This research aims to propose a reflection on architectural composition with particular reference to its relationship with tradition. The target is to deduce the principles of a possible theory applicable to the current practice of the project, trying to reconcile the contradiction between design and composition that seems to characterize unequivocally the contemporary horizon. Attention has been directed towards those areas of thought where the architecture is still seen as evidence of aspiration, a tension that can escape individualism and unusual to get into a metaphysical dimension that the materialistic culture of our times has denied, but belongs instead to architecture in its highest declination. The ‘Novecento milanese’ has been in the recent history one of the last bulwark of this experience, proving to be able to withstand any possible preconceived division between the different disciplines as well as any usual preconceived chronological order. In the arts, the ‘ritorno al classico’ coincides with the finding that size motionless and timeless, this same desire is found in the works and expressions of those artists who, in times very different, have aspired to express and actualize the idea of a archetype, a myth of ancient origin. The ‘Novecento milanese’, and especially the work of Giovanni Muzio, are taken as episodes from which tried to bring the theoretical project that we intend to support. The possibility and the need to harness the wealth of tradition, the interpretation of types, shapes and building systems, have been the center of these reflections, real architectural renovations. For the architects ‘Novecentisti’ the ‘ritorno all’origine’ presupposes the recognition of a tradition and it meant back to that precise moment when the existence of a strong logical and rational, allowed to set out the problems and solutions with the maximum clearness. The ‘ritorno all’origine’ coincides with the ‘ritorno al classico’, last formal artistic experience which still showed absolute identity between unity and synthesis. The architectural order - which perfectly expressed the most complete and perfect coincidence of figurative elements with architectural and structural shapes - it was therefore assumed, beyond every possible variation of linguistic, as conceptual framework into the more general trend of ‘ritorno all’ordine’. The need for a new order is translated into a strain to a renewed vision of reality. The works of Giovanni Muzio have the ability to counteract the effects of time and fashion, always presenting itself as contemporary. However, his idea of architecture, although based on the ancient and classical tradition, can not be defined historicist; more than seeing the tradition understood as a legacy of syncopated forms and languages, is in fact devoted to the rediscovery and revaluation of ancestral idea of building, based on precise compositions and syntax, that are suspended motionless in one dimension and metaphysics: his buildings tend to stay into a secret and mysterious limbo, looking for the reason of their existence into the stillness of their time. Even the noble and monumental character of certain works derives not from a formal choice a priori, but rather corresponds to a process of gradual simplification of form, including the removal of all the emphasis figurative in favor of an unity and compactness of the mass and volume. So the ‘Palazzo dell’Arte’ and the ‘Università Cattolica’ are civil architecture whose monumental character expresses the idea of semantic space of the institution, as if to represent through the form, the sense of space in which recognizes and identifies the community. Through an analytical study of these and other works, the research aims to make a revision of some interpretations that historiography has produced and consolidated on critical position based on the dichotomy between tradition and modernity. So we want to propose a dual reading of Muzio: study the relationship with the ‘novecentisti milanesi’ and reconstruct the origin of the poetic and cultural position of Muzio, based on neo-classicism and Palladio; reminiscences translated into an instance of modernity made through types, syntax and compositional archetypal forms, which are architecture’s constants. Having put in direct relation Muzio’s writings with his projects has enabled to reconstruct the ideal genealogy through the recognition of references as well as investigate the constant reflection conduct on the meaning of modernity and tradition. The study of architectures is not carried out for the purpose of the stylistic features or typological and formal, but in order to isolate themes for actual project, according to the idea that continuity with the tradition should be sought, more than the image, in a more profound architecture’s character, or catching the very essence, the principle. It should be noted that the preference for additive compositions, a careful study of the distribution, as well as typological definition according to the urban morphology. The interest is so directed to the morpho-typological’s definition, to the principle of settlement, to the combinations of parts, to the volumetric composition and to the dialectical relationship with the urban context. Themes that represent the architecture and the constants that remain beyond the formal and linguistic variation.

