Il lavoro di tesi è stato svolto con scopo di studiare e definire un processo industrializzabile per la produzione di dispositivi a electrowetting per applicazioni microfluidiche. Le attività di studio e sviluppo di questa tecnologia sono state svolte presso il laboratorio “More than Moore” STMicroelectronics ad Agrate Brianza e il CMi del Politecnico di Losanna (EPFL). Le applicazioni che questa recente tecnologia trova sono molteplici e spaziano in diversi ambiti, da quello ottico, con innovative microlenti e display, a quello biomedico. In modo particolare si sono volute approfondire le potenzialità che essa offre in ambito della microfluidica sui Lab-On-Chip che rappresentano il futuro delle applicazioni biotecnologiche. La maggior parte delle piattaforme che utilizzano questi dispositivi presentano due fasi di funzionamento che prevedono : - L’estrazione dei materiali biologici dai campioni grezzi: insieme di procedure che vengono denominate “Sample Preparation”; - Le analisi biochimiche vere e proprie che sono permesse dalla presenza di reagenti all’interno del chip. In tal caso è allo studio un sistema che sia in grado di sostituire gli step prima descritti con un’unica operazione, creando dei chip, completamente automatizzato, che accetta in ingresso il campione grezzo e forniscono all’utente i risultati delle analisi effettuate. È dunque necessaria una tecnologia che sia in grado di movimentare liquidi e di svolgere le operazioni tipiche della “Sample Preparation”, quali ad esempio la miscelazione e l’agitazione, senza l’uso di ingombranti parti meccaniche. La risposta a questo problema è proprio la tecnologia a Electrowetting che renderebbe possibile l’integrazione del sistema in un unico chip. L’applicazione usata per testare la fattibilità e l’affidabilità di dispositivi costruiti con questo tipo di processi è una pompa microfluidica. Per raggiungere questi obiettivi si è reso necessario lo svolgimento di uno studio approfondito del fenomeno in modo da renderne evidente le dipendenze dai parametri di progetto. Per far ciò si è creato un modello in grado di fornire una linea guida per le successive scelte progettuali, in modo particolare è stato utile per la definizione e costruzione dell’elettronica di controllo e per la scelta dei design dei contatti; ciò si è fatto tenendo conto di due diverse linee guida: alte performance e semplicità di produzione. Alla fine di questa trattazione analitica si è passati alla scelta e conseguente analisi dei materiali da utilizzarsi. Delle diverse possibilità si sono vagliati pregi e difetti e in fine, per ognuno si è dimensionato un opportuno flusso di processo. Inoltre, grazie all’opportunità di poter usare i macchinari presenti al Politecnico di Losanna si è potuto fare uno studio di tutti gli step, dalla deposizione dei materiali, la loro definizione litografica fino al bonding delle due parti del dispositivo, in modo da ottenere un prototipo sigillato e funzionante. È stato possibile anche, svolgere tutte le operazioni su fetta (wafer 4’’) e non solo su singolo dispositivo, ciò ha fornito ulteