I situazionisti sono stati un gruppo di giovani artisti che avevano in comune l’idea di rivoluzionare la società attraverso una nuova visione dell’arte: una visione che doveva essere assolutamente sperimentale e libera da qualsiasi precedente tradizione culturale. Per attuare il sovvertimento della società facevano uso delle diverse forme d’arte come la letteratura, la poesia, il cinema, l’architettura e la pittura. Ma fu l’architettura a rivestire il ruolo principale e a rappresentare, in qualche modo, il fulcro dell’ipotesi palingenetica e rigenerativa della società. Nel 1957 nella città ligure di Cosio D’Arroscia, in provincia d’Imperia, i componenti dei gruppi CoBrA, International Lettriste, Comitato Psicogeografico di Londra e Movimento Internazionale per una Bahuaus Immaginista (il MIBI) formano il raggruppamento che prenderà il nome di Internazionale Situazionista, tutte realtà artistiche operanti nell’Europa del secondo dopoguerra. Questi e tanti altri protagonisti, riportando e ricreando uno sperimentalismo libero da dogmi e costrizioni di qualsivoglia natura, sono gli ideatori di una stagione artistica che cerca di evitare l’inevitabile: la morsa del mercato sul mondo dell’arte. Il movimento situazionista dura lo spazio di quindici anni, sino al 1972, quando si dichiara la fine dell’I.S. per autoscioglimento, deciso dagli ultimi suoi due membri, il francese Guy Debord e l’ italiano Edoardo Sanguinetti. L’Internazionale Situazionista vuole creare dei nuovi paradigmi per una società più libera dove a predominare siano le stesse passioni creative e spirituali dell’animo umano. Lo scopo principale che si prefigge il movimento è quello di creare delle situazioni definite come “momenti di vita concretamente e deliberatamente costruiti mediante l’organizzazione collettiva di un ambiente unitario e di un gioco di eventi...”. Queste situazioni quindi si dovevano realizzare all’interno dell’ambiente unitario, concepito come unità fisica, reale, dove momenti di vita liberi da vecchi condizionamenti culturali e sociali, sottoposti alle sole regole del gioco e del comportamento ludico, avrebbero creato nuove opportunità creative.
I Situazionisti sviluppano quella che viene chiamata la “Teoria dell’Urbanismo Unitario” che diventa la generatrice del processo creativo dei nuovi ambienti unitari. Applicando questa teoria provano anche loro a creare l’opera d’arte totale, al cui processo devono confluire tutte le arti. Si insegue utopisticamente il sogno creativo di altri gruppi artistici che operarono prima dei situazionisti, come le avanguardie storiche del primo cinquantennio del XX secolo (futurismo, dadaismo, costruttivismo e surrealismo). Nello specifico i situazionisti cercano di creare un ambiente reale e concreto, in cui attuare la dimensione ludica della vita e il libero dispiegamento delle passioni. L’architettura viene usata per ricreare nuovi ambienti per la vita quotidiana, attraverso la realizzazione di nuovi quartieri tematici o “quartieri stati d’animo”, come li definisce Gilles Ivan. In termini più comprensibili si prefigura una nuova architettura che attraverso un sapiente gioco di effetti d’atmosfera dia vita al quartiere dell’allegria, al quartiere della passione, al quartiere della sorpresa, al quartiere del sogno, al quartiere della paura, in cui vengono esaltati gli stati d’animo più semplici. Ruolo fondamentale viene ricoperto anche dalla Psicogeografia, che studia gli effetti dello spazio sulla psiche umana. Dopo i surrealisti negli anni ’20 e ’30 del novecento, i situazionisti sono i primi a tentare una nuova sintesi tra arte e politica. Lo scopo era quello di utilizzare l’arte per rivoluzionare la politica e quindi la società. E’ questa la prima spinta ideologica attraverso cui vengono compiute le prime teorizzazioni del movimento. Rivalutando il concetto di sperimentazione, caro a tutte le avanguardie, l’I.S. ritiene che si debbano combattere le ormai obsolete idee del Movimento Moderno che in