Questa ricerca intende proporre una riflessione sulla composizione architettonica con particolare riferimento al suo rapporto con la tradizione. L’obiettivo è dedurre i principi di una possibile teoria applicabile alla corrente pratica del progetto, provando a ricomporre l’antinomia tra progettazione e composizione che sembra caratterizzare in modo inequivocabile l’orizzonte contemporaneo. L’attenzione è stata rivolta verso quei territori di pensiero in cui l’architettura è ancora intesa come testimonianza di un’aspirazione, di una tensione capace di sottrarsi all’individualismo e all’inusitato, per trascendere a quella dimensione metafisica che la cultura materialista della nostra epoca ha negato ma che, a ragione, appartiene invece all’architettura nella sua più elevata declinazione. Il ‘novecento’ milanese ha rappresentato nella recente storia dell’architettura uno degli ultimi baluardi di questa esperienza, dimostrando di saper resistere ad ogni possibile divisione preconcetta tra i diversi settori disciplinari così come ad ogni consueto ordinamento cronologico precostituito. Nelle arti il ‘ritorno al classico’ coincide con la ricerca di quella dimensione immota e atemporale; questa stessa aspirazione si ritrova nelle opere e nelle espressioni di quegli artisti che, in epoche profondamente diverse, hanno ambito ad esprimere e riattualizzare l’idea di un archetipo, di un mito, di un’origine arcaica. Il ‘Novecento’ milanese, e particolarmente l’opera di Giovanni Muzio, sono assunti quali capisaldi a partire dai quali si è tentato di esperire il progetto teorico che qui si intende sostenere. La possibilità e la necessità di mettere a frutto il patrimonio della tradizione, la reinterpretazione di tipi, forme e sistemi costruttivi, hanno rappresentato il centro di queste riflessioni, reali rinnovamenti dell’architettura. Per gli architetti ‘novecentisti’ il ‘ritorno all’origine’ presupponeva il riconoscimento di una tradizione e significava quindi risalire a quel preciso momento in cui l’esistenza di una forte componente logica e razionale, consentiva di enunciare i problemi e le soluzioni con la massima chiarezza possibile. Il ‘ritorno all’origine’ coincise così con il ‘ritorno al classico’, ultima esperienza artistica e formale in cui ancora si manifestava l’assoluta identità tra unità e sintesi. L’ordine architettonico - che esprimeva compiutamente la più totale e perfetta coincidenza degli elementi figurativi dell’architettura con quelli strutturali - fu perciò assunto, al di là di ogni sua possibile declinazione linguistica, quale termine di riferimento concettuale nell’ambito della più generale tendenza di ‘ritorno all’ordine’. La necessità di un nuovo ordine si tradusse così in una tensione verso una rinnovata visione della realtà. Le opere di Giovanni Muzio hanno la capacità di contrastare l’azione del tempo e il consumismo delle mode, proponendosi sempre come attuali. Tuttavia la sua idea di architettura, sebbene fondata sull’antico e sulla tradizione classica, non può esser definita storicista; più che guardare alla tradizione intesa come un patrimonio sedimentato e sincopato di forme e linguaggi, è infatti rivolta alla riscoperta e alla rivalutazione di quell’idea ancestrale del costruire, che si fonda su precise sintassi compositive, sospese in una dimensione immota e metafisica: le sue architetture tendono a collocarsi in un limbo segreto e misterioso ricercando, proprio nell’immobilità del tempo, la ragione della propria esistenza. Anche il carattere aulico e monumentale di certe opere non deriva da una scelta formale pregressa, ma corrisponde piuttosto ad un processo di progressiva semplificazione della forma che comporta l’eliminazione di ogni accento figurativo a favore dell’unità e della compattezza della massa e del volume. Il Palazzo dell’Arte e l’Università Cattolica, in tal senso, sono architetture civili il cui carattere monumentale corrisponde all’esigenza di esprimere lo spazio semantico dell’istituzione, quasi a voler rappresentare attraverso la forma, il senso dello spazio nel quale si riconosce e si identifica la comunità. Attraverso lo studio analitico di queste ed altre opere, la ricerca intende condurre una revisione di alcune interpretazioni che la storiografia ha prodotto e che risultano troppo consolidate su posizioni critiche fondate sulla dicotomia, all’apparenza inconciliabile, tra tradizione e modernità. Si propone una duplice lettura dell’opera di Muzio: da un lato si