempre a un linguaggio culturale condiviso. Così come nei sogni emergono immagini singolari che seguono strutture riconoscibili, anche l’intelligenza artificiale genera immagini uniche, ma costruite a partire da immense banche dati collettive. L’obiettivo è stato quello di individuare le caratteristiche ricorrenti degli spazi onirici e di organizzarle in cluster di immagini dalle qualità affini. L’analisi dei cluster ha portato allo sviluppo di un processo di traduzione tra spazio e tavola, in cui le qualità degli ambienti onirici vengono reinterpretate attraverso le regole della mise en place. Attraverso una serie di codici di lettura, le caratteristiche spaziali estratte dall’intelligenza artificiale si trasformano in elementi concreti della tavola, creando una corrispondenza tra l’immaginario onirico e la sua manifestazione fisica. Utilizzando un metodo di trasposizione strutturato, i codici impiegati per leggere e progettare uno spazio—sfondo, allestimento, oggetto—trovano un riflesso nella costruzione della tavola. Questo processo permette di interrogare l’intelligenza artificiale sulla relazione tra sogno e spazio e di tradurre tale connessione nella mise en place, sovrapponendo la logica dell’inconscio alla ritualità del banchetto, fino a rendere il sogno un’esperienza visibile, fisica, tangibile.