L’attuale paradigma economico mondiale di costante crescita, rivisto solo in parte a causa della recessione globale, porta con sé un necessario aumento dei consumi energetici, in particolare in quei paesi come Cina e India che stanno vivendo la propria rivoluzione economico-industriale. Proprio la Cina ha incrementato i consumi dell’11,2% solo nell’ultimo anno, andando ad imporsi come il primo paese energivoro del mondo. Questo continuo aumento dei consumi porta ad una ossessiva ricerca di fonti energetiche a basso costo e ad impatto ambientale limitato; negli ultimi anni si è infatti assistito ad un sempre maggior interesse verso il cambiamento climatico, che sta provocando una trasformazione del modo di vivere della popolazione mondiale. Nel solo ultimo decennio la temperatura mondiale è aumentata di 0,2°C a causa di una concentrazione in atmosfera di CO2 e di altri gas serra a livelli record, mai registrati prima d’ora. Per questa ragione i governi mondiali, sia di paesi industrializzati che in via di sviluppo, si stanno muovendo in modo da promuovere e sviluppare tecnologie pulite. Nel panorama delle rinnovabili, la fonte eolica si presenta come una tecnologia matura e consolidata da decenni di innovazioni progettuali e industriali che garantisce lo sfruttamento di una risorsa gratuita e diffusa in tutte le parti del mondo: il vento. Questa disponibilità è stata compresa da grandi potenze economiche come Cina, Stati Uniti e Germania, ma anche da piccole realtà come la Danimarca, che hanno permesso una crescita annua delle installazioni nel mondo sempre superiore al 20% negli ultimi 15 anni, arrivando ad un installato di fine 2011 pari a 238 GW. In particolare, la spinta alla crescita del settore è stata fornita dall’introduzione di meccanismi di supporto costanti che garantissero delle certezze agli operatori; come la feed-in tariff, attualmente il sistema più diffuso al mondo. Questo supporto ha portato alla nascita di filiere eoliche nazionali, che, grazie all’esperienza acquisita nel proprio paese, hanno iniziato ad esportare i propri prodotti e il proprio know-how in modo che oggi una turbina possa essere installata in qualsiasi angolo del mondo. Questi meccanismi di supporto hanno oggi un impatto limitato sulle tasche dei cittadini, in quanto l’energia eolica è tra le fonti rinnovabili più vicina alla cosiddetta grid parity, seconda solo all’idroelettrico; l’investimento da sostenere per la realizzazione di un parco eolico ha una media europea pari ad 1,3 mln€/MW mentre il costo dell’energia prodotta si colloca in un intorno tra i 4 e gli 8 c€/kWh. Questi costi sono destinati a ridursi ulteriormente, grazie agli attuali trend tecnologici in corso, che spingono verso una maggior dimensione delle turbine e degli stessi parchi e all’installazione di turbine al largo delle coste, dove la ventosità è superiore. L’Italia non è stata a guardare ed ad oggi si colloca al quarto posto in Europa e al settimo nel mondo per potenza installata, con 6,8 GW a fine 2011, nonostante una serie di problematiche strutturali e autorizzative che coinvolgono il nostro paese. In primo luogo la complessa orografia italiana non ha di certo facilitato l’installazione delle turbine sull’Appennino Meridionale, di certo la zona maggiormente interessante dal punto di vista anemometrico. I venti del nostro paese raggiungono medie di 7 m/s solo nell’entroterra pugliese, garantendo 2000 ore equivalenti di funzionamento dell’impianto solo in queste zone. Seguono Sardegna, Sicilia e Campania dove è possibile superare le 1500 ore, considerate il limite inferiore per effettuare un investimento in una centrale alimentata a fonte eolica. In ultimo si aggiungono i problemi relativi ai fondali marini, spesso troppo fondi (rispetto ai mari del nord) e composti da rocce non adatte all’installazione di strutture di fondazioni per le turbine. Alle problematiche fisiche si aggiungono limiti burocratici e strutturali. L’iter autorizzativo italiano per l’installazione di un parco eolico ha una durata media di 4 anni e coinvolge 35 fra enti e amministrazioni pubbliche portatrici di interesse. Non bastassero questi numeri, molto superiori alla media europea, va aggiunta l’elevata variabilità incontrata dagli operatori nelle diverse regioni del nostro paese. L’accumulo di richieste e la mancanza di una chiara strategia da parte di alcune regioni hanno portato alcuni progetti ad attendere per oltre un decennio. Il sistema di supporto dei certificati verdi, basati su un meccanismo di mercato, si è rivelato eccessivamente instabile negli anni, richiedendo una continua rivisitazione. Ulteriore incertezza è stata provocata dall’attesa per l’emanazione del Decreto Rinnovabili, contenente il nuovo regolamento sull’iter e sulle incentivazioni, per la quale gli operatori hanno dovuto aspettare oltre un anno. Il Decreto