Ho scelto di dar vita al mio progetto in località Villa d’Adda . La suggestività di questo tratto di fiume presenta un ambiente naturale ricco non solo di fauna e flora, ma anche di storia, archeologia, architettura e, pertanto, risulta eccezionalmente completo in quanto sufficientemente vasto per soddisfare la domanda degli escursionisti più esigenti; contiene una tale biodiversità da rispondere esaurientemente alla curiosità di appassionati e studiosi di natura; custodisce esempi di interventi dell’uomo nel corso dei secoli, sia nell’assetto del suolo che nella produzione artistica dei manufatti, tali da offrire validi spunti per una visita. «l’architettura è un servizio, nel senso più letterale del termine. È un’arte che produce cose che servono. Ma è anche un’arte socialmente pericolosa, perché è un’arte imposta. Un brutto libro si può non leggere; una brutta musica si può non ascoltare; ma il brutto condominio che abbiamo di fronte a casa lo vediamo per forza. L’architettura impone un’immersione totale nella bruttezza, non dà scelta all’utente» . Così suona il pensiero di Renzo Piano, così riecheggia come monito in fase progettuale: evitare il brutto e ricercare il bello. Supportato dalla sentenza dell’architetto genovese e consapevole che comunque il bello è ciò la cui appercezione piace (S. Tommaso), mi sono prefissato di abbattere i ristoranti in località Porto di Villa d’Adda, che si affacciano come una conradiana scar in the hillside, una realtà che fagocita e annichilisce l’armonia naturale e antropica del luogo. All’occhio dell’osservatore si palesa la dicotomia tra la natura e le tracce del costruire straniante. Gli edifici sembrano aggredire il verde, risucchiare l’acqua con il loro sapore agée. L’uomo, invece, deve saper aver cura del luogo, dell’ambiente, perché l’ambiente è un dono; deve ricordarsi perciò che l’architetto costruisce nell’ambiente, ma non costruisce l’ambiente. Pertanto il mio progetto si picca di interfacciare con il luogo rispettandone il genius loci. In nuce Piano ha posto la questione dell’architettura come scaturigine di servizi. Il costruire deve avere funzionalità, deve saper accogliere le richieste degli utenti.
La finestra sull'Adda. Centro di osservazione e studio sul paesaggio fluviale
STICCO, ALBERTO
2010/2011
Abstract
Ho scelto di dar vita al mio progetto in località Villa d’Adda . La suggestività di questo tratto di fiume presenta un ambiente naturale ricco non solo di fauna e flora, ma anche di storia, archeologia, architettura e, pertanto, risulta eccezionalmente completo in quanto sufficientemente vasto per soddisfare la domanda degli escursionisti più esigenti; contiene una tale biodiversità da rispondere esaurientemente alla curiosità di appassionati e studiosi di natura; custodisce esempi di interventi dell’uomo nel corso dei secoli, sia nell’assetto del suolo che nella produzione artistica dei manufatti, tali da offrire validi spunti per una visita. «l’architettura è un servizio, nel senso più letterale del termine. È un’arte che produce cose che servono. Ma è anche un’arte socialmente pericolosa, perché è un’arte imposta. Un brutto libro si può non leggere; una brutta musica si può non ascoltare; ma il brutto condominio che abbiamo di fronte a casa lo vediamo per forza. L’architettura impone un’immersione totale nella bruttezza, non dà scelta all’utente» . Così suona il pensiero di Renzo Piano, così riecheggia come monito in fase progettuale: evitare il brutto e ricercare il bello. Supportato dalla sentenza dell’architetto genovese e consapevole che comunque il bello è ciò la cui appercezione piace (S. Tommaso), mi sono prefissato di abbattere i ristoranti in località Porto di Villa d’Adda, che si affacciano come una conradiana scar in the hillside, una realtà che fagocita e annichilisce l’armonia naturale e antropica del luogo. All’occhio dell’osservatore si palesa la dicotomia tra la natura e le tracce del costruire straniante. Gli edifici sembrano aggredire il verde, risucchiare l’acqua con il loro sapore agée. L’uomo, invece, deve saper aver cura del luogo, dell’ambiente, perché l’ambiente è un dono; deve ricordarsi perciò che l’architetto costruisce nell’ambiente, ma non costruisce l’ambiente. Pertanto il mio progetto si picca di interfacciare con il luogo rispettandone il genius loci. In nuce Piano ha posto la questione dell’architettura come scaturigine di servizi. Il costruire deve avere funzionalità, deve saper accogliere le richieste degli utenti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/40461