The theme of this thesis is "the architecture of the fantastic" in the animated feature films of Walt Disney, from the past to the present day. It is an unexplored theme that lets us watch from a particular point of view the production of the cartoon and know how to appreciate the architecture which is always carefully designed and considerated. The idea is therefore to examinte the various aspects of the fantastic architecture: we analyze the differences and similarities betwin real buildings and the one designed in the movie. We examine the architecture choices, the use of different styles, and colors. We also examinate: the environment, exterior and interior design, the furnitures, the architectural styles to which they are referred to reality and which proportion of the reality has been used or not used. This thesis, tells about the transition from two-dimensional to three-dimensional design. After the introduction of the 3D in animation, the architectural space and the environment has gain an incredibile importance, with characters that enter and live the artefacts just like they do in reality. It tells also about intention of Walt Disney to design a futuristic city where the principles of a Utopian city are applied. We will examinate EPCOT (experimental prototype community of Tomorrow) a visionary urban project of Walt Diseny and some contemporary cities that are willing to creat a happy and perfect environment.

Il tema di questa tesi è “l’architettura del fantastico” all’interno dei film di animazione della Walt Disney, dagli Anni Trenta ai giorni nostri. Un tema molto poco esplorato che permette di guardare da un particolare angolo di visuale la produzione del cartone animato e di sapere apprezzare quanto l’architettura in esso sia sempre attentamente valutata, indagata e riprodotta, molto più di quanto lo spettatore comune che segue la vicenda narrata coglie sul momento. L’idea è dunque di esaminare i vari aspetti dell’architettura del fantastico con il metro proprio dell’architetto: si analizzano le differenze e le similitudini con le forme finalizzate all’abitare. Si esaminano le architetture scelte, gli stili adottati, i colori, a quale immaginario appartengono. Si osservano inoltre: l’ambiente, gli esterni, gli interni, il mobilio, a quali stili architettonici ci si è richiamati, quali proporzioni del reale siano state rispettate o non rispettate. Mentre nell’architettura reale l’uomo ha una fruizione materiale dello spazio che lo circonda, cioè una fruizione fisica, nell“architettura del fantastico” vi è solo fruizione visiva, essa può solo essere contemplata dall’esterno. Non prendendo mai possesso, attraverso un’esperienza diretta, di quella che definiremmo la “fantarchitettura”, abbiamo la possibilità di superare con la fantasia i confini della struttura, della materia, della fisica. La recente straordinaria esposizione a Urbino della rappresentazione di tre città ideali rinascimentali ( una fatta venire da Baltimora, una da Berlino, una conservata a Urbino stessa), ci ha indotto a riflettere su un possibile ardito paragone con l’architettura fantastica nel disegno di animazione. Là si tratta di testi pittorici che esprimono l’idea di una città dove regna l’armonia, matematica e ideale insieme, e dove la scienza si conforma perfettamente alla filosofia, qui si tratta di un linguaggio, di un codice linguistico che non si muove sullo sfondo né dello spazio né del tempo reale, ma di uno spazio e di un tempo creati ad hoc, funzionali al narrare e non all’abitare. Stiamo parlando di architettura, ma abbiamo nel disegno animato, al pari delle città ideali rinascimentali, la possibilità di superare i confini della struttura, della fisica, dello spazio, del tempo e di ogni regola. Naturalmente le differenze sono ben presenti, le città ideali rappresentano il fermento culturale sociale e politico del Rinascimento e sono il risultato di una grande aspirazione al rinnovamento della società dell’epoca, nulla a che vedere, filosoficamente, con i film di animazione che sono pura evasione. Ma oggi, nell’architettura del fantastico nuovi orizzonti sono aperti che fanno transitare dal vero (o dal probabile) al possibile, come nel passato. Il disegno architettonico nell’animazione appartiene al campo dell’utopia guidata dalla fantasia ed è prevalentemente funzionale alla narrazione da una parte e alla “felicitazione” del campo visivo dall’altra. Fino a che questa architettura non travalica i suoi confini di pura fantasia possiede una forza e una funzione travolgente, viceversa, se l’architettura del fantastico fa una sortita nel reale, come potrebbero essere la città di…pensata da Walt Disney o gli stessi parchi di divertimento sul tipo di Disneyland o Disneyworld, culle di abitati artificiosi e mete di viaggi stereotipati, l’architettura del fantastico diviene una parodia di se stessa, priva di vitalità, di rapporti umani, di storia, di stratificazione culturale. Il tentativo di realizzare l’utopia in forme architettoniche abitabili, come è stato il sogno di Walt Disney per le sue città giocattolo, non poteva che risultare molto problematico ed è questa la tesi che vogliamo dimostrare, sulle tracce delle riflessioni dell’antropologo Marc Augè. In questa tesi viene trattata anche la transizione dal disegno bidimensionale a quello tridimensionale. Il cambiamento o la rottura operata della vettorializzazione delle immagini, processo che consente ad un'immagine bidimensionale digitalizzata di essere gestita in ogni tipo di vista tridimensionale, ha anche rivoluzionato la nostra idea di fantasticare. Dopo l’introduzione del 3D si può parlare di spazialità e volumetricità che dialogano e fanno parte del tessuto narrativo del film. Gli spazi architettonici e dell’ambiente sono maggiormente presenti, con personaggi che entrano e escono dai manufatti come nella realtà, questo rende da una parte la lettura da parte dello spettatore più articolata ma dall’altra, paradossalmente, semplifica i messaggi. In un certo senso, con il 3D siamo meno costretti a sviluppare noi stessi pensieri e concetti perché tutto ci viene offerto già elaborato. In questo caso, come in centinaia di ambiti del nostro vivere quotidiano, riuscire a rimanere dei “visionari” è diventato uno dei compiti più ardui.

