Le nostre azioni hanno delle conseguenza, sempre. Le nostre abitudini e i nostri comportamenti quotidiani, magari senza rendercene conto, producono degli effetti lontani nello spazio e nel tempo, date le dimensioni della nostra quotidianità queste conseguenza sono certamente microscopiche se paragonate alla dimensione del nostro pianeta e dunque quasi invisibili. Ma cosa succederebbe se provassimo, magari anche solo per gioco, a sommare tra di loro i comportamenti quotidiani di ciascuno di noi? Prendiamo ad esempio il mangiare, funzione basilare per la nostra esistenza. E’ stato calcolato che la terra potrebbe nutrire 10 miliardi di persone che si alimentassero come gli indiani; 5 miliardi che seguissero la dieta degli italiani; ma solo 2,5 miliardi con il regime alimentare degli statunitensi. Questo perché la metà dei cereali che produciamo servono per alimentare gli animali che mangiamo. Proprio come la farfalla dell’Amazzonia, che sbattendo le ali non può essere consapevole dell’uragano sta contribuendo a creare, spesso, noi non riusciamo a realizzare come una semplice azione, come quella di mangiare, ha delle conseguenze sul nostro pianeta. E dunque appare chiaro come per 800 milioni di persone che mangiano come se avessero a disposizione 5 pianti Terra, da qualche altra parte debbano esistere 820 milioni di persone che muoiono di fame. Il problema dell’obesità nei paesi più ricchi è la più chiara dimostrazioni della contraddittorietà della distribuzione delle risorse alimentari. Ma c’è di più, non basta infatti fare in modo che i ricchi mangino di meno perchè si crei automaticamente una redistribuzione delle ricchezze più eque. Quello che andrebbe ripensato è tutto il sistema produttivo e distributivo delle merci alimentari. L’agricoltura industriale e chimica oggi è la causa di un terzo di tutte le emissioni di gas serra che stanno uccidendo il pianeta. Se il nostro futuro e quello della biosfera dipendono da come produciamo e consumiamo quotidianamente cibo, questo carica tutti noi di responsabilità, subito, ora. Tanto per avere un raffronto, i trasporti non legati al settore dell’alimentazione incidono per il 17%. Il settore zootecnico, invece produce gas serra 296 volte più dannosi del COo2, questo è il letame. L’aumento degli allevamenti è dovuto all’aumento del benessere quindi all’aumento del consumo di carne, questo nonostante tutti gli studi medici dicano, che mangiare troppa carne fa male. Un americano ogni anno ne mangiano 122 chili , un italiano 87, un cinese 50, un indiano 4. Bisognerebbe ridistribuirla meglio, ma se il modello è la nostra ingordigia si può rischiare di arrivare alla rovina del pianeta. Un hamburger di 150 grammi, prima di arrivare sulla nostra tavola ha consumato 2500 litri di acqua, tutta quella che serve per irrigare il terreno che cresce mais o il foraggio che serve ad alimentare l’animale. Ma la carne è poca cosa rispetto ad un sistema di produrre e consumare che sfugge alle ogni logica minime di tutela, della salute, del pianeta, del portafoglio. E’ il sistema ad essere sbilanciato, non solamente le abitudini alimentari dei cittadini occidentale. Basterebbe fare una giro in un qualsiasi supermercato per rendersene conto. Quanti prodotti sono presenti sugli scaffali pur essendo completamente fuori stagione? E’ una domanda semplice ma che non siamo più abitati a porci. Quando l’agricoltura era meno globalizzata e più di sussistenza, quando, anziché fare la spesa in enormi capannoni ripieni di scaffali, si andava dal negozio di vicinato, era cosa normale comprare prodotti di stagione. Si era certamente più poveri e d’altro canto le coltivazioni in serra e le importazioni dal Sud America dovevano ancora essere sviluppate. Ma quello che per noi non è altro che un effetto del nostro benessere, in realtà non è una semplice questione monetaria ma qualcosa che mette in gioco gli equilibri tra l’umanità e il mondo che la ospita. Noi mangiamo di più perché qualcuno mangia di meno. Ma questo non si vede nei supermercati. Inoltre noi mangiamo così tanto da mettere a rischio le condizioni ambientali del nostro pianeta, e anche questo non si vede quando facciamo la spesa. Eppure accade

