La ricerca vuole approfondire una tematica poco conosciuta e trattata dal dibattito culturale europeo: quella degli insediamenti abitativi informali dei Paesi in via di sviluppo, ovvero le favelas, con la finalità di individuare spunti progettuali che siano applicabili alla nostra realtà. L’attenzione è volta verso l'architettura spontanea, flessibile ed evolutiva; un work in progress che si adatta alle necessità temporanee dei suoi abitanti, grazie alla libertà compositiva ed alla possibilità di essere autocostruita in breve tempo dalla comunità. Per contrastare l’immobilità della città odierna di fronte a una popolazione in continuo cambiamento, si ipotizza un concept di progetto che reinterpreta le logiche della favelas. L’epoca di crisi ha stimolato infatti nuove realtà e nuovi tipi di produzione, basate sull’autoproduzione e sull’autoimprenditorialità: esse faticano a trovare spazio nel tessuto urbano. È in questo scenario che si inserisce la realtà dei makers, persone che progettano e realizzano beni in spazi fisici e virtuali condivisi, con metodi di lavoro di gruppo e strumenti digitali, quali stampanti laser e 3D, che aprono infinite opportunità imprenditoriali alle persone creative, senza doversi interfacciare con il tradizionale mondo dell’industria. Il sistema progettato è pensato con queste tecnologie innovative, per essere un input di linee guida che il progettista dà ai gruppi di artigiani e creativi locali per auto-organizzarsi in comunità collaborative, includendo progressivamente un numero sempre più ampio di soggetti che possono, a loro volta, intervenire sulla forma di partenza, reinterpretandola e modificandola. Il progetto infatti per esistere ha bisogno sia di una configurazione di spazi, flessibili e mutevoli, sia di una rete di attori che si mettano in gioco per realizzarli e per deciderne le caratteristiche formali. Come nella favela gli spazi saranno aggregabili, in evoluzione e con un interno adattabile alle diverse funzioni; caratterizzato da un'estetica eterogenea che cambierà in base alle scelte degli utenti. Il progetto trattiene in sé la potenziale capacità di produrre sia una trasformazione materiale di luoghi, creando nuovi centri d’aggregazione produttiva, sia di generare nuovi comportamenti, determinando un cambiamento culturale orientato verso la partecipazione e la diffusione di conoscenze.
Dalla favela alla personal factory. Dispositivi di riattivazione urbana
VALBUSA, IRENE
2011/2012
Abstract
La ricerca vuole approfondire una tematica poco conosciuta e trattata dal dibattito culturale europeo: quella degli insediamenti abitativi informali dei Paesi in via di sviluppo, ovvero le favelas, con la finalità di individuare spunti progettuali che siano applicabili alla nostra realtà. L’attenzione è volta verso l'architettura spontanea, flessibile ed evolutiva; un work in progress che si adatta alle necessità temporanee dei suoi abitanti, grazie alla libertà compositiva ed alla possibilità di essere autocostruita in breve tempo dalla comunità. Per contrastare l’immobilità della città odierna di fronte a una popolazione in continuo cambiamento, si ipotizza un concept di progetto che reinterpreta le logiche della favelas. L’epoca di crisi ha stimolato infatti nuove realtà e nuovi tipi di produzione, basate sull’autoproduzione e sull’autoimprenditorialità: esse faticano a trovare spazio nel tessuto urbano. È in questo scenario che si inserisce la realtà dei makers, persone che progettano e realizzano beni in spazi fisici e virtuali condivisi, con metodi di lavoro di gruppo e strumenti digitali, quali stampanti laser e 3D, che aprono infinite opportunità imprenditoriali alle persone creative, senza doversi interfacciare con il tradizionale mondo dell’industria. Il sistema progettato è pensato con queste tecnologie innovative, per essere un input di linee guida che il progettista dà ai gruppi di artigiani e creativi locali per auto-organizzarsi in comunità collaborative, includendo progressivamente un numero sempre più ampio di soggetti che possono, a loro volta, intervenire sulla forma di partenza, reinterpretandola e modificandola. Il progetto infatti per esistere ha bisogno sia di una configurazione di spazi, flessibili e mutevoli, sia di una rete di attori che si mettano in gioco per realizzarli e per deciderne le caratteristiche formali. Come nella favela gli spazi saranno aggregabili, in evoluzione e con un interno adattabile alle diverse funzioni; caratterizzato da un'estetica eterogenea che cambierà in base alle scelte degli utenti. Il progetto trattiene in sé la potenziale capacità di produrre sia una trasformazione materiale di luoghi, creando nuovi centri d’aggregazione produttiva, sia di generare nuovi comportamenti, determinando un cambiamento culturale orientato verso la partecipazione e la diffusione di conoscenze.File | Dimensione | Formato | |
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