intende indagare i rapporti con i ‘novecentisti’ milanesi; dall’altro risalire all’origine della posizione culturale e poetica di Muzio, fondata sul neoclassicismo lombardo e su Palladio; reminescenze tradotte in un’istanza di modernità resa attraverso tipi, sintassi compositive e forme archetipiche, ovvero secondo le costanti dell’architettura. L’aver posto in diretta relazione gli scritti di Muzio con i suoi stessi progetti ha permesso di ricostruirne l’ideale genealogia attraverso il riconoscimento di riferimenti, spesso esibiti ma altrettanto frequentemente sottesi, così come di indagare la costante riflessione condotta sul significato di modernità e tradizione. Lo studio sulle architetture viene condotto non con il fine di evidenziarne esclusivamente i caratteri stilistici o tipologico-formali ma, al contrario, con lo scopo di isolare veri e propri temi di progetto, nella convinzione che la continuità con la tradizione debba essere ricercata più che nell’immagine, nel carattere più profondo dell’architettura, ovvero cogliendone la profonda essenza, il principio. Si evidenzia così la predilezione per composizioni additive, un accurato studio dei percorsi distributivi, così come un’attenta definizione tipologica in accordo alla morfologia urbana. L’interesse è così rivolto alla definizione morfo-tipologica dell’edificio, al principio insediativo e alla regola d’uso del suolo, al sistema combinatorio delle parti, alla composizione volumetrica e al rapporto dialettico con il contesto urbano. Temi che rappresentano le costanti dell’architettura e che permangono al di là di ogni declinazione linguistica e formale.

Giovanni Muzio e il 'Novecento' milanese. Per una genealogia del classico

TOLVE, VALERIO

Abstract

This research aims to propose a reflection on architectural composition with particular reference to its relationship with tradition. The target is to deduce the principles of a possible theory applicable to the current practice of the project, trying to reconcile the contradiction between design and composition that seems to characterize unequivocally the contemporary horizon. Attention has been directed towards those areas of thought where the architecture is still seen as evidence of aspiration, a tension that can escape individualism and unusual to get into a metaphysical dimension that the materialistic culture of our times has denied, but belongs instead to architecture in its highest declination. The ‘Novecento milanese’ has been in the recent history one of the last bulwark of this experience, proving to be able to withstand any possible preconceived division between the different disciplines as well as any usual preconceived chronological order. In the arts, the ‘ritorno al classico’ coincides with the finding that size motionless and timeless, this same desire is found in the works and expressions of those artists who, in times very different, have aspired to express and actualize the idea of a archetype, a myth of ancient origin. The ‘Novecento milanese’, and especially the work of Giovanni Muzio, are taken as episodes from which tried to bring the theoretical project that we intend to support. The possibility and the need to harness the wealth of tradition, the interpretation of types, shapes and building systems, have been the center of these reflections, real architectural renovations. For the architects ‘Novecentisti’ the ‘ritorno all’origine’ presupposes the recognition of a tradition and it meant back to that precise moment when the existence of a strong logical and rational, allowed to set out the problems and solutions with the maximum clearness. The ‘ritorno all’origine’ coincides with the ‘ritorno al classico’, last formal artistic experience which still showed absolute identity between unity and synthesis. The architectural order - which perfectly expressed the most complete and perfect coincidence of figurative elements with architectural and structural shapes - it was therefore assumed, beyond every possible variation of linguistic, as conceptual framework into the more general trend of ‘ritorno all’ordine’. The need for a new order is translated into a strain to a renewed vision of reality. The works of Giovanni Muzio have the ability to counteract the effects of time and fashion, always presenting itself as contemporary. However, his idea of architecture, although based on the ancient and classical tradition, can not be defined historicist; more than seeing the tradition