ha portato con sé un sistema ad asta che riduce ulteriormente i margini delle imprese proprietarie degli impianti e rischia di ritardare ulteriormente la realizzazione dell’impianto, a causa dell’introduzione di un limite alle installazioni pari a 500 MW annui per l’eolico on-shore. Questo valore pone un freno alla spesa pubblica, in accordo con l’attuale politica di taglio delle spese del governo, ma va di fatto a dimezzare i progetti se confrontato con le installazioni degli ultimi tre anni sempre comprese tra i 950 e 1050 MW. Un elemento di interesse per il nostro paese è il repowering degli attuali impianti, che permetterebbe di installare turbine moderne al posto di quelle più datate, andando a sfruttare venti più veloci con rotori più grandi. Il potenziale aumento di potenza stimato entro il 2020 è di 2,7 GW attraverso l’installazione di oltre 4 GW di nuove turbine. Il raggiungimento di questi valori dipenderà tuttavia dalla normativa, che attualmente non permette un iter semplificato per questo tipo di attività, al contrario di quanto avviene negli altri paesi europei. Le previsioni nel breve-medio termine sull’installato sono condizionate dal limite incentivabile e non permettono il raggiungimento dell’obiettivo di 16 GW al 2020 fissato nel Piano di Azione Nazionale. Molto sul futuro dell’eolico nel nostro paese passerà attraverso l’off-shore, che permetterà di sfruttare maggiori venti e maggiori spazi, piuttosto scarsi nell’entroterra. Il destino di questa tecnologia dipenderà soprattutto dall’evoluzione del settore nei Mari del Nord, dove gli impianti occupano attualmente il 9% dell’installato annuo, con una continua crescita ed un sempre maggior interesse a partire da Germania e Gran Bretagna. Se le nostre società riusciranno ad imparare dagli operatori nordici e raggiungere il know-how necessario, questo segmento di mercato (ad oggi al palo) potrebbe rappresentare il futuro rinnovabile italiano, a patto che l’iter autorizzativo venga semplificato: i primi progetti off-shore nel nostro paese sono stati fermati da oltre 60 enti coinvolti nella Conferenza dei Servizi e da ricorsi al TAR da parte di comunità locali e pubbliche amministrazioni. La previsione è di vedere il primo impianto off-shore nei mari italiani nel 2016.

La filiera eolica in Italia : analisi delle strategie competitive e dei modelli di business

BRIANTI, ALBERTO
2011/2012

Abstract

L’attuale paradigma economico mondiale di costante crescita, rivisto solo in parte a causa della recessione globale, porta con sé un necessario aumento dei consumi energetici, in particolare in quei paesi come Cina e India che stanno vivendo la propria rivoluzione economico-industriale. Proprio la Cina ha incrementato i consumi dell’11,2% solo nell’ultimo anno, andando ad imporsi come il primo paese energivoro del mondo. Questo continuo aumento dei consumi porta ad una ossessiva ricerca di fonti energetiche a basso costo e ad impatto ambientale limitato; negli ultimi anni si è infatti assistito ad un sempre maggior interesse verso il cambiamento climatico, che sta provocando una trasformazione del modo di vivere della popolazione mondiale. Nel solo ultimo decennio la temperatura mondiale è aumentata di 0,2°C a causa di una concentrazione in atmosfera di CO2 e di altri gas serra a livelli record, mai registrati prima d’ora. Per questa ragione i governi mondiali, sia di paesi industrializzati che in via di sviluppo, si stanno muovendo in modo da promuovere e sviluppare tecnologie pulite. Nel panorama delle rinnovabili, la fonte eolica si presenta come una tecnologia matura e consolidata da decenni di innovazioni progettuali e industriali che garantisce lo sfruttamento di una risorsa gratuita e diffusa in tutte le parti del mondo: il vento. Questa disponibilità è stata compresa da grandi potenze economiche come Cina, Stati Uniti e Germania, ma anche da piccole realtà come la Danimarca, che hanno permesso una crescita annua delle installazioni nel mondo sempre superiore al 20% negli ultimi 15 anni, arrivando ad un installato di fine 2011 pari a 238 GW. In particolare, la spinta alla crescita del settore è stata fornita dall’introduzione di meccanismi di supporto costanti che garantissero delle certezze agli operatori; come la feed-in tariff, attualmente il sistema più diffuso al mondo. Questo supporto ha portato alla nascita di filiere eoliche nazionali, che, grazie all’esperienza acquisita nel proprio paese, hanno iniziato ad esportare i propri prodotti e il proprio know-how in modo che oggi una turbina possa essere installata in qualsiasi angolo del mondo. Questi meccanismi di supporto hanno oggi un impatto limitato sulle tasche dei cittadini, in quanto l’energia eolica è tra le fonti rinnovabili più vicina alla cosiddetta grid parity, seconda solo all’idroelettrico; l’investimento da sostenere per la