Ridare vita ad un complesso carcerario dal forte valore simbolico, restituire alla città un’area collocata in posizione strategica, aprire le mura di un luogo di detenzione e quindi per sua natura chiuso e introverso trasformandolo in uno spazio di transito e di sosta pur senza snaturarlo e banalizzarlo. Questi gli obiettivi che ci siamo posti sin da subito, nel momento in cui abbiamo intrapreso il progetto di rifunzionalizzazione dell’ area delle ex-carceri di Ferrara in via Piangipane, a cavallo tra la darsena del Pò di Merano e il centro storico. Si tratta di un brano di città in grande trasformazione in quanto esiste un Masterplan che prevede la realizzazione della nuova darsena con funzioni di porto fluviale e polo terziario. L’ opportunità di riconnettere il centro storico con la rinnovata area della darsena attraverso il nostro progetto di rifunzionalizzazione del complesso, era evidente. Una sfida molto complessa, trasformare un luogo di detenzione chiuso per sua natura, rigido e severo per architettura, fortemente evocativo e dal chiaro valore simbolico in un ambiente che pur conservando tutte queste caratteristiche potesse essere vivibile. L’ intenzione era quella di dare a tutti la possibilità di vivere quella stessa atmosfera suggestiva di cui abbiamo avuto esperienza durante il sopralluogo. Pur da persone libere, entrati nel complesso ci si sente costretti nei movimenti e nei comportamenti, i percorsi sono condizionati, gli spazi sono opprimenti; ci si sente stranamente controllati continuamente e schiacciati in una strana dimensione. Nel corpo C in particolare, ogni elemento dello spazio comunica una sensazione di severa costrizione, e il pensiero che molti uomini in passato hanno condiviso questi ambienti in condizioni di privazione, aumenta il sentimento di angoscia e di imposizione. Sono queste le suggestioni che si respirano anche negli spazi “aperti”, dove i detenuti trascorrendo l’ ora d’ aria, riscoprivano il contatto con la realtà del mondo sotto l’ occhio vigile delle sentinelle.

Oltre il muro : progetto di rifunzionalizzazione delle ex carceri di via Piangipane, Ferrara

SIMONE, GIACOMO;MORLACCHI, MICHELE;SIMONETTI, FEDERICO;SALAMIDA, PIERO
2011/2012

Abstract

Ridare vita ad un complesso carcerario dal forte valore simbolico, restituire alla città un’area collocata in posizione strategica, aprire le mura di un luogo di detenzione e quindi per sua natura chiuso e introverso trasformandolo in uno spazio di transito e di sosta pur senza snaturarlo e banalizzarlo. Questi gli obiettivi che ci siamo posti sin da subito, nel momento in cui abbiamo intrapreso il progetto di rifunzionalizzazione dell’ area delle ex-carceri di Ferrara in via Piangipane, a cavallo tra la darsena del Pò di Merano e il centro storico. Si tratta di un brano di città in grande trasformazione in quanto esiste un Masterplan che prevede la realizzazione della nuova darsena con funzioni di porto fluviale e polo terziario. L’ opportunità di riconnettere il centro storico con la rinnovata area della darsena attraverso il nostro progetto di rifunzionalizzazione del complesso, era evidente. Una sfida molto complessa, trasformare un luogo di detenzione chiuso per sua natura, rigido e severo per architettura, fortemente evocativo e dal chiaro valore simbolico in un ambiente che pur conservando tutte queste caratteristiche potesse essere vivibile. L’ intenzione era quella di dare a tutti la possibilità di vivere quella stessa atmosfera suggestiva di cui abbiamo avuto esperienza durante il sopralluogo. Pur da persone libere, entrati nel complesso ci si sente costretti nei movimenti e nei comportamenti, i percorsi sono condizionati, gli spazi sono opprimenti; ci si sente stranamente controllati continuamente e schiacciati in una strana dimensione. Nel corpo C in particolare, ogni elemento dello spazio comunica una sensazione di severa costrizione, e il pensiero che molti uomini in passato hanno condiviso questi ambienti in condizioni di privazione, aumenta il sentimento di angoscia e di imposizione. Sono queste le suggestioni che si respirano anche negli spazi “aperti”, dove i detenuti trascorrendo l’ ora d’ aria, riscoprivano il contatto con la realtà del mondo sotto l’ occhio vigile delle sentinelle.
BORSOTTI, MARCO
ARC II - Scuola di Architettura Civile
23-apr-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/56241