Pordenone, capital of the province of Friuli Venezia Giulia, is presented as a lively and vital town, whose territory is always linked to the manufacturing world and industrial production. Appreciated since the Middle Ages for its strategic location as a crossroads for trade, in 1800 experienced a flowering period of the industrial sector. Along with buildings dating from the medieval period were built the first factories that gave a boost to economic and social life of the city. Pordenone was one important area for cotton, because the city had useful features for the establishment of these productions: the waterways for the movement of machines and operations for the dyeing of fabrics, thanks to the large labor migration from neighboring valleys and strategic location for trade of finished products. At the same time were built dormitories for workers and districts of worker’s houses that fueling the importance that the sector acquired in the city realty. Despite the importance of these large factories boasted, after the Second World War, the industry knew a period of crisis that led to the cessation of production activities and the dismantling of the machinery. What is now left of these industries is part of industrial heritage. For several years Pordenone is searching solutions for the recovery of these areas, however, each of them presents problems which do not facilitate the situation and doesn’t lead to a possible solution. The role assumed by these urban areas is not so trivial: large areas deserted in the center of town and close to residential areas; the Amman Cotton Mill has the same features. Some data to understand the complexity: slightly more than 105.000 square meters extending the entire lot, 48.543 square meters of floor area, 255.000 cubic meters in volume existing, green areas and built portions which intersect with each other, the nature that slowly is taking over everything that is inside the area. The relationship with the surrounding neighbourhoods is also difficult: unease in the population to see a symbol of their history abandoned in the hope that someone may, one day, just do it again. And the intent that led us to undertake this challenge is just that: to show that you can recover this and similar ones throughout the country, widespread especially in the north of Italy. The reutilization and project process is based on the history of a building or complex of buildings, society, economy and territory. For this reason, the work that we are going to introduce is organized as follows: the first part fits the area at the macroscale, in order to understand what people are involved, the peculiarities of the territory by acquiring the strengths and interests in order to submit the functions most appropriate to create a new bond with the surrounding urban context; the stage of “knowledge” is completed with the survey conducted on individual adjustment buildings, their formal and structural features and deterioration phenomenon; the second part analyses the planning and functional assumptions to a larger scale and present the “metaprogettazione” phase; it develops different parts of the architectural project, taking into account the demolition, removal of accretions and new construction; the last part focuses on the study of the building that once housed the factory supervisor called “Filatura Nuova” and being redesigned as museum space: we have elaorated distribution and functional aspects, providing the flexibility of the spaces with the proposal of a system of movable and composable furnitures, the structural features of existing assets and the technical solution to put in place to ensure their usability in compliance with regulations and safety factors applied; the design is completed with the lighting project which made ​​it possible to verify the architectural and technological choices adopted. A long, complex and difficult work that has allowed us to grow, to understand the responsibilities that will wait us in the face of significant issues such as the vacant sites in a period of considerable economic and cultural crisis. The redevelopment and reuse of urban sectors of industrial archeology or simply already built are the main themes of architectural, engineering and society worlds in the near future, recognizing that good urban development policy is based on the reduction of natural resources consumption, reduction of pollutant emissions and adaptation of existing facilities.