understood as a legacy of syncopated forms and languages, is in fact devoted to the rediscovery and revaluation of ancestral idea of building, based on precise compositions and syntax, that are suspended motionless in one dimension and metaphysics: his buildings tend to stay into a secret and mysterious limbo, looking for the reason of their existence into the stillness of their time. Even the noble and monumental character of certain works derives not from a formal choice a priori, but rather corresponds to a process of gradual simplification of form, including the removal of all the emphasis figurative in favor of an unity and compactness of the mass and volume. So the ‘Palazzo dell’Arte’ and the ‘Università Cattolica’ are civil architecture whose monumental character expresses the idea of semantic space of the institution, as if to represent through the form, the sense of space in which recognizes and identifies the community. Through an analytical study of these and other works, the research aims to make a revision of some interpretations that historiography has produced and consolidated on critical position based on the dichotomy between tradition and modernity. So we want to propose a dual reading of Muzio: study the relationship with the ‘novecentisti milanesi’ and reconstruct the origin of the poetic and cultural position of Muzio, based on neo-classicism and Palladio; reminiscences translated into an instance of modernity made through types, syntax and compositional archetypal forms, which are architecture’s constants. Having put in direct relation Muzio’s writings with his projects has enabled to reconstruct the ideal genealogy through the recognition of references as well as investigate the constant reflection conduct on the meaning of modernity and tradition. The study of architectures is not carried out for the purpose of the stylistic features or typological and formal, but in order to isolate themes for actual project, according to the idea that continuity with the tradition should be sought, more than the image, in a more profound architecture’s character, or catching the very essence, the principle. It should be noted that the preference for additive compositions, a careful study of the distribution, as well as typological definition according to the urban morphology. The interest is so directed to the morpho-typological’s definition, to the principle of settlement, to the combinations of parts, to the volumetric composition and to the dialectical relationship with the urban context. Themes that represent the architecture and the constants that remain beyond the formal and linguistic variation.
TORRICELLI, ANGELO
VITALE, DANIELE
FERRO, LUISA
30-mar-2012
Giovanni Muzio and the 'Novecento milanese'. For a genealogy of the classic
Questa ricerca intende proporre una riflessione sulla composizione architettonica con particolare riferimento al suo rapporto con la tradizione. L’obiettivo è dedurre i principi di una possibile teoria applicabile alla corrente pratica del progetto, provando a ricomporre l’antinomia tra progettazione e composizione che sembra caratterizzare in modo inequivocabile l’orizzonte contemporaneo. L’attenzione è stata rivolta verso quei territori di pensiero in cui l’architettura è ancora intesa come testimonianza di un’aspirazione, di una tensione capace di sottrarsi all’individualismo e all’inusitato, per trascendere a quella dimensione metafisica che la cultura materialista della nostra epoca ha negato ma che, a ragione, appartiene invece all’architettura nella sua più elevata declinazione. Il ‘novecento’ milanese ha rappresentato nella recente storia dell’architettura uno degli ultimi baluardi di questa esperienza, dimostrando di saper resistere ad ogni possibile divisione preconcetta tra i diversi settori disciplinari così come ad ogni consueto ordinamento cronologico precostituito. Nelle arti il ‘ritorno al classico’ coincide con la ricerca di quella dimensione immota e atemporale; questa stessa aspirazione si ritrova nelle opere e nelle espressioni di quegli artisti che, in epoche profondamente diverse, hanno ambito ad esprimere e riattualizzare l’idea di un archetipo, di un mito, di un’origine arcaica. Il ‘Novecento’ milanese, e particolarmente l’opera di Giovanni Muzio, sono assunti quali capisaldi a partire dai quali si è tentato di esperire il progetto teorico che qui si intende sostenere. La possibilità e la necessità di mettere a frutto il patrimonio della