This thesis examines Disneyland as a deliberately constructed environment that performs ideological work through spatial design. Rather than simply translating the fantasy worlds of Disney films into physical form, Disneyland materializes and reinforces normative visions of social order that reflect and reproduce broader structures of power, including patriarchy, racial hierarchy, and class stratification. Through an intersectional feminist lens, this study argues that Disneyland embeds a specific vision of social order in mid-twentieth-century America into its built environment, offering delight and comfort while subtly instructing visitors in behaviors and identities. Fantasy, in this context, becomes a mechanism for disciplining bodies and naturalizing exclusion. The thesis unfolds from macro to micro, situating Disneyland within a spatial precursors of American entertainment spaces, from pleasure gardens and world’s fairs to early amusement parks, each of which deployed spatial strategies of control, spectacle, and social sorting that Disneyland later adapts and refines. The study then turns to the sociopolitical, technological, and urban planning context of postwar America, examining how Disneyland’s 1955 debut responded to and capitalized on dominant anxieties and aspirations. Finally, the analysis focuses on the park’s original five themed lands as spatial scripts that choreograph particular visions of being and belonging. By reading Disneyland not only as a product of its time but also as an active agent in shaping cultural memory and social norms, this thesis contributes to architectural history and feminist architectural discourse. It foregrounds the political dimensions of spatial design and emphasizes the material consequences of the built environment. It reveals how space can operate as a tool of governance, soothing through aesthetic pleasure while rehearsing ideological order.

Questa tesi esamina Disneyland come un ambiente costruito intenzionalmente che svolge un lavoro ideologico attraverso il progetto spaziale. Piuttosto che limitarsi a tradurre in forma fisica i mondi fantastici dei film Disney, Disneyland materializza e rafforza visioni normative dell’ordine sociale che riflettono e riproducono strutture di potere più ampie, tra cui il patriarcato, la gerarchia razziale e la stratificazione di classe. Attraverso una lente femminista intersezionale, questo studio sostiene che Disneyland incorpora nel suo ambiente costruito una specifica visione dell’ordine sociale dell’America della metà del Novecento, offrendo piacere e rassicurazione mentre istruisce sottilmente i visitatori su comportamenti e identità. La fantasia, in questo contesto, diventa un meccanismo di disciplinamento dei corpi e di naturalizzazione dell’esclusione. La tesi si sviluppa da una scala macro a una micro, situando Disneyland all’interno dei precursori spaziali degli spazi di intrattenimento americani, dai giardini delle delizie alle esposizioni universali, fino ai primi parchi di divertimento—luoghi che hanno impiegato strategie spaziali di controllo, spettacolarizzazione e selezione sociale, successivamente adattate e perfezionate da Disneyland. Lo studio si concentra poi sul contesto sociopolitico, tecnologico e urbanistico dell’America del secondo dopoguerra, analizzando come il debutto di Disneyland nel 1955 abbia risposto alle ansie e alle aspirazioni dominanti dell’epoca, traendone vantaggio. Infine, l’analisi si sofferma sulle cinque aree tematiche originarie del parco, interpretate come “script spaziali” che coreografano visioni specifiche dell’essere e dell’appartenere. Leggendo Disneyland non solo come prodotto del suo tempo, ma anche come agente attivo nella costruzione della memoria culturale e delle norme sociali, questa tesi contribuisce alla storia dell’architettura e al discorso architettonico femminista. Mette in primo piano le dimensioni politiche della progettazione spaziale e sottolinea le conseguenze materiali dell’ambiente costruito. Rivela come lo spazio possa funzionare come uno strumento di governo, rassicurando attraverso il piacere estetico mentre mette in scena un ordine ideologico.

The shape of fantasy: the spatial politics of Disneyland in postwar America

Wang, Lan
2024/2025

Abstract

This thesis examines Disneyland as a deliberately constructed environment that performs ideological work through spatial design. Rather than simply translating the fantasy worlds of Disney films into physical form, Disneyland materializes and reinforces normative visions of social order that reflect and reproduce broader structures of power, including patriarchy, racial hierarchy, and class stratification. Through an intersectional feminist lens, this study argues that Disneyland embeds a specific vision of social order in mid-twentieth-century America into its built environment, offering delight and comfort while subtly instructing visitors in behaviors and identities. Fantasy, in this context, becomes a mechanism for disciplining bodies and naturalizing exclusion. The thesis unfolds from macro to micro, situating Disneyland within a spatial precursors of American entertainment spaces, from pleasure gardens and world’s fairs to early amusement parks, each of which deployed spatial strategies of control, spectacle, and social sorting that Disneyland later adapts and refines. The study then turns to the sociopolitical, technological, and urban planning context of postwar America, examining how Disneyland’s 1955 debut responded to and capitalized on dominant anxieties and aspirations. Finally, the analysis focuses on the park’s original five themed lands as spatial scripts that choreograph particular visions of being and belonging. By reading Disneyland not only as a product of its time but also as an active agent in shaping cultural memory and social norms, this thesis contributes to architectural history and feminist architectural discourse. It foregrounds the political dimensions of spatial design and emphasizes the material consequences of the built environment. It reveals how space can operate as a tool of governance, soothing through aesthetic pleasure while rehearsing ideological order.
RINALDI, MICHELE
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
22-lug-2025
2024/2025
Questa tesi esamina Disneyland come un ambiente costruito intenzionalmente che svolge un lavoro ideologico attraverso il progetto spaziale. Piuttosto che limitarsi a tradurre in forma fisica i mondi fantastici dei film Disney, Disneyland materializza e rafforza visioni normative dell’ordine sociale che riflettono e riproducono strutture di potere più ampie, tra cui il patriarcato, la gerarchia razziale e la stratificazione di classe. Attraverso una lente femminista intersezionale, questo studio sostiene che Disneyland incorpora nel suo ambiente costruito una specifica visione dell’ordine sociale dell’America della metà del Novecento, offrendo piacere e rassicurazione mentre istruisce sottilmente i visitatori su comportamenti e identità. La fantasia, in questo contesto, diventa un meccanismo di disciplinamento dei corpi e di naturalizzazione dell’esclusione. La tesi si sviluppa da una scala macro a una micro, situando Disneyland all’interno dei precursori spaziali degli spazi di intrattenimento americani, dai giardini delle delizie alle esposizioni universali, fino ai primi parchi di divertimento—luoghi che hanno impiegato strategie spaziali di controllo, spettacolarizzazione e selezione sociale, successivamente adattate e perfezionate da Disneyland. Lo studio si concentra poi sul contesto sociopolitico, tecnologico e urbanistico dell’America del secondo dopoguerra, analizzando come il debutto di Disneyland nel 1955 abbia risposto alle ansie e alle aspirazioni dominanti dell’epoca, traendone vantaggio. Infine, l’analisi si sofferma sulle cinque aree tematiche originarie del parco, interpretate come “script spaziali” che coreografano visioni specifiche dell’essere e dell’appartenere. Leggendo Disneyland non solo come prodotto del suo tempo, ma anche come agente attivo nella costruzione della memoria culturale e delle norme sociali, questa tesi contribuisce alla storia dell’architettura e al discorso architettonico femminista. Mette in primo piano le dimensioni politiche della progettazione spaziale e sottolinea le conseguenze materiali dell’ambiente costruito. Rivela come lo spazio possa funzionare come uno strumento di governo, rassicurando attraverso il piacere estetico mentre mette in scena un ordine ideologico.
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