realtà si è arroccato sulla concezione dei fondatori e non si è saputo rinnovare, rinunciando in pratica alla sperimentazione. Perciò si dichiara antimoderno, ritenendosi contemporaneo alla propria epoca perché sempre aperto alle realtà in continuo divenire. Queste tesi verranno diffuse attraverso la creazione di un bollettino stampato che prenderà appunto il nome di Internazionale Situazionista. Di situazionismo e situazionisti si è parlato tanto e discusso ancora di più. Sono state già analizzate le eredità lasciate dall’I.S. ai successivi movimenti che hanno operato dopo di esso e che sulla scia della sua fondamentale esperienza hanno creato e forgiato teorizzazioni più o meno concordanti. Si è parlato tanto, per esempio, di quei gruppi che hanno dato vita al maggio francese, i quali sono stati ideologicamente ispirati dai situazionisti e fisicamente fomentati. Meno, invece, si è parlato delle conseguenze delle elaborazioni teoriche sul lavoro degli architetti radicali che hanno operato a cavallo degli anni ’60 e ’70 del Novecento. Fra questi ultimi i gruppi fiorentini Archizoom e Superstudio e gli inglesi Archigram.
Si è parlato poco anche della matrice situazionista che si ritrova nel lavoro di un architetto come Bernard Tschumi, specialmente nelle sue architetture dell’evento. Nulla o quasi si è parlato delle conseguenze delle teorie dei situazionisti sul lavoro di quei gruppi di giovani architetti che operano in Italia in questo momento.
Tutta una serie di collettivi di progettazione noti e meno noti tentano, spesso riuscendovi, una riproposizione delle ipotesi artistiche situazioniste, dalla Teoria della Deriva all’uso della Psicogeografia per cercare di elaborare una nuova immagine della città.

Il progetto situazionista. Radici, protagonisti, lasciti

ALBERA, GIUSEPPE
2011/2012

Abstract

I situazionisti sono stati un gruppo di giovani artisti che avevano in comune l’idea di rivoluzionare la società attraverso una nuova visione dell’arte: una visione che doveva essere assolutamente sperimentale e libera da qualsiasi precedente tradizione culturale. Per attuare il sovvertimento della società facevano uso delle diverse forme d’arte come la letteratura, la poesia, il cinema, l’architettura e la pittura. Ma fu l’architettura a rivestire il ruolo principale e a rappresentare, in qualche modo, il fulcro dell’ipotesi palingenetica e rigenerativa della società. Nel 1957 nella città ligure di Cosio D’Arroscia, in provincia d’Imperia, i componenti dei gruppi CoBrA, International Lettriste, Comitato Psicogeografico di Londra e Movimento Internazionale per una Bahuaus Immaginista (il MIBI) formano il raggruppamento che prenderà il nome di Internazionale Situazionista, tutte realtà artistiche operanti nell’Europa del secondo dopoguerra. Questi e tanti altri protagonisti, riportando e ricreando uno sperimentalismo libero da dogmi e costrizioni di qualsivoglia natura, sono gli ideatori di una stagione artistica che cerca di evitare l’inevitabile: la morsa del mercato sul mondo dell’arte. Il movimento situazionista dura lo spazio di quindici anni, sino al 1972, quando si dichiara la fine dell’I.S. per autoscioglimento, deciso dagli ultimi suoi due membri, il francese Guy Debord e l’ italiano Edoardo Sanguinetti. L’Internazionale Situazionista vuole creare dei nuovi paradigmi per una società più libera dove a predominare siano le stesse passioni creative e spirituali dell’animo umano. Lo scopo principale che si prefigge il movimento è quello di creare delle situazioni definite come “momenti di vita concretamente e deliberatamente costruiti mediante l’organizzazione collettiva di un ambiente unitario e di un gioco di eventi...”. Queste situazioni quindi si dovevano realizzare all’interno dell’ambiente unitario, concepito come unità fisica, reale, dove momenti di vita liberi da vecchi condizionamenti culturali e sociali, sottoposti alle sole regole del gioco e del comportamento ludico, avrebbero creato nuove opportunità creative.