Pordenone, capoluogo dell’omonima provincia del Friuli Venezia Giulia, si presenta come una cittadina vivace e vitale, la cui territorialità è da sempre legata al mondo manifatturiero e integrata con le produzioni industriali. Apprezzata fin dal medioevo per la sua posizione strategica e come crocevia per il commercio, nel 1800 conobbe un periodo di fioritura del settore industriale. Accanto ai palazzi risalenti al periodo medievale sorsero le prime fabbriche che diedero una svolta alla vita economica e sociale della città. Settore importante per Pordenone fu quello cotoniero; infatti la città presentava caratteristiche utili per l’insediamento di tali produzioni: i corsi d’acqua per la movimentazione delle macchine e per le operazioni di tintura delle stoffe, la manodopera numerosa grazie alle migrazioni dalle valli vicine e la posizione strategica per il commercio del prodotto terminato. Accanto ad alcuni di questi grandi edifici sorsero dormitori per i lavoratori e quartieri di case operaie, alimentando l’importanza che il settore acquisiva nella realtà cittadina. Nonostante l’importanza che queste grandi fabbriche vantavano, dopo la seconda guerra mondiale il settore conobbe un periodo di crisi che portò alla cessazione delle attività produttive e lo smantellamento dei macchinari. Quello che oggi è rimasto di queste industrie rientra a fare parte del patrimonio dell’archeologia industriale. Pordenone da anni cerca soluzioni per il recupero di queste aree, tuttavia ciascuna di esse presenta problematiche che non facilitano la situazione e che portano all’allontanamento di una soluzione. Il ruolo urbano assunto da queste zone non è di poco conto: grandi aree abbandonate a se stesse nel centro delle città e in prossimità di centri residenziali; anche il comparto urbanistico entro cui era collocato il Cotonificio Amman presenta le stesse caratteristiche. Alcuni dati per capirne la complessità: poco più di 105.000 metri quadrati l’estensione dell’intero lotto, 48543 mq di superficie coperta, 255.000 metri cubi di volumetria esistente, aree verdi e porzioni costruite che si intersecano le une con le altre, la natura che pian piano si sta impossessando di tutto quello che trova all’interno dell’area. Difficile anche il rapporto con i quartieri circostanti: disagio nella popolazione nel vedere un simbolo della propria storia abbandonato, nella speranza che qualcuno possa, un giorno, rifarlo proprio. E l’intento che ci ha portato a intraprendere questa sfida è proprio questo: dimostrare che è possibile recuperare quest’area e quelle simili presenti sul territorio nazionale, diffuse soprattutto nell’area settentrionale. La storia di un edificio o di un insieme di costruzioni, la società entro cui questo è stato realizzato, l’economia e il territorio entro il quale è collocato sono alla base del processo di rifunzionalizzazione di queste situazioni. Proprio per questo motivo, il lavoro che andiamo a presentarvi è così organizzato: la prima parte inquadra l’area alla macroscala, con lo scopo di capire quale fossero i soggetti coinvolti, le peculiarità del territorio, acquisendo i punti di forza e di interesse per poter inserire all’interno dell’area le funzioni più idonee a creare un nuovo legame con il contesto urbano circostante; la fase della “conoscenza” si è completata con il rilievo condotto sui singoli corpi di fabbrica presenti, sulle loro caratteristiche formali e costruttive, sulle patologie di degrado cui questi erano e sono sottoposti; la seconda parte analizza le ipotesi progettuali e funzionali ad una scala maggiore, proponendo il processo di metaprogettazione seguito; sviluppa il livello architettonico delle diverse parti, tenendo conto degli interventi di demolizione, rimozione delle superfetazioni e delle nuove costruzioni l’ultima parte si focalizza sullo studio dell’edificio che una volta ospitava la Filatura Nuova e che viene ripensato come spazio museale: si sono approfonditi gli aspetti distributivi e funzionali, garantendo la flessibilità degli spazi con la proposta di un sistema di arredo movimentabile e componibile all’occorrenza; i caratteri strutturali degli elementi esistenti e gli accorgimenti tecnici di mettere in atto per garantirne la fruibilità nel rispetto delle normative e dei fattori di sicurezza richiesti; la progettazione è stata completata con lo studio illuminotecnico il quale ha permesso di verificare le scelte architettoniche e tecnologiche adottate. Un lavoro lungo, complesso e difficile che ci ha permesso di crescere, di capire in pieno la responsabilità che ci attenderà di fronte a tematiche significative come quello delle zone dismesse, in un periodo di crisi culturale ed economica non indifferente. La riqualificazione e il riuso di comparti urbanistici di archeologia industriale o semplicemente già edificati rappresentano nel prossimo futuro i temi principali del mondo dell’architettura, dell’ingegneria e della società contemporanea, consapevoli che una buona politica di sviluppo urbano si basa sulla riduzione dei consumi di risorse naturali, di riduzione delle emissioni inquinanti e sull’adeguamento delle strutture esistenti.