realizzazione di un parco eolico ha una media europea pari ad 1,3 mln€/MW mentre il costo dell’energia prodotta si colloca in un intorno tra i 4 e gli 8 c€/kWh. Questi costi sono destinati a ridursi ulteriormente, grazie agli attuali trend tecnologici in corso, che spingono verso una maggior dimensione delle turbine e degli stessi parchi e all’installazione di turbine al largo delle coste, dove la ventosità è superiore. L’Italia non è stata a guardare ed ad oggi si colloca al quarto posto in Europa e al settimo nel mondo per potenza installata, con 6,8 GW a fine 2011, nonostante una serie di problematiche strutturali e autorizzative che coinvolgono il nostro paese. In primo luogo la complessa orografia italiana non ha di certo facilitato l’installazione delle turbine sull’Appennino Meridionale, di certo la zona maggiormente interessante dal punto di vista anemometrico. I venti del nostro paese raggiungono medie di 7 m/s solo nell’entroterra pugliese, garantendo 2000 ore equivalenti di funzionamento dell’impianto solo in queste zone. Seguono Sardegna, Sicilia e Campania dove è possibile superare le 1500 ore, considerate il limite inferiore per effettuare un investimento in una centrale alimentata a fonte eolica. In ultimo si aggiungono i problemi relativi ai fondali marini, spesso troppo fondi (rispetto ai mari del nord) e composti da rocce non adatte all’installazione di strutture di fondazioni per le turbine. Alle problematiche fisiche si aggiungono limiti burocratici e strutturali. L’iter autorizzativo italiano per l’installazione di un parco eolico ha una durata media di 4 anni e coinvolge 35 fra enti e amministrazioni pubbliche portatrici di interesse. Non bastassero questi numeri, molto superiori alla media europea, va aggiunta l’elevata variabilità incontrata dagli operatori nelle diverse regioni del nostro paese. L’accumulo di richieste e la mancanza di una chiara strategia da parte di alcune regioni hanno portato alcuni progetti ad attendere per oltre un decennio. Il sistema di supporto dei certificati verdi, basati su un meccanismo di mercato, si è rivelato eccessivamente instabile negli anni, richiedendo una continua rivisitazione. Ulteriore incertezza è stata provocata dall’attesa per l’emanazione del Decreto Rinnovabili, contenente il nuovo regolamento sull’iter e sulle incentivazioni, per la quale gli operatori hanno dovuto aspettare oltre un anno. Il Decreto ha portato con sé un sistema ad asta che riduce ulteriormente i margini delle imprese proprietarie degli impianti e rischia di ritardare ulteriormente la realizzazione dell’impianto, a causa dell’introduzione di un limite alle installazioni pari a 500 MW annui per l’eolico on-shore. Questo valore pone un freno alla spesa pubblica, in accordo con l’attuale politica di taglio delle spese del governo, ma va di fatto a dimezzare i progetti se confrontato con le installazioni degli ultimi tre anni sempre comprese tra i 950 e 1050 MW. Un elemento di interesse per il nostro paese è il repowering degli attuali impianti, che permetterebbe di installare turbine moderne al posto di quelle più datate, andando a sfruttare venti più veloci con rotori più grandi. Il potenziale aumento di potenza stimato entro il 2020 è di 2,7 GW attraverso l’installazione di oltre 4 GW di nuove turbine. Il raggiungimento di questi valori dipenderà tuttavia dalla normativa, che attualmente non permette un iter semplificato per questo tipo di attività, al contrario di quanto avviene negli altri paesi europei. Le previsioni nel breve-medio termine sull’installato sono condizionate dal limite incentivabile e non permettono il raggiungimento dell’obiettivo di 16 GW al 2020 fissato nel Piano di Azione Nazionale. Molto sul futuro dell’eolico nel nostro paese passerà attraverso l’off-shore, che permetterà di sfruttare maggiori venti e maggiori spazi, piuttosto scarsi nell’entroterra. Il destino di questa tecnologia dipenderà soprattutto dall’evoluzione del settore nei Mari del Nord, dove gli impianti occupano attualmente il 9% dell’installato annuo, con una continua crescita ed un sempre maggior interesse a partire da Germania e Gran Bretagna. Se le nostre società riusciranno ad imparare dagli operatori nordici e raggiungere il know-how necessario, questo segmento di mercato (ad oggi al palo) potrebbe rappresentare il futuro rinnovabile italiano, a patto che l’iter autorizzativo venga semplificato: i primi progetti off-shore nel nostro paese sono stati fermati da oltre 60 enti coinvolti nella Conferenza dei Servizi e da ricorsi al TAR da parte di comunità locali e pubbliche amministrazioni. La previsione è di vedere il primo impianto off-shore nei mari italiani nel 2016.
TERRUZZI, RICCARDO
ING II - Scuola di Ingegneria dei Sistemi
5-ott-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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