Le metropoli moderne sono accomunabili a ciò che i grandi deserti e le terre aride ed inospitali hanno rappresentato nel corso dei secoli per nomadi e viandanti. I pericoli sono di natura differente, ma ugualmente insidiosi. Siamo sempre più abituati a vivere in un ambiente saturo di messaggi pubblicitari che affascinano e seducono, ma che sono in definitiva menzogneri: standard irrealizzabili, metodi comunicativi non autentici ed immagini che si riferiscono ad una realtà che non esiste al di fuori dei confini dell’immagine stessa. Parallelamente l’infrastruttura urbana contemporanea, tipicamente autocentrica, svaluta e riduce molte attività sociali, dando invece spazio a funzioni e strutture schiave dei mezzi di trasporto privati. In questi luoghi ed all’interno di questa realtà il nomade metropolitano opera, si muove, vive. Il suo profilo è difficile da inquadrare: si tratta di un’attitudine mentale, di un modus vivendi presente in maniera trasversale in individui diversi fra loro per estrazione sociale, condizioni economiche e credo politico. Esattamente come i loro antenati tribali, queste figure necessitano di una salda ed efficiente infrastruttura di supporto, un sistema diffuso di ausilio ai loro spostamenti nomadici. Questi Supporti Urbani, inseriti sinecologicamente in nicchie fertili dell’ecosistema urbano, si propongono come punto di riferimento per viaggiatori, abitanti della città e turisti. Un territorio temporaneo dove nascano interazioni sociali improvvisate e genuine. Basate sulla logica della temporaneità e della modularità queste strutture possono essere dispiegate laddove la città ed i cittadini lo richiedano, ed attraverso un sistema di feedback è possibile valutarne la loro efficienza sul territorio. Nicchie fertili per questo tipo di intervento sono le strade cittadine, luogo di norma dedicato agli automezzi. Dei non luoghi li definirebbe Marc Augè. Attraverso un intervento di urbanismo tattico lo spazio pubblico viene esteso all’interno della carreggiata stradale, restituendo alla comunità e rivalutando temporaneamente quello spazio che, egoisticamente, è di norma riservato al parcheggio degli autoveicoli privati.
Supporti urbani per nomadi contemporanei
VIOLA, RODOLFO
2011/2012
Abstract
Le metropoli moderne sono accomunabili a ciò che i grandi deserti e le terre aride ed inospitali hanno rappresentato nel corso dei secoli per nomadi e viandanti. I pericoli sono di natura differente, ma ugualmente insidiosi. Siamo sempre più abituati a vivere in un ambiente saturo di messaggi pubblicitari che affascinano e seducono, ma che sono in definitiva menzogneri: standard irrealizzabili, metodi comunicativi non autentici ed immagini che si riferiscono ad una realtà che non esiste al di fuori dei confini dell’immagine stessa. Parallelamente l’infrastruttura urbana contemporanea, tipicamente autocentrica, svaluta e riduce molte attività sociali, dando invece spazio a funzioni e strutture schiave dei mezzi di trasporto privati. In questi luoghi ed all’interno di questa realtà il nomade metropolitano opera, si muove, vive. Il suo profilo è difficile da inquadrare: si tratta di un’attitudine mentale, di un modus vivendi presente in maniera trasversale in individui diversi fra loro per estrazione sociale, condizioni economiche e credo politico. Esattamente come i loro antenati tribali, queste figure necessitano di una salda ed efficiente infrastruttura di supporto, un sistema diffuso di ausilio ai loro spostamenti nomadici. Questi Supporti Urbani, inseriti sinecologicamente in nicchie fertili dell’ecosistema urbano, si propongono come punto di riferimento per viaggiatori, abitanti della città e turisti. Un territorio temporaneo dove nascano interazioni sociali improvvisate e genuine. Basate sulla logica della temporaneità e della modularità queste strutture possono essere dispiegate laddove la città ed i cittadini lo richiedano, ed attraverso un sistema di feedback è possibile valutarne la loro efficienza sul territorio. Nicchie fertili per questo tipo di intervento sono le strade cittadine, luogo di norma dedicato agli automezzi. Dei non luoghi li definirebbe Marc Augè. Attraverso un intervento di urbanismo tattico lo spazio pubblico viene esteso all’interno della carreggiata stradale, restituendo alla comunità e rivalutando temporaneamente quello spazio che, egoisticamente, è di norma riservato al parcheggio degli autoveicoli privati.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/61141