L’ambito di ricerca del progetto di tesi è rivolto al tema della rigenerazione delle aree industriali a Bergamo e, in generale, nella Val Seriana. Questo tema è stato sollevato dall’International Phd Summer School Progetti, Strategie, Ricerche per la città contemporanea che si è svolto a Bergamo nell’estate del 2011, e durante il quale è stato valorizzato l’apporto di contributi disciplinari diversificati non solo in campo architettonico ma anche storico, sociale ed economico. Il progetto di tesi si svolge in un’area scelta in accordo con il Comune di Bergamo e con Confindustria Bergamo, all’interno di un ambito della periferia storica della città che presenta caratteri di obsolescenza tipologico-funzionale e necessita quindi di progetti di riqualificazione complessiva di un sistema di fabbriche abbandonate. L’operazione di rigenerazione, prevede l’inserimento di nuove funzioni e tipologie destinate alla produzione e che operino secondo modalità di intervento attenta alla conservazione, adeguamento e trasformazione delle strutture esistenti, in un’ottica di valorizzazione del patrimonio industriale. Questo patrimonio è abbondante, e la dinamica produttiva in continuo sviluppo ha reso problematica la sua conservazione. Rinnovarsi per crescere, aggiornarsi per migliorare è stato il codice più seguito dalla classe imprenditoriale lombarda, una linea di tendenza che, se da un lato ha permesso il potenziamento dell’economia e del capitale, dall’altro ha fatto si che la storia delle antiche strutture di lavoro non costituisse in alcun modo un freno all’abbandono o distruzione. Destinata al progresso, l’industria deve continuamente rinnovarsi per mantenere una posizione competitiva sul mercato aggiornando sistematicamente gli impianti, adottando nuove tecniche e attualizzando i prodotti. In passato essa è stata vincolata a fattori contingenti, quali la presenza in loco di fonti di energia o di materie prime, la vicinanza o la facile connessione con i mercati ed i centri di approvvigionamento: quando tali fattori vengono a mancare, o non sono più necessari, l’industria è di per sé poco nostalgica e sostituisce o abbandona velocemente gli impianti lasciando dietro di sé archivi, macchine, arredi destinati alla demolizione. Il tema del patrimonio industriale, o industrial heritage, affrontato già da anni dalla Gran Bretagna, Francia e Germania, assume nel contesto scelto un significato pregnante: si tratta di studiare un passato che ha avuto caratteri dinamicamente innovativi, emergenti e trainanti, basti pensare alla florida attività di quest’area prevalentemente legata al tessile e alla calce idraulica, ma nello stesso tempo di evidenziare come questi stessi caratteri, determinino una cesura storico-ambientale difficile da ricomporre. Con “Costruire sul costruito” s’intende il palinsesto in cui il progetto interviene con diversi gradi di diversificazione. Il progetto è un atto di trasformazione dei luoghi ed è quindi vincolato alla conoscenza dei luoghi stessi. L’ intervenire sul luogo implica una ricerca di quali sono le componenti urbane, le componenti distributive che permettono di capire la ragione della forma e i modi della sua articolazione nello spazio. Nella delicata e importante fase di analisi iniziale e di valutazione sul tipo d’intervento da adottare sulla fabbrica, occorre individuare il grado di consolidamento dei tessuti: cosa demolire, cosa recuperare, aggiungere, connettere, che valori dare non in termini evocativi ma leggendo i manufatti e le reti che hanno costituito il paesaggio territoriale. In passato, si sono manifestati principalmente due atteggiamenti: il primo in cui è stato considerato l’edificio come valore assoluto da tutelare e conservare, come avvenuto a Manchester negli anni ‘90; il secondo, negli anni ’70, in cui si agisce affrontando il tema dei vuoti urbani. Questi vuoti sono aree completamente disponibili e periferiche dove sono stati proposti grandi progetti urbani per creare nuove centralità urbane: basti pensare ai Docks di Amsterdam o l’intervento di Gregotti a Torino, dove si progettarono questi vuoti non con funzioni produttive ma mediando la grande misura dell’industria con la dimensione della città. Oggi non abbiamo una strategia precisa, siamo a cavallo di quelle precedenti. Il tentativo di tesi è quello di rifunzionalizzare queste aree pensando a nuove forme per la produzione legato a nuove modalità di lavoro, non più strettamente connesse all’uso dei macchinari.