tradizione, la reinterpretazione di tipi, forme e sistemi costruttivi, hanno rappresentato il centro di queste riflessioni, reali rinnovamenti dell’architettura. Per gli architetti ‘novecentisti’ il ‘ritorno all’origine’ presupponeva il riconoscimento di una tradizione e significava quindi risalire a quel preciso momento in cui l’esistenza di una forte componente logica e razionale, consentiva di enunciare i problemi e le soluzioni con la massima chiarezza possibile. Il ‘ritorno all’origine’ coincise così con il ‘ritorno al classico’, ultima esperienza artistica e formale in cui ancora si manifestava l’assoluta identità tra unità e sintesi. L’ordine architettonico - che esprimeva compiutamente la più totale e perfetta coincidenza degli elementi figurativi dell’architettura con quelli strutturali - fu perciò assunto, al di là di ogni sua possibile declinazione linguistica, quale termine di riferimento concettuale nell’ambito della più generale tendenza di ‘ritorno all’ordine’. La necessità di un nuovo ordine si tradusse così in una tensione verso una rinnovata visione della realtà. Le opere di Giovanni Muzio hanno la capacità di contrastare l’azione del tempo e il consumismo delle mode, proponendosi sempre come attuali. Tuttavia la sua idea di architettura, sebbene fondata sull’antico e sulla tradizione classica, non può esser definita storicista; più che guardare alla tradizione intesa come un patrimonio sedimentato e sincopato di forme e linguaggi, è infatti rivolta alla riscoperta e alla rivalutazione di quell’idea ancestrale del costruire, che si fonda su precise sintassi compositive, sospese in una dimensione immota e metafisica: le sue architetture tendono a collocarsi in un limbo segreto e misterioso ricercando, proprio nell’immobilità del tempo, la ragione della propria esistenza. Anche il carattere aulico e monumentale di certe opere non deriva da una scelta formale pregressa, ma corrisponde piuttosto ad un processo di progressiva semplificazione della forma che comporta l’eliminazione di ogni accento figurativo a favore dell’unità e della compattezza della massa e del volume. Il Palazzo dell’Arte e l’Università Cattolica, in tal senso, sono architetture civili il cui carattere monumentale corrisponde all’esigenza di esprimere lo spazio semantico dell’istituzione, quasi a voler rappresentare attraverso la forma, il senso dello spazio nel quale si riconosce e si identifica la comunità. Attraverso lo studio analitico di queste ed altre opere, la ricerca intende condurre una revisione di alcune interpretazioni che la storiografia ha prodotto e che risultano troppo consolidate su posizioni critiche fondate sulla dicotomia, all’apparenza inconciliabile, tra tradizione e modernità. Si propone una duplice lettura dell’opera di Muzio: da un lato si intende indagare i rapporti con i ‘novecentisti’ milanesi; dall’altro risalire all’origine della posizione culturale e poetica di Muzio, fondata sul neoclassicismo lombardo e su Palladio; reminescenze tradotte in un’istanza di modernità resa attraverso tipi, sintassi compositive e forme archetipiche, ovvero secondo le costanti dell’architettura. L’aver posto in diretta relazione gli scritti di Muzio con i suoi stessi progetti ha permesso di ricostruirne l’ideale genealogia attraverso il riconoscimento di riferimenti, spesso esibiti ma altrettanto frequentemente sottesi, così come di indagare la costante riflessione condotta sul significato di modernità e tradizione. Lo studio sulle architetture viene condotto non con il fine di evidenziarne esclusivamente i caratteri stilistici o tipologico-formali ma, al contrario, con lo scopo di isolare veri e propri temi di progetto, nella convinzione che la continuità con la tradizione debba essere ricercata più che nell’immagine, nel carattere più profondo dell’architettura, ovvero cogliendone la profonda essenza, il principio. Si evidenzia così la predilezione per composizioni additive, un accurato studio dei percorsi distributivi, così come un’attenta definizione tipologica in accordo alla morfologia urbana. L’interesse è così rivolto alla definizione morfo-tipologica dell’edificio, al principio insediativo e alla regola d’uso del suolo, al sistema combinatorio delle parti, alla composizione volumetrica e al rapporto dialettico con il contesto urbano. Temi che rappresentano le costanti dell’architettura e che permangono al di là di ogni declinazione linguistica e formale.
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