Recupero del cotonificio Amman-Wepfer. Un nuovo quartiere per Pordenone

BAJ ROSSI, MATTIA;LOCATELLI, IRENE MARIA LETIZIA;MITON, VICTOR
2011/2012

Abstract

Pordenone, capital of the province of Friuli Venezia Giulia, is presented as a lively and vital town, whose territory is always linked to the manufacturing world and industrial production. Appreciated since the Middle Ages for its strategic location as a crossroads for trade, in 1800 experienced a flowering period of the industrial sector. Along with buildings dating from the medieval period were built the first factories that gave a boost to economic and social life of the city. Pordenone was one important area for cotton, because the city had useful features for the establishment of these productions: the waterways for the movement of machines and operations for the dyeing of fabrics, thanks to the large labor migration from neighboring valleys and strategic location for trade of finished products. At the same time were built dormitories for workers and districts of worker’s houses that fueling the importance that the sector acquired in the city realty. Despite the importance of these large factories boasted, after the Second World War, the industry knew a period of crisis that led to the cessation of production activities and the dismantling of the machinery. What is now left of these industries is part of industrial heritage. For several years Pordenone is searching solutions for the recovery of these areas, however, each of them presents problems which do not facilitate the situation and doesn’t lead to a possible solution. The role assumed by these urban areas is not so trivial: large areas deserted in the center of town and close to residential areas; the Amman Cotton Mill has the same features. Some data to understand the complexity: slightly more than 105.000 square meters extending the entire lot, 48.543 square meters of floor area, 255.000 cubic meters in volume existing, green areas and built portions which intersect with each other, the nature that slowly is taking over everything that is inside the area. The relationship with the surrounding neighbourhoods is also difficult: unease in the population to see a symbol of their history abandoned in the hope that someone may, one day, just do it again. And the intent that led us to undertake this challenge is just that: to show that you can recover this and similar ones throughout the country, widespread especially in the north of Italy. The reutilization and project process is based on the history of a building or complex of buildings, society, economy and territory. For this reason, the work that we are going to introduce is organized as follows: the first part fits the area at the macroscale, in order to understand what people are involved, the peculiarities of the territory by acquiring the strengths and interests in order to submit the functions most appropriate to create a new bond with the surrounding urban context; the stage of “knowledge” is completed with the survey conducted on individual adjustment buildings, their formal and structural features and deterioration phenomenon; the second part analyses the planning and functional assumptions to a larger scale and present the “metaprogettazione” phase; it develops different parts of the architectural project, taking into account the demolition, removal of accretions and new construction; the last part focuses on the study of the building that once housed the factory supervisor called “Filatura Nuova” and being redesigned as museum space: we have elaorated distribution and functional aspects, providing the flexibility of the spaces with the proposal of a system of movable and composable furnitures, the structural features of existing assets and the technical solution to put in place to ensure their usability in compliance with regulations and safety factors applied; the design is completed with the lighting project which made ​​it possible to verify the architectural and technological choices adopted. A long, complex and difficult work that has allowed us to grow, to understand the responsibilities that will wait us in the face of significant issues such as the vacant sites in a period of considerable economic and cultural crisis. The redevelopment and reuse of urban sectors of industrial archeology or simply already built are the main themes of architectural, engineering and society worlds in the near future, recognizing that good urban development policy is based on the reduction of natural resources consumption, reduction of pollutant emissions and adaptation of existing facilities.