Non solo cibo. Spazi, tempi e paesaggi per un consumo consapevole

PALUMBO, CATERINA PILAR;OGLIANI, FILIPPO
2010/2011

Abstract

Le nostre azioni hanno delle conseguenza, sempre. Le nostre abitudini e i nostri comportamenti quotidiani, magari senza rendercene conto, producono degli effetti lontani nello spazio e nel tempo, date le dimensioni della nostra quotidianità queste conseguenza sono certamente microscopiche se paragonate alla dimensione del nostro pianeta e dunque quasi invisibili. Ma cosa succederebbe se provassimo, magari anche solo per gioco, a sommare tra di loro i comportamenti quotidiani di ciascuno di noi? Prendiamo ad esempio il mangiare, funzione basilare per la nostra esistenza. E’ stato calcolato che la terra potrebbe nutrire 10 miliardi di persone che si alimentassero come gli indiani; 5 miliardi che seguissero la dieta degli italiani; ma solo 2,5 miliardi con il regime alimentare degli statunitensi. Questo perché la metà dei cereali che produciamo servono per alimentare gli animali che mangiamo. Proprio come la farfalla dell’Amazzonia, che sbattendo le ali non può essere consapevole dell’uragano sta contribuendo a creare, spesso, noi non riusciamo a realizzare come una semplice azione, come quella di mangiare, ha delle conseguenze sul nostro pianeta. E dunque appare chiaro come per 800 milioni di persone che mangiano come se avessero a disposizione 5 pianti Terra, da qualche altra parte debbano esistere 820 milioni di persone che muoiono di fame. Il problema dell’obesità nei paesi più ricchi è la più chiara dimostrazioni della contraddittorietà della distribuzione delle risorse alimentari. Ma c’è di più, non basta infatti fare in modo che i ricchi mangino di meno perchè si crei automaticamente una redistribuzione delle ricchezze più eque. Quello che andrebbe ripensato è tutto il sistema produttivo e distributivo delle merci alimentari. L’agricoltura industriale e chimica oggi è la causa di un terzo di tutte le emissioni di gas serra che stanno uccidendo il pianeta. Se il nostro futuro e quello della biosfera dipendono da come produciamo e consumiamo quotidianamente cibo, questo carica tutti noi di responsabilità, subito, ora. Tanto per avere un raffronto, i trasporti non legati al settore dell’alimentazione incidono per il 17%. Il settore zootecnico, invece produce gas serra 296 volte più dannosi del COo2, questo è il letame. L’aumento degli allevamenti è dovuto all’aumento del benessere quindi all’aumento del consumo di carne, questo nonostante tutti gli studi medici dicano, che mangiare troppa carne fa male. Un americano ogni anno ne mangiano 122 chili , un italiano 87, un cinese 50, un indiano 4. Bisognerebbe ridistribuirla meglio, ma se il modello è la nostra ingordigia si può rischiare di arrivare alla rovina del pianeta. Un hamburger di 150 grammi, prima di arrivare sulla nostra tavola ha consumato 2500 litri di acqua, tutta quella che serve per irrigare il terreno che cresce mais o il foraggio che serve ad alimentare l’animale. Ma la carne è poca cosa rispetto ad un sistema di produrre e consumare che sfugge alle ogni logica minime di tutela, della salute, del pianeta, del portafoglio. E’ il sistema ad essere sbilanciato, non solamente le abitudini alimentari dei cittadini occidentale. Basterebbe fare una giro in un qualsiasi supermercato per rendersene conto. Quanti prodotti sono presenti sugli scaffali pur essendo completamente fuori stagione? E’ una domanda semplice ma che non siamo più abitati a porci. Quando l’agricoltura era meno globalizzata e più di sussistenza, quando, anziché fare la spesa in enormi capannoni ripieni di scaffali, si andava dal negozio di vicinato, era cosa normale comprare prodotti di stagione. Si era certamente più poveri e d’altro canto le coltivazioni in serra e le importazioni dal Sud America dovevano ancora essere sviluppate. Ma quello che per noi non è altro che un effetto del nostro benessere, in realtà non è una semplice questione monetaria ma qualcosa che mette in gioco gli equilibri tra l’umanità e il mondo che la ospita. Noi mangiamo di più perché qualcuno mangia di meno. Ma questo non si vede nei supermercati. Inoltre noi mangiamo così tanto da mettere a rischio le condizioni ambientali del nostro pianeta, e anche questo non si vede quando facciamo la spesa. Eppure accade
INTI, ISABELLA
ARC I - Scuola di Architettura e Società
24-apr-2012
2010/2011
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/53701