Definire la moda è impresa ardua ma di certo si intuisce che la sua unica costante è l’incostanza. Di un sistema così definito questa tesi indaga le eccezioni. L’adozione del nuovo per il nuovo è stata talvolta criticata apertamente, talaltra evitata per diffidenza o indifferenza. Personalmente le soluzioni a cui mi sono interessata di più sono quelle che alla transitorietà hanno contrapposto la persistenza di forme universali ed elementari, che potrei definire caratteristiche del “buon design”. Da questi presupposti ho sviluppato il progetto di un mini-guardaroba “indemodabile”, composto di pezzi essenziali, classici, estranei alla mutevolezza delle mode, e di pezzi trasformabili, che al contrario, sopravvivono ai cambiamenti proprio perché mutano di conseguenza. In entrambi i casi questi capi dichiarano la loro resistenza al tempo e alla tirannia della moda attraverso le loro linee basiche, i colori neutri, la qualità dei dettagli, la trasversalità del loro stile e la loro adattabilità ai cambiamenti del corpo. Nella moda è l’usura semiotica ad essere più rapida di quella fisica. Una volta dismessi gli abiti possono quindi seguire ulteriori strade: di riuso, di riciclo, o di oblio. Nel caso di questo progetto, dopo esser stati rifiutati perché non più “alla moda”, o non più della giusta taglia, trovano riscatto in un processo industriale antico tipicamente italiano, che li riporta allo stato originario di fibra e ne ricava nuovi tessuti e filati rigenerati. Dentro ogni abito di questa tesi perciò c’è la storia di altri abiti che hanno ritrovato valore, e dietro alla sua estetica sottotono, c’è una velata critica al sistema moda.
Quattro stracci. Il paradosso di una moda durevole
VICELLI, LAURA
2010/2011
Abstract
Definire la moda è impresa ardua ma di certo si intuisce che la sua unica costante è l’incostanza. Di un sistema così definito questa tesi indaga le eccezioni. L’adozione del nuovo per il nuovo è stata talvolta criticata apertamente, talaltra evitata per diffidenza o indifferenza. Personalmente le soluzioni a cui mi sono interessata di più sono quelle che alla transitorietà hanno contrapposto la persistenza di forme universali ed elementari, che potrei definire caratteristiche del “buon design”. Da questi presupposti ho sviluppato il progetto di un mini-guardaroba “indemodabile”, composto di pezzi essenziali, classici, estranei alla mutevolezza delle mode, e di pezzi trasformabili, che al contrario, sopravvivono ai cambiamenti proprio perché mutano di conseguenza. In entrambi i casi questi capi dichiarano la loro resistenza al tempo e alla tirannia della moda attraverso le loro linee basiche, i colori neutri, la qualità dei dettagli, la trasversalità del loro stile e la loro adattabilità ai cambiamenti del corpo. Nella moda è l’usura semiotica ad essere più rapida di quella fisica. Una volta dismessi gli abiti possono quindi seguire ulteriori strade: di riuso, di riciclo, o di oblio. Nel caso di questo progetto, dopo esser stati rifiutati perché non più “alla moda”, o non più della giusta taglia, trovano riscatto in un processo industriale antico tipicamente italiano, che li riporta allo stato originario di fibra e ne ricava nuovi tessuti e filati rigenerati. Dentro ogni abito di questa tesi perciò c’è la storia di altri abiti che hanno ritrovato valore, e dietro alla sua estetica sottotono, c’è una velata critica al sistema moda.File | Dimensione | Formato | |
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