La vite e la viticoltura hanno accompagnato per millenni la storia dell’uomo e continuano a segnare la loro permanenza sulla terra, seguendo le cadenze che la natura impone per la coltivazione, la maturazione e la trasformazione dell’uva in vino. Da alimento di sostentamento a prodotto sempre più raffinato ed elitario, il vino ha ricoperto nella storia una posizione di rilievo, acquisendo un ruolo preminente in molteplici manifestazioni della vita, dalla ritualità religiosa alle occasioni più mondane e leggere. A dispetto dell’importanza acquisita da questo prodotto – il quale è da ben dodicimila anni oggetto del lavoro dell’uomo – solo con l’avvento del Rinascimento la cultura del vino ha determinato la creazione di un’architettura specificatamente pensata per ospitare l’intero processo di produzione e conservazione. Correva l’anno 1549, quando Jean de Pontac fece costruire nella zona di Bordeaux un’azienda vitivinicola in cui iniziò a commercializzare il proprio prodotto marcandolo con il suo cognome e il nome della località di provenienza. Tale fu uno dei primi casi in cui abbinare a un vino, il nome del luogo di produzione portò a instaurare un legame diretto con l’architettura che lo ha generato: lo château e il terroir da cui ha origine. La storia delle cantine in senso proprio ebbe quindi origine in terra francese, laddove si assistette, ad una notevole diffusione di castelli costruiti o adattati ad opifici e dediti alla produzione del vino. Da maestosi edifici fuori terra, progressivamente si incominciò a costruire in profondità, scoprendo gli apporti igrotermici ideali che il terreno offre durante tutte le fasi di produzione del vino. Con l’innovazione tecnologica e la meccanizzazione dei processi produttivi introdotti dalla rivoluzione industriale di metà Ottocento, si ebbe un progressivo aumento della qualità e della produzione, grazie anche alle scoperte in campo enologico di Louis Pasteur. Si rese così necessario l’edificazione di cantine che assicurassero nuovi e sempre più ampi spazi adibiti alla lavorazione dell’uva: tale fenomeno culminò nell’organizzazione di un edificio su più livelli in grado di sfruttare la forza di gravità, per una vinificazione “a caduta”. In tempi più recenti, con l’avvento delle “cattedrali del vino” - appellativo conquistato dalle cantine sociali catalane di inizio Novecento – gli edifici hanno svelato inedite velleità: l’architettura del vino è, per la prima volta, tesa a stupire e meravigliare attraverso l’edificazione di grandi archi parabolici richiamanti le cattedrali gotiche insieme alla sperimentazione ed utilizzo di materiali inediti. Le migliorie apportare ai criteri di costruzione hanno determinato un progressivo aumento della produzione, mostrando al mondo l’inefficienza degli edifici costruiti in epoche in cui la produzione del vino non conosceva i livelli di complessità raggiunti nella seconda metà del Novecento. Si è infatti reso necessario separare e gerarchizzare le differenti fasi di lavorazione dalla diraspatura all’imbottigliamento e conseguente stoccaggio finale. Con la divulgazione dei trattati in campo enotecnico, si ottimizzarono le tipologie costruttive, la diposizione, l’orientamento favorevole per costruire una cantina in grado di garantire la qualità del prodotto lavorato. Con l’inizio degli anni Ottanta del Novecento, grazie al contributo dell’emergente Napa Valley in California, si cominciò a realizzare delle cantine “icona”, in grado di rendere sempre più riconoscibile e apprezzata l’immagine di una azienda viticola. Questo atteggiamento portò progressivamente all’adozione di espressioni culturali inedite in cui l’architettura delle “cantine d’autore” assunse un ruolo sempre più preponderante. Contempora-neamente, lo sviluppo del turismo enogastronomico e la trasformazione delle aziende vitivinicole in veri e propri brand dalle multi-funzioni, spinsero i produttori facoltosi a rivolgersi agli architetti più quotati per caratterizzare la propria immagine aziendale attraverso l’architettura. Il risultato portò a soluzioni monumentali o di rilettura