Il filo rosso di questa tesi muove da una riflessione sul confine, sui suoi significati e le sue conseguenze. Particolare attenzione viene data ad una delle possibili sue materializzazioni: il muro o, usando una terminologia più precisa, la barriera di separazione territoriale. Ci si è chiesti se fosse possibile, aumentandone lo spessore, trasformare un elemento divisorio in uno spazio di aggregazione. Si è proceduto quindi ad uno studio delle più importanti barriere esistenti, che sono state tradotte graficamente per una più efficace comunicazione, oltre che personale comprensione. Ci si è resi conto, in questa fase, che l’espressione migliore per descrivere un muro è quella di dispositivo, poiché non si tratta quasi mai di un singolo elemento, quanto piuttosto un’insieme di strategie finalizzate all’interruzione dei flussi. Tra quelle che sembrano essere più efficaci spicca quella che spesso viene chiamata terra di nessuno, quella striscia di vuoto che trova spazio tra i due o più muri verticali che compongono la barriera ma che non sono il vero, insuperabile ostacolo. Nella terra di nessuno infatti il diritto sbiadisce, le responsabilità per eventuali abusi su chi tenti di attraversarla sono difficilmente attribuibili, i soccorsi, nel caso l’ampiezza di questo spazio diventi rilevante, sono praticamente inesistenti, lasciando ciascuno al proprio destino. In questo senso è parsa interessante, oltre che attuale, una visione del Mar Mediterraneo come muro, caratterizzato da due “barriere verticali”, identificate con le Zone Contigue dei vari Stati (in cui avvengono i pattugliamenti), e da una vasta terra di nessuno, cioè le Acque Internazionali (che sono generalmente teatro di disgrazie). Cercando di dare una risposta che però non può che venire da scelte politiche, la ricerca di un’architettura si è concentrata sul tentativo di facilitare le connessioni e gli spostamenti nel Mar Mediterraneo giungendo all’iniziale idea di bivacco marino, una rete di piattaforme galleggianti che si ispirassero ad un altra tipologia di bivacco: quello di montagna. Decisamente utopica e che probabilmente avrebbe portato ad un’eterogenesi dei fini, questa soluzione è stata fatta poi cadere all’interno di un programma più concreto, che guardasse e rispondesse a quei bisogni e a quelle spinte istituzionali mediterranee che potrebbero, in un futuro, se non cancellare, almeno rendere più trasparente il Muro Mediterraneo.

34°50’52.77’’N 12°36’51.81’’E. Bivacco mediterraneo

GEORGE, POE MATTEO;GEORGE, TIMOTHÉE
2011/2012

Abstract

Il filo rosso di questa tesi muove da una riflessione sul confine, sui suoi significati e le sue conseguenze. Particolare attenzione viene data ad una delle possibili sue materializzazioni: il muro o, usando una terminologia più precisa, la barriera di separazione territoriale. Ci si è chiesti se fosse possibile, aumentandone lo spessore, trasformare un elemento divisorio in uno spazio di aggregazione. Si è proceduto quindi ad uno studio delle più importanti barriere esistenti, che sono state tradotte graficamente per una più efficace comunicazione, oltre che personale comprensione. Ci si è resi conto, in questa fase, che l’espressione migliore per descrivere un muro è quella di dispositivo, poiché non si tratta quasi mai di un singolo elemento, quanto piuttosto un’insieme di strategie finalizzate all’interruzione dei flussi. Tra quelle che sembrano essere più efficaci spicca quella che spesso viene chiamata terra di nessuno, quella striscia di vuoto che trova spazio tra i due o più muri verticali che compongono la barriera ma che non sono il vero, insuperabile ostacolo. Nella terra di nessuno infatti il diritto sbiadisce, le responsabilità per eventuali abusi su chi tenti di attraversarla sono difficilmente attribuibili, i soccorsi, nel caso l’ampiezza di questo spazio diventi rilevante, sono praticamente inesistenti, lasciando ciascuno al proprio destino. In questo senso è parsa interessante, oltre che attuale, una visione del Mar Mediterraneo come muro, caratterizzato da due “barriere verticali”, identificate con le Zone Contigue dei vari Stati (in cui avvengono i pattugliamenti), e da una vasta terra di nessuno, cioè le Acque Internazionali (che sono generalmente teatro di disgrazie). Cercando di dare una risposta che però non può che venire da scelte politiche, la ricerca di un’architettura si è concentrata sul tentativo di facilitare le connessioni e gli spostamenti nel Mar Mediterraneo giungendo all’iniziale idea di bivacco marino, una rete di piattaforme galleggianti che si ispirassero ad un altra tipologia di bivacco: quello di montagna. Decisamente utopica e che probabilmente avrebbe portato ad un’eterogenesi dei fini, questa soluzione è stata fatta poi cadere all’interno di un programma più concreto, che guardasse e rispondesse a quei bisogni e a quelle spinte istituzionali mediterranee che potrebbero, in un futuro, se non cancellare, almeno rendere più trasparente il Muro Mediterraneo.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
25-lug-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/57171