Milano non si e’ mai potuta categorizzare come citta’-fabbrica, tuttavia la vicenda industriale del Novecento ha significativamente segnato lo sviluppo, lo spazio e la conformazione della citta’, soprattutto in alcune parti di essa. Come tutte le citta’ industriali dopo gli anni del boom economico cartterizzato dalle grandi fabbriche e da livelli di occupazione nel settore industriale molto elevati, Milano ha affrontato la fase della dismissione in cui le fabbriche e I tessuti produttivi si sono svuotati, e perdendo il ruolo centrale che avevano ricoperto in passato. Il territorio milanese sta ancora affrontando una fase di trasformazione e assestamento, soprattutto per quanto riguarda i tessuti produttivi. Sono ancora presenti grandi ambiti industriali in gran parte dismessi, alcuni dei quail sono gia’ stati oggetto di trasformazione, alcune completate, altre incompiute, ma subito dietro si affacciano aree che analogamente dismesse o in via di dismissione appartenenti anch’esse all’infrastruttura della citta’ industriale, come i grandi scali ferroviari, l’ortomercato, o altre strutture ad essa funzionali. E’ vero che la parte piu’ cosistente delle aree produttive, industriali o artigianali, dismesse sono state messe in gioco negli ultimi anni, ma esiste na notevole porzione di territori, oltre a quelli sopra citati che potrebbero svolgere un ruolo importante nella configurazione di quei territori un tempo appartenuti alla periferia, ma che oggi sono parti centrali della citta’. Per questi territori e’ necessario pensare a delle strategie di trasformzione che non diventino dei banali cambiamenti di uso dei suoli, dei riempimento di vuoti o occasioni per sfruttare la rendita fodiaria di un’area, come e’ accaduto molto spesso in passato quando si e’ commesso l’errore di guardare solo ai parametric urbanistici, come il 50% di verde da rispettare, e le aree produttive si sono rempite prima di terziario indifferenziato, poi andato in crisi, con fenomeni di diemissione significativi, o di residenza di medio alto livello, anch’essa entrata in crisi, senza invece pensare a delle soluzioni che avrebbero potuto accrescere le qualita’ non solo di quelle parti in citta; in cui e; avvenuta la trasformazione ma di tutta la citta’. Pensando ai nuovi progetti per le aree in tarsformazione occorre dunque cambiare l’ottica; sono necessari progetti piu’ complessi, progetti che si non si occupino solo dello spazio fisico ma delle grandi funzioni, partendo dalla cenralita’ dello spazio pubblico. Alcune vicende dimostrano la necessita’ di sviluppare progetti ambiziosi e non banali per evitare il fallimento. Dopo anni di “deregulation” e trasformazioni generate per progetti l’introduzione del nuovo strumento urbanistico, il PGT, poteva essere l’occasione buona per poter prendere in mano la situazione e cercare di sfruttare al meglio gli “ultimi territori” rimasti a disposizione della citta’. Viste le valide premesse raccontate nel Documento di piano, i presupposti erano buoni, ma si e’ verificata un’incongruenza tra la parte argomentativa e quella dispositive dello strumento in diversi punti, tra i quali per quello che rigurada I tessuti e le attivita’ produttive . Si e’ cercato di raccontare quelle che son state le vicende che hanno caratterizzato la vicenda industriele nello scenario italiano, per poi soffermarsi su quelle che sono stati I trascorsi urbanistici di Milano (piani, PRG, Varianti…) e che rapporto questi hanno avuto con I tessuti produttivi, fino ad arrivare al nuovo strumento di governo del territorio. Infine sono state ripresi due esempi di buone pratiche, anche se completamente diversi fra loro, di trasformazione e riconversione di aree produttive.

Milano oltre la fabbrica. Trasformazioni e riconversioni nei tessuti produttivi.

ROSSINI, MARTINA
2008/2009

Abstract

Milano non si e’ mai potuta categorizzare come citta’-fabbrica, tuttavia la vicenda industriale del Novecento ha significativamente segnato lo sviluppo, lo spazio e la conformazione della citta’, soprattutto in alcune parti di essa. Come tutte le citta’ industriali dopo gli anni del boom economico cartterizzato dalle grandi fabbriche e da livelli di occupazione nel settore industriale molto elevati, Milano ha affrontato la fase della dismissione in cui le fabbriche e I tessuti produttivi si sono svuotati, e perdendo il ruolo centrale che avevano ricoperto in passato. Il territorio milanese sta ancora affrontando una fase di trasformazione e assestamento, soprattutto per quanto riguarda i tessuti produttivi. Sono ancora presenti grandi ambiti industriali in gran parte dismessi, alcuni dei quail sono gia’ stati oggetto di trasformazione, alcune completate, altre incompiute, ma subito dietro si affacciano aree che analogamente dismesse o in via di dismissione appartenenti anch’esse all’infrastruttura della citta’ industriale, come i grandi scali ferroviari, l’ortomercato, o altre strutture ad essa funzionali. E’ vero che la parte piu’ cosistente delle aree produttive, industriali o artigianali, dismesse sono state messe in gioco negli ultimi anni, ma esiste na notevole porzione di territori, oltre a quelli sopra citati che potrebbero svolgere un ruolo importante nella configurazione di quei territori un tempo appartenuti alla periferia, ma che oggi sono parti centrali della citta’. Per questi territori e’ necessario pensare a delle strategie di trasformzione che non diventino dei banali cambiamenti di uso dei suoli, dei riempimento di vuoti o occasioni per sfruttare la rendita fodiaria di un’area, come e’ accaduto molto spesso in passato quando si e’ commesso l’errore di guardare solo ai parametric urbanistici, come il 50% di verde da rispettare, e le aree produttive si sono rempite prima di terziario indifferenziato, poi andato in crisi, con fenomeni di diemissione significativi, o di residenza di medio alto livello, anch’essa entrata in crisi, senza invece pensare a delle soluzioni che avrebbero potuto accrescere le qualita’ non solo di quelle parti in citta; in cui e; avvenuta la trasformazione ma di tutta la citta’. Pensando ai nuovi progetti per le aree in tarsformazione occorre dunque cambiare l’ottica; sono necessari progetti piu’ complessi, progetti che si non si occupino solo dello spazio fisico ma delle grandi funzioni, partendo dalla cenralita’ dello spazio pubblico. Alcune vicende dimostrano la necessita’ di sviluppare progetti ambiziosi e non banali per evitare il fallimento. Dopo anni di “deregulation” e trasformazioni generate per progetti l’introduzione del nuovo strumento urbanistico, il PGT, poteva essere l’occasione buona per poter prendere in mano la situazione e cercare di sfruttare al meglio gli “ultimi territori” rimasti a disposizione della citta’. Viste le valide premesse raccontate nel Documento di piano, i presupposti erano buoni, ma si e’ verificata un’incongruenza tra la parte argomentativa e quella dispositive dello strumento in diversi punti, tra i quali per quello che rigurada I tessuti e le attivita’ produttive . Si e’ cercato di raccontare quelle che son state le vicende che hanno caratterizzato la vicenda industriele nello scenario italiano, per poi soffermarsi su quelle che sono stati I trascorsi urbanistici di Milano (piani, PRG, Varianti…) e che rapporto questi hanno avuto con I tessuti produttivi, fino ad arrivare al nuovo strumento di governo del territorio. Infine sono state ripresi due esempi di buone pratiche, anche se completamente diversi fra loro, di trasformazione e riconversione di aree produttive.
ARC I - Facolta' di Architettura e Società
4-mag-2010
2008/2009
Tesi di laurea Magistrale
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