I Situazionisti sviluppano quella che viene chiamata la “Teoria dell’Urbanismo Unitario” che diventa la generatrice del processo creativo dei nuovi ambienti unitari. Applicando questa teoria provano anche loro a creare l’opera d’arte totale, al cui processo devono confluire tutte le arti. Si insegue utopisticamente il sogno creativo di altri gruppi artistici che operarono prima dei situazionisti, come le avanguardie storiche del primo cinquantennio del XX secolo (futurismo, dadaismo, costruttivismo e surrealismo). Nello specifico i situazionisti cercano di creare un ambiente reale e concreto, in cui attuare la dimensione ludica della vita e il libero dispiegamento delle passioni. L’architettura viene usata per ricreare nuovi ambienti per la vita quotidiana, attraverso la realizzazione di nuovi quartieri tematici o “quartieri stati d’animo”, come li definisce Gilles Ivan. In termini più comprensibili si prefigura una nuova architettura che attraverso un sapiente gioco di effetti d’atmosfera dia vita al quartiere dell’allegria, al quartiere della passione, al quartiere della sorpresa, al quartiere del sogno, al quartiere della paura, in cui vengono esaltati gli stati d’animo più semplici. Ruolo fondamentale viene ricoperto anche dalla Psicogeografia, che studia gli effetti dello spazio sulla psiche umana. Dopo i surrealisti negli anni ’20 e ’30 del novecento, i situazionisti sono i primi a tentare una nuova sintesi tra arte e politica. Lo scopo era quello di utilizzare l’arte per rivoluzionare la politica e quindi la società. E’ questa la prima spinta ideologica attraverso cui vengono compiute le prime teorizzazioni del movimento. Rivalutando il concetto di sperimentazione, caro a tutte le avanguardie, l’I.S. ritiene che si debbano combattere le ormai obsolete idee del Movimento Moderno che in realtà si è arroccato sulla concezione dei fondatori e non si è saputo rinnovare, rinunciando in pratica alla sperimentazione. Perciò si dichiara antimoderno, ritenendosi contemporaneo alla propria epoca perché sempre aperto alle realtà in continuo divenire. Queste tesi verranno diffuse attraverso la creazione di un bollettino stampato che prenderà appunto il nome di Internazionale Situazionista. Di situazionismo e situazionisti si è parlato tanto e discusso ancora di più. Sono state già analizzate le eredità lasciate dall’I.S. ai successivi movimenti che hanno operato dopo di esso e che sulla scia della sua fondamentale esperienza hanno creato e forgiato teorizzazioni più o meno concordanti. Si è parlato tanto, per esempio, di quei gruppi che hanno dato vita al maggio francese, i quali sono stati ideologicamente ispirati dai situazionisti e fisicamente fomentati. Meno, invece, si è parlato delle conseguenze delle elaborazioni teoriche sul lavoro degli architetti radicali che hanno operato a cavallo degli anni ’60 e ’70 del Novecento. Fra questi ultimi i gruppi fiorentini Archizoom e Superstudio e gli inglesi Archigram.
Si è parlato poco anche della matrice situazionista che si ritrova nel lavoro di un architetto come Bernard Tschumi, specialmente nelle sue architetture dell’evento. Nulla o quasi si è parlato delle conseguenze delle teorie dei situazionisti sul lavoro di quei gruppi di giovani architetti che operano in Italia in questo momento.
Tutta una serie di collettivi di progettazione noti e meno noti tentano, spesso riuscendovi, una riproposizione delle ipotesi artistiche situazioniste, dalla Teoria della Deriva all’uso della Psicogeografia per cercare di elaborare una nuova immagine della città.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
3-ott-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/68142