To be cringe is to be free: analisi e metodologia di studio di un fenomeno socioculturale online

This thesis explores the phenomenon of cringe as a social emotion and a mechanism of cultural aggregation within contemporary digital communication. Starting from the definition of vicarious embarrassment, the research examines its neuroscientific and philosophical roots, highlighting how cringe reflects and helps regulate the implicit norms of belonging in online contexts. Its dissemination is investigated through visual and memetic content, framed within the logic of hyperreality and the participatory culture of social media. Through a taxonomic analysis and a qualitative focus group, the thesis maps out the different types of cringe (social, cultural, aesthetic, behavioral, failed emulation, and anachronistic) and the user profiles that produce or engage with it. The final chapter presents the research outcomes in a design-oriented format, through a digital platform aimed at communication designers and media studies scholars. The platform serves both as a critical archive and a practical hub, offering guidelines for the conscious use of cringe in visual communication. It is complemented by an Instagram channel that invites the community to contribute by sharing content they perceive as cringe-related, making the project participatory and continuously expanding. Cringe thus emerges as a critical, affective, and political lens through which to interpret the dynamics of inclusion, exclusion, and the negotiation of cultural codes in the hyperconnected era. 

La qui presente tesi analizza il fenomeno del cringe come emozione sociale e dispositivo di aggregazione culturale all’interno della comunicazione digitale contemporanea. A partire dalla definizione di imbarazzo vicario, la ricerca ne esplora le radici neuroscientifiche e filosofiche, evidenziando come il cringe rifletta e contribuisca a regolare le norme implicite di appartenenza nei contesti online. Viene indagata la sua diffusione attraverso contenuti visivi e memetici, inquadrati nella logica dell’iperrealtà e della cultura partecipativa tipica dei social media. Attraverso un’analisi tassonomica e un focus group qualitativo, la tesi propone una mappatura dei diversi tipi di cringe (sociale, culturale, estetico, comportamentale, da emulazione fallita, anacronistico) e dei profili degli utenti che lo producono o lo fruiscono. L’ultimo capitolo restituisce i risultati della ricerca in forma progettuale, attraverso una piattaforma digitale rivolta a designer della comunicazione e studiosi di media studies. La piattaforma funge sia da archivio critico del fenomeno, sia da hub operativo che fornisce linee guida per un uso consapevole del cringe nella comunicazione visiva. È inoltre affiancata da un canale Instagram, che invita la community a contribuire segnalando contenuti rappresentativi del fenomeno, rendendo il progetto partecipativo e in continua espansione. Il cringe emerge così come lente critica, affettiva e politica attraverso cui osservare le dinamiche di inclusione, esclusione e negoziazione dei codici culturali nell’era iperconnessa.