Dall’analisi dell’attuale situazione carceraria, ho riscontrato che, oltre al sovraffollamento, un grande ostacolo è dato dalla convinzione che rinchiudere definitivamente un detenuto sia la soluzione a tutti i problemi. Il dibattito che coinvolge l’Amministrazione Penitenziaria, gli abitanti del carcere -poliziotti e detenuti-, gli enti pubblici e i civili riguarda questo dilemma: bisogna stare chiusi in cella tutto il tempo della pena? Il carcere di Bollate è un istituto che, nonostante le aspre e continue critiche, ha scelto di applicare da subito la Costituzione Italiana: impostato sul ‘trattamento avanzato’ dei reclusi e sulla custodia attenuata, esiste come servizio a persone private della libertà e tuttavia integre nei diritti fondamentali: salute, affetti, lavoro, studio, religione, movimento (ancorché limitato), privacy, manifestazione del pensiero. Grazie a questa visione della pena, anche io ho potuto entrare a Bollate come volontaria, prima come allenatrice per un corso di pallavolo alla sezione femminile, poi come tesista. Il mio lavoro è un progetto di architettura partecipata, in quanto le fonti principali sono i detenuti e l’assistente capo della MOF Roberto Cabras (che nelle varie interviste mi hanno raccontato la loro quotidianità), i giornali interni “CarteBollate” e “SALUTEinGRATA” e il libro “Diritti e castighi” dell’ex direttrice Lucia Castellano. Tutto ciò ha dato un contributo fondamentale al progetto, perché le soluzioni proposte sono nate da bisogni e esigenze denunciati da loro. Il lavoro è stato interamente impostato su due linee guida, quella della relazione e quella dei concetti di riuso e riciclo. Nel carcere ci sono diversi tipi di relazione, e ogni parte del progetto analizzerà quella con gli affetti, con la natura (ora assente) e quella con il mondo del lavoro e con gli esterni che ogni giorno frequentano il carcere. I concetti di riuso e riciclo, oltre a essere argomenti molto attuali, derivano dalla grande mancanza di fondi per questa istituzione: da qui, la scelta di proporre una ristrutturazione di alcuni spazi a partire dai materiali e dagli scarti che il carcere autoproduce.

Un luogo da dove ricominciare. Esperienze di progettazione partecipata al carcere di Bollate

PEDRETTI, ELENA
2011/2012

Abstract

Dall’analisi dell’attuale situazione carceraria, ho riscontrato che, oltre al sovraffollamento, un grande ostacolo è dato dalla convinzione che rinchiudere definitivamente un detenuto sia la soluzione a tutti i problemi. Il dibattito che coinvolge l’Amministrazione Penitenziaria, gli abitanti del carcere -poliziotti e detenuti-, gli enti pubblici e i civili riguarda questo dilemma: bisogna stare chiusi in cella tutto il tempo della pena? Il carcere di Bollate è un istituto che, nonostante le aspre e continue critiche, ha scelto di applicare da subito la Costituzione Italiana: impostato sul ‘trattamento avanzato’ dei reclusi e sulla custodia attenuata, esiste come servizio a persone private della libertà e tuttavia integre nei diritti fondamentali: salute, affetti, lavoro, studio, religione, movimento (ancorché limitato), privacy, manifestazione del pensiero. Grazie a questa visione della pena, anche io ho potuto entrare a Bollate come volontaria, prima come allenatrice per un corso di pallavolo alla sezione femminile, poi come tesista. Il mio lavoro è un progetto di architettura partecipata, in quanto le fonti principali sono i detenuti e l’assistente capo della MOF Roberto Cabras (che nelle varie interviste mi hanno raccontato la loro quotidianità), i giornali interni “CarteBollate” e “SALUTEinGRATA” e il libro “Diritti e castighi” dell’ex direttrice Lucia Castellano. Tutto ciò ha dato un contributo fondamentale al progetto, perché le soluzioni proposte sono nate da bisogni e esigenze denunciati da loro. Il lavoro è stato interamente impostato su due linee guida, quella della relazione e quella dei concetti di riuso e riciclo. Nel carcere ci sono diversi tipi di relazione, e ogni parte del progetto analizzerà quella con gli affetti, con la natura (ora assente) e quella con il mondo del lavoro e con gli esterni che ogni giorno frequentano il carcere. I concetti di riuso e riciclo, oltre a essere argomenti molto attuali, derivano dalla grande mancanza di fondi per questa istituzione: da qui, la scelta di proporre una ristrutturazione di alcuni spazi a partire dai materiali e dagli scarti che il carcere autoproduce.
SPLENDORE, MAURIZIO
CABRAS, ROBERTO
ARC III - Scuola del Design
27-lug-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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