Le fantarchitetture : visioni di Walt Disney

FARGION, JONATHAN
2011/2012

Abstract

The theme of this thesis is "the architecture of the fantastic" in the animated feature films of Walt Disney, from the past to the present day. It is an unexplored theme that lets us watch from a particular point of view the production of the cartoon and know how to appreciate the architecture which is always carefully designed and considerated. The idea is therefore to examinte the various aspects of the fantastic architecture: we analyze the differences and similarities betwin real buildings and the one designed in the movie. We examine the architecture choices, the use of different styles, and colors. We also examinate: the environment, exterior and interior design, the furnitures, the architectural styles to which they are referred to reality and which proportion of the reality has been used or not used. This thesis, tells about the transition from two-dimensional to three-dimensional design. After the introduction of the 3D in animation, the architectural space and the environment has gain an incredibile importance, with characters that enter and live the artefacts just like they do in reality. It tells also about intention of Walt Disney to design a futuristic city where the principles of a Utopian city are applied. We will examinate EPCOT (experimental prototype community of Tomorrow) a visionary urban project of Walt Diseny and some contemporary cities that are willing to creat a happy and perfect environment.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
3-ott-2012
2011/2012
Il tema di questa tesi è “l’architettura del fantastico” all’interno dei film di animazione della Walt Disney, dagli Anni Trenta ai giorni nostri. Un tema molto poco esplorato che permette di guardare da un particolare angolo di visuale la produzione del cartone animato e di sapere apprezzare quanto l’architettura in esso sia sempre attentamente valutata, indagata e riprodotta, molto più di quanto lo spettatore comune che segue la vicenda narrata coglie sul momento. L’idea è dunque di esaminare i vari aspetti dell’architettura del fantastico con il metro proprio dell’architetto: si analizzano le differenze e le similitudini con le forme finalizzate all’abitare. Si esaminano le architetture scelte, gli stili adottati, i colori, a quale immaginario appartengono. Si osservano inoltre: l’ambiente, gli esterni, gli interni, il mobilio, a quali stili architettonici ci si è richiamati, quali proporzioni del reale siano state rispettate o non rispettate. Mentre nell’architettura reale l’uomo ha una fruizione materiale dello spazio che lo circonda, cioè una fruizione fisica, nell“architettura del fantastico” vi è solo fruizione visiva, essa può solo essere contemplata dall’esterno. Non prendendo mai possesso, attraverso un’esperienza diretta, di quella che definiremmo la “fantarchitettura”, abbiamo la possibilità di superare con la fantasia i confini della struttura, della materia, della fisica. La recente straordinaria esposizione a Urbino della rappresentazione di tre città ideali rinascimentali ( una fatta venire da Baltimora, una da Berlino, una conservata a Urbino stessa), ci ha indotto a riflettere su un possibile ardito paragone con