Rigenerare il paesaggio industriale. Architettura e nuove forme della produzione a Bergamo
CAVAGNA, ADRIANA;ARIANNA, VERONICA
2010/2011
Abstract
L’ambito di ricerca del progetto di tesi è rivolto al tema della rigenerazione delle aree industriali a Bergamo e, in generale, nella Val Seriana. Questo tema è stato sollevato dall’International Phd Summer School Progetti, Strategie, Ricerche per la città contemporanea che si è svolto a Bergamo nell’estate del 2011, e durante il quale è stato valorizzato l’apporto di contributi disciplinari diversificati non solo in campo architettonico ma anche storico, sociale ed economico. Il progetto di tesi si svolge in un’area scelta in accordo con il Comune di Bergamo e con Confindustria Bergamo, all’interno di un ambito della periferia storica della città che presenta caratteri di obsolescenza tipologico-funzionale e necessita quindi di progetti di riqualificazione complessiva di un sistema di fabbriche abbandonate. L’operazione di rigenerazione, prevede l’inserimento di nuove funzioni e tipologie destinate alla produzione e che operino secondo modalità di intervento attenta alla conservazione, adeguamento e trasformazione delle strutture esistenti, in un’ottica di valorizzazione del patrimonio industriale. Questo patrimonio è abbondante, e la dinamica produttiva in continuo sviluppo ha reso problematica la sua conservazione. Rinnovarsi per crescere, aggiornarsi per migliorare è stato il codice più seguito dalla classe imprenditoriale lombarda, una linea di tendenza che, se da un lato ha permesso il potenziamento dell’economia e del capitale, dall’altro ha fatto si che la storia delle antiche strutture di lavoro non costituisse in alcun modo un freno all’abbandono o distruzione. Destinata al progresso, l’industria deve continuamente rinnovarsi per mantenere una posizione competitiva sul mercato aggiornando sistematicamente gli impianti, adottando nuove tecniche e attualizzando i prodotti. In passato essa è stata vincolata a fattori contingenti, quali la presenza in loco di fonti di energia o di materie prime, la vicinanza o la facile connessione con i mercati ed i centri di approvvigionamento: quando tali fattori vengono a mancare, o non sono più necessari, l’industria è di per sé poco nostalgica e sostituisce o abbandona velocemente gli impianti lasciando dietro di sé archivi, macchine, arredi destinati alla demolizione. Il tema del patrimonio industriale, o industrial heritage, affrontato già da anni dalla Gran Bretagna, Francia e Germania, assume nel contesto scelto un significato pregnante: si tratta di studiare un passato che ha avuto caratteri dinamicamente innovativi, emergenti e trainanti, basti pensare alla florida attività di quest’area prevalentemente legata al tessile e alla calce idraulica, ma nello stesso tempo di evidenziare come questi stessi caratteri, determinino una cesura storico-ambientale difficile da ricomporre. Con “Costruire sul costruito” s’intende il palinsesto in cui il progetto interviene con diversi gradi di diversificazione. Il progetto è un atto di trasformazione dei luoghi ed è quindi vincolato alla conoscenza dei luoghi stessi. L’ intervenire sul luogo implica una ricerca di quali sono le componenti urbane, le componenti distributive che permettono di capire la ragione della forma e i modi della sua articolazione nello spazio. Nella delicata e importante fase di analisi iniziale e di valutazione sul tipo d’intervento da adottare sulla fabbrica, occorre individuare il grado di consolidamento dei tessuti: cosa demolire, cosa recuperare, aggiungere, connettere, che valori dare non in termini evocativi ma leggendo i manufatti e le reti che hanno costituito il paesaggio territoriale. In passato, si sono manifestati principalmente due atteggiamenti: il primo in cui è stato considerato l’edificio come valore assoluto da tutelare e conservare, come avvenuto a Manchester negli anni ‘90; il secondo, negli anni ’70, in cui si agisce affrontando il tema dei vuoti urbani. Questi vuoti sono aree completamente disponibili e periferiche dove sono stati proposti grandi progetti urbani per creare nuove centralità urbane: basti pensare ai Docks di Amsterdam o l’intervento di Gregotti a Torino, dove si progettarono questi vuoti non con funzioni produttive ma mediando la grande misura dell’industria con la dimensione della città. Oggi non abbiamo una strategia precisa, siamo a cavallo di quelle precedenti. Il tentativo di tesi è quello di rifunzionalizzare queste aree pensando a nuove forme per la produzione legato a nuove modalità di lavoro, non più strettamente connesse all’uso dei macchinari.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/53821