The memory palace, intended as a virtual theatre in which to visualise knowledge, is not only designed to reinforce the memory of concepts, but also to allow the free and conscious possibility of oblivion. Starting from this consideration, the thesis questions how the tension between the architect's desire and the project's utility is situated within the architectural process. What, then, is the role of this dialectic between desire and necessity, between memory and oblivion? The research addresses this question both theoretically and experimentally. The first part of the thesis takes the form of a study on the art of memory in literature and architecture, with particular reference to the philosophical tradition of the Clavis Universalis, from Giordano Bruno to Giulio Camillo and Leibniz, and the spatial devices aimed at ordering thought. Within this framework, the architectures of memory reveal themselves as symbolic spaces in which abstraction takes shape, demonstrating how architectural design can become a means of access to universal knowledge. The second part collects the results of a series of design experiments conducted on the city of Venice, chosen for its historical ambivalence between rhetoric and functionalism, between symbolic imagery and practical instances.The experiments are developed through the use of “conceptual machines” based on the principle of combinatorics, capable of integrating the language of architecture with that of heterogeneous disciplines and facilitating the passage from abstract idea to its concretization. The outcome of this path manifests itself in a sort of “ultimate limit state”, in which the world of procedures and that of context chase each other without ever fully coinciding.

Il palazzo della memoria, inteso come teatro virtuale in cui visualizzare la sapienza, non è concepito soltanto per rafforzare il ricordo dei concetti, ma anche per consentire la libera e consapevole possibilità dell’oblio. A partire da questa considerazione, la tesi si interroga su come la tensione tra il desiderio dell’architetto e l’utilità del progetto si collochi all’interno del processo architettonico. Qual è, quindi, il ruolo di questa dialettica tra desiderio e necessità, tra memoria e oblio? La ricerca affronta tale questione sia a livello teorico sia sperimentale. La prima parte della tesi si configura come uno studio sull’arte della memoria nella letteratura e nell’architettura, con particolare riferimento alla tradizione filosofica della Clavis Universalis, da Giordano Bruno a Giulio Camillo e Leibniz, e ai dispositivi spaziali volti a ordinare il pensiero. In questo quadro, le architetture della memoria si rivelano come spazi simbolici in cui l’astrazione prende forma, dimostrando come il progetto architettonico possa diventare strumento di accesso a una conoscenza universale. La seconda parte raccoglie i risultati di una serie di esperimenti progettuali condotti sulla città di Venezia, scelta per la sua storica ambivalenza tra retorica e funzionalismo, tra immaginario simbolico e istanze pratiche. Gli esperimenti si sviluppano attraverso l’uso di “macchine concettuali” fondate sul principio della combinatoria, capaci di integrare il linguaggio dell’architettura con quello di discipline eterogenee e di facilitare il passaggio dall’idea astratta alla sua concretizzazione. L’esito di questo percorso si manifesta in una sorta di “stato limite ultimo”, in cui il mondo dei procedimenti e quello del contesto si rincorrono senza mai coincidere pienamente.

Le macchine e l'isola: per un teatro della memoria a Venezia

LIBRETTI, DAVIDE
2024/2025

Abstract

The memory palace, intended as a virtual theatre in which to visualise knowledge, is not only designed to reinforce the memory of concepts, but also to allow the free and conscious possibility of oblivion. Starting from this consideration, the thesis questions how the tension between the architect's desire and the project's utility is situated within the architectural process. What, then, is the role of this dialectic between desire and necessity, between memory and oblivion? The research addresses this question both theoretically and experimentally. The first part of the thesis takes the form of a study on the art of memory in literature and architecture, with particular reference to the philosophical tradition of the Clavis Universalis, from Giordano Bruno to Giulio Camillo and Leibniz, and the spatial devices aimed at ordering thought. Within this framework, the architectures of memory reveal themselves as symbolic spaces in which abstraction takes shape, demonstrating how architectural design can become a means of access to universal knowledge. The second part collects the results of a series of design experiments conducted on the city of Venice, chosen for its historical ambivalence between rhetoric and functionalism, between symbolic imagery and practical instances.The experiments are developed through the use of “conceptual machines” based on the principle of combinatorics, capable of integrating the language of architecture with that of heterogeneous disciplines and facilitating the passage from abstract idea to its concretization. The outcome of this path manifests itself in a sort of “ultimate limit state”, in which the world of procedures and that of context chase each other without ever fully coinciding.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
22-lug-2025
2024/2025
Il palazzo della memoria, inteso come teatro virtuale in cui visualizzare la sapienza, non è concepito soltanto per rafforzare il ricordo dei concetti, ma anche per consentire la libera e consapevole possibilità dell’oblio. A partire da questa considerazione, la tesi si interroga su come la tensione tra il desiderio dell’architetto e l’utilità del progetto si collochi all’interno del processo architettonico. Qual è, quindi, il ruolo di questa dialettica tra desiderio e necessità, tra memoria e oblio? La ricerca affronta tale questione sia a livello teorico sia sperimentale. La prima parte della tesi si configura come uno studio sull’arte della memoria nella letteratura e nell’architettura, con particolare riferimento alla tradizione filosofica della Clavis Universalis, da Giordano Bruno a Giulio Camillo e Leibniz, e ai dispositivi spaziali volti a ordinare il pensiero. In questo quadro, le architetture della memoria si rivelano come spazi simbolici in cui l’astrazione prende forma, dimostrando come il progetto architettonico possa diventare strumento di accesso a una conoscenza universale. La seconda parte raccoglie i risultati di una serie di esperimenti progettuali condotti sulla città di Venezia, scelta per la sua storica ambivalenza tra retorica e funzionalismo, tra immaginario simbolico e istanze pratiche. Gli esperimenti si sviluppano attraverso l’uso di “macchine concettuali” fondate sul principio della combinatoria, capaci di integrare il linguaggio dell’architettura con quello di discipline eterogenee e di facilitare il passaggio dall’idea astratta alla sua concretizzazione. L’esito di questo percorso si manifesta in una sorta di “stato limite ultimo”, in cui il mondo dei procedimenti e quello del contesto si rincorrono senza mai coincidere pienamente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/240027