l’architettura fantastica nel disegno di animazione. Là si tratta di testi pittorici che esprimono l’idea di una città dove regna l’armonia, matematica e ideale insieme, e dove la scienza si conforma perfettamente alla filosofia, qui si tratta di un linguaggio, di un codice linguistico che non si muove sullo sfondo né dello spazio né del tempo reale, ma di uno spazio e di un tempo creati ad hoc, funzionali al narrare e non all’abitare. Stiamo parlando di architettura, ma abbiamo nel disegno animato, al pari delle città ideali rinascimentali, la possibilità di superare i confini della struttura, della fisica, dello spazio, del tempo e di ogni regola. Naturalmente le differenze sono ben presenti, le città ideali rappresentano il fermento culturale sociale e politico del Rinascimento e sono il risultato di una grande aspirazione al rinnovamento della società dell’epoca, nulla a che vedere, filosoficamente, con i film di animazione che sono pura evasione. Ma oggi, nell’architettura del fantastico nuovi orizzonti sono aperti che fanno transitare dal vero (o dal probabile) al possibile, come nel passato. Il disegno architettonico nell’animazione appartiene al campo dell’utopia guidata dalla fantasia ed è prevalentemente funzionale alla narrazione da una parte e alla “felicitazione” del campo visivo dall’altra. Fino a che questa architettura non travalica i suoi confini di pura fantasia possiede una forza e una funzione travolgente, viceversa, se l’architettura del fantastico fa una sortita nel reale, come potrebbero essere la città di…pensata da Walt Disney o gli stessi parchi di divertimento sul tipo di Disneyland o Disneyworld, culle di abitati artificiosi e mete di viaggi stereotipati, l’architettura del fantastico diviene una parodia di se stessa, priva di vitalità, di rapporti umani, di storia, di stratificazione culturale. Il tentativo di realizzare l’utopia in forme architettoniche abitabili, come è stato il sogno di Walt Disney per le sue città giocattolo, non poteva che risultare molto problematico ed è questa la tesi che vogliamo dimostrare, sulle tracce delle riflessioni dell’antropologo Marc Augè. In questa tesi viene trattata anche la transizione dal disegno bidimensionale a quello tridimensionale. Il cambiamento o la rottura operata della vettorializzazione delle immagini, processo che consente ad un'immagine bidimensionale digitalizzata di essere gestita in ogni tipo di vista tridimensionale, ha anche rivoluzionato la nostra idea di fantasticare. Dopo l’introduzione del 3D si può parlare di spazialità e volumetricità che dialogano e fanno parte del tessuto narrativo del film. Gli spazi architettonici e dell’ambiente sono maggiormente presenti, con personaggi che entrano e escono dai manufatti come nella realtà, questo rende da una parte la lettura da parte dello spettatore più articolata ma dall’altra, paradossalmente, semplifica i messaggi. In un certo senso, con il 3D siamo meno costretti a sviluppare noi stessi pensieri e concetti perché tutto ci viene offerto già elaborato. In questo caso, come in centinaia di ambiti del nostro vivere quotidiano, riuscire a rimanere dei “visionari” è diventato uno dei compiti più ardui.
Tesi di laurea Magistrale
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