DE MAIO, ADRIANO
PISANI, MARCO ANDREA
BREDA, MARIA ANTONIETTA
ING VI - Scuola di Ingegneria Edile-Architettura
26-lug-2012
2011/2012
Pordenone, capoluogo dell’omonima provincia del Friuli Venezia Giulia, si presenta come una cittadina vivace e vitale, la cui territorialità è da sempre legata al mondo manifatturiero e integrata con le produzioni industriali. Apprezzata fin dal medioevo per la sua posizione strategica e come crocevia per il commercio, nel 1800 conobbe un periodo di fioritura del settore industriale. Accanto ai palazzi risalenti al periodo medievale sorsero le prime fabbriche che diedero una svolta alla vita economica e sociale della città. Settore importante per Pordenone fu quello cotoniero; infatti la città presentava caratteristiche utili per l’insediamento di tali produzioni: i corsi d’acqua per la movimentazione delle macchine e per le operazioni di tintura delle stoffe, la manodopera numerosa grazie alle migrazioni dalle valli vicine e la posizione strategica per il commercio del prodotto terminato. Accanto ad alcuni di questi grandi edifici sorsero dormitori per i lavoratori e quartieri di case operaie, alimentando l’importanza che il settore acquisiva nella realtà cittadina. Nonostante l’importanza che queste grandi fabbriche vantavano, dopo la seconda guerra mondiale il settore conobbe un periodo di crisi che portò alla cessazione delle attività produttive e lo smantellamento dei macchinari. Quello che oggi è rimasto di queste industrie rientra a fare parte del patrimonio dell’archeologia industriale. Pordenone da anni cerca soluzioni per il recupero di queste aree, tuttavia ciascuna di esse presenta problematiche che non facilitano la situazione e che portano all’allontanamento di una soluzione. Il ruolo urbano assunto da queste zone non è di poco conto: grandi aree abbandonate a se stesse nel centro delle città e in prossimità di centri residenziali; anche il comparto urbanistico entro cui era collocato il Cotonificio Amman presenta le stesse caratteristiche. Alcuni dati per capirne la complessità: poco più di 105.000 metri quadrati l’estensione dell’intero lotto, 48543 mq di superficie coperta, 255.000 metri cubi di volumetria esistente, aree verdi e porzioni costruite che si intersecano le une con le altre, la natura che pian piano si sta impossessando di tutto quello che trova all’interno dell’area. Difficile anche il rapporto con i quartieri circostanti: disagio nella popolazione nel vedere un simbolo della propria storia abbandonato, nella speranza che qualcuno possa, un giorno, rifarlo proprio. E l’intento che ci ha portato a intraprendere questa sfida è proprio questo: dimostrare che è possibile recuperare quest’area e quelle simili presenti sul territorio nazionale, diffuse soprattutto nell’area settentrionale. La storia di un edificio o di un insieme di costruzioni, la società entro cui questo è stato realizzato, l’economia e il territorio entro il quale è collocato sono alla base del processo di rifunzionalizzazione di queste situazioni. Proprio per questo motivo, il lavoro che andiamo a presentarvi è così organizzato: la prima parte inquadra l’area alla macroscala, con lo scopo di capire quale fossero i soggetti coinvolti, le peculiarità del territorio, acquisendo i punti di forza e di interesse per poter inserire all’interno dell’area le funzioni più idonee a creare un nuovo legame con il contesto urbano circostante; la fase della “conoscenza” si è completata con il rilievo condotto sui singoli corpi di fabbrica presenti, sulle loro caratteristiche formali e costruttive, sulle patologie di degrado cui questi erano e sono sottoposti; la seconda parte analizza le ipotesi progettuali e funzionali ad una scala maggiore, proponendo il processo di metaprogettazione seguito; sviluppa il livello architettonico delle diverse parti, tenendo conto degli interventi di demolizione, rimozione delle superfetazioni e delle nuove costruzioni l’ultima parte si focalizza sullo studio dell’edificio che una volta ospitava la Filatura Nuova e che viene ripensato come spazio museale: si sono approfonditi gli aspetti distributivi e funzionali, garantendo la flessibilità degli spazi con la proposta di un sistema di arredo movimentabile e componibile all’occorrenza; i caratteri strutturali degli elementi esistenti e gli accorgimenti tecnici di mettere in atto per garantirne la fruibilità nel rispetto delle normative e dei fattori di sicurezza richiesti; la progettazione è stata completata con lo studio illuminotecnico il quale ha permesso di verificare le scelte architettoniche e tecnologiche adottate. Un lavoro lungo, complesso e difficile che ci ha permesso di crescere, di capire in pieno la responsabilità che ci attenderà di fronte a tematiche significative come quello delle zone dismesse, in un periodo di crisi culturale ed economica non indifferente. La riqualificazione e il riuso di comparti urbanistici di archeologia industriale o semplicemente già edificati rappresentano nel prossimo futuro i temi principali del mondo dell’architettura, dell’ingegneria e della società contemporanea, consapevoli che una buona politica di sviluppo urbano si basa sulla riduzione dei consumi di risorse naturali, di riduzione delle emissioni inquinanti e sull’adeguamento delle strutture esistenti.
Tesi di laurea Magistrale
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