degli esempi del passato affiancati a sempre più spazi pensati per l’accoglienza, la degustazione e la vendita del prodotto. Con le recenti osservazioni in campo ecologico e ambientale, la tendenza costruttiva ha virato verso la riscoperta di un legame intrinseco tra la cantina ed il luogo, attraverso la predilezione dei materiali locali ed una grande attenzione all’inserimento del manufatto nel contesto allo scopo di minimizzare gli impatti dell’intervento sul paesaggio. Tali cantine di ultima generazione hanno saputo integrare all’immagine architettonica un’attenzione sempre più marcata verso la sostenibilità dell’edificio, anche con riguardo ai consumi e agli scarti generati dalla filiera produttiva. Architettura e vino hanno da sempre caratterizzato la storia dell’uomo, acquisendo il valore e il significato che ogni periodo o evento ha contraddistinto uno specifico luogo. In questo scenario di ricerca e sviluppo, supportato dagli esempi di ventiquattro casi studio, si inserisce il progetto per una cantina in Franciacorta. Un intervento reale per una nuova azienda viticola che produce vino da pochi anni. Il luogo è stato letto, studiato e rispettato. L’interfaccia con le pubbliche istituzioni e con la normativa vigente ha portato ha scelte tipologiche in completo equilibrio con la sostenibilità ambientale, economica e sociale, prediligendo un progetto pienamente integrato con il luogo. È così sorta l’immagine tradizionale di cantina: un’architettura ipogea come parte integrante del significato originario che la caratterizza. Inoltre, lo sfruttamento del sottosuolo ha portato ad un’architettura verticale per sottrazione in grado di sfruttare i tradizionali metodi produttivi per una cantina che impiega massimamente la forza di gravità. Un’architettura invisibile, tecnologicamente avanzata e in completo equilibrio con il paesaggio e l’identità del luogo da cui dipende.

Le architetture invisibili. Paesaggi e tecnologie per una moderna cantina viticola

BERTOLETTI, PAOLA
2010/2011

Abstract

La vite e la viticoltura hanno accompagnato per millenni la storia dell’uomo e continuano a segnare la loro permanenza sulla terra, seguendo le cadenze che la natura impone per la coltivazione, la maturazione e la trasformazione dell’uva in vino. Da alimento di sostentamento a prodotto sempre più raffinato ed elitario, il vino ha ricoperto nella storia una posizione di rilievo, acquisendo un ruolo preminente in molteplici manifestazioni della vita, dalla ritualità religiosa alle occasioni più mondane e leggere. A dispetto dell’importanza acquisita da questo prodotto – il quale è da ben dodicimila anni oggetto del lavoro dell’uomo – solo con l’avvento del Rinascimento la cultura del vino ha determinato la creazione di un’architettura specificatamente pensata per ospitare l’intero processo di produzione e conservazione. Correva l’anno 1549, quando Jean de Pontac fece costruire nella zona di Bordeaux un’azienda vitivinicola in cui iniziò a commercializzare il proprio prodotto marcandolo con il suo cognome e il nome della località di provenienza. Tale fu uno dei primi casi in cui abbinare a un vino, il nome del luogo di produzione portò a instaurare un legame diretto con l’architettura che lo ha generato: lo château e il terroir da cui ha origine. La storia delle cantine in senso proprio ebbe quindi origine in terra francese, laddove si assistette, ad una notevole diffusione di castelli costruiti o adattati ad opifici e dediti alla produzione del vino. Da maestosi edifici fuori terra, progressivamente si incominciò a costruire in profondità, scoprendo gli apporti igrotermici ideali che il terreno offre durante tutte le fasi di produzione del vino. Con l’innovazione tecnologica e la meccanizzazione dei processi produttivi introdotti dalla rivoluzione industriale di metà Ottocento, si ebbe un progressivo aumento della qualità e della produzione, grazie anche alle scoperte in campo enologico di Louis Pasteur. Si rese così necessario l’edificazione di cantine che assicurassero nuovi e sempre più ampi spazi adibiti alla lavorazione dell’uva: tale fenomeno culminò nell’organizzazione di un edificio su più livelli in grado di sfruttare la forza di gravità, per una vinificazione “a caduta”. In tempi più recenti, con l’avvento delle “cattedrali del vino” - appellativo conquistato dalle cantine sociali catalane di inizio Novecento – gli edifici hanno svelato inedite velleità: l’architettura del vino è, per la prima volta, tesa a stupire e meravigliare attraverso l’edificazione di grandi archi parabolici richiamanti le cattedrali gotiche insieme alla sperimentazione ed utilizzo di materiali inediti. Le migliorie apportare ai criteri di costruzione hanno determinato un progressivo aumento della produzione, mostrando al mondo l’inefficienza degli edifici costruiti in epoche in cui la produzione del vino non conosceva i livelli di complessità raggiunti nella seconda metà del Novecento. Si è infatti reso necessario separare e gerarchizzare le differenti fasi di lavorazione dalla diraspatura all’imbottigliamento e conseguente stoccaggio finale. Con la divulgazione dei trattati in campo enotecnico, si ottimizzarono le tipologie costruttive, la diposizione, l’orientamento favorevole per costruire una cantina in grado di garantire la qualità del prodotto lavorato. Con l’inizio degli anni Ottanta del Novecento, grazie al contributo dell’emergente Napa Valley in California, si cominciò a realizzare delle cantine “icona”, in grado di rendere sempre più riconoscibile e apprezzata l’immagine di una azienda viticola. Questo atteggiamento portò progressivamente all’adozione di espressioni culturali inedite in cui l’architettura delle “cantine d’autore” assunse un ruolo sempre più preponderante. Contempora-neamente, lo sviluppo del turismo enogastronomico e la trasformazione delle aziende vitivinicole in veri e propri brand dalle multi-funzioni, spinsero i produttori facoltosi a rivolgersi agli architetti più quotati per caratterizzare la propria immagine aziendale attraverso l’architettura. Il risultato portò a soluzioni monumentali o di rilettura degli esempi del passato affiancati a sempre più spazi pensati per l’accoglienza, la degustazione e la vendita del prodotto. Con le recenti osservazioni in campo ecologico e ambientale, la tendenza costruttiva ha virato verso la riscoperta di un legame intrinseco tra la cantina ed il luogo, attraverso la predilezione dei materiali locali ed una grande attenzione all’inserimento del manufatto nel contesto allo scopo di minimizzare gli impatti dell’intervento sul paesaggio. Tali cantine di ultima generazione hanno saputo integrare all’immagine architettonica un’attenzione sempre più marcata verso la sostenibilità dell’edificio, anche con riguardo ai consumi e agli scarti generati dalla filiera produttiva. Architettura e vino hanno da sempre caratterizzato la storia dell’uomo, acquisendo il valore e il significato che ogni periodo o evento ha contraddistinto uno specifico luogo. In questo scenario di ricerca e sviluppo, supportato dagli esempi di ventiquattro casi studio, si inserisce il progetto per una cantina in Franciacorta. Un intervento reale per una nuova azienda viticola che produce vino da pochi anni. Il luogo è stato letto, studiato e rispettato. L’interfaccia con le pubbliche istituzioni e con la normativa vigente ha portato ha scelte tipologiche in completo equilibrio con la sostenibilità ambientale, economica e sociale, prediligendo un progetto pienamente integrato con il luogo. È così sorta l’immagine tradizionale di cantina: un’architettura ipogea come parte integrante del significato originario che la caratterizza. Inoltre, lo sfruttamento del sottosuolo ha portato ad un’architettura verticale per sottrazione in grado di sfruttare i tradizionali metodi produttivi per una cantina che impiega massimamente la forza di gravità. Un’architettura invisibile, tecnologicamente avanzata e in completo equilibrio con il paesaggio e l’identità del luogo da cui dipende.
CHIERICI, PIETRO
ARC I - Scuola di Architettura e Società
24-apr-2012
2010/2011
Tesi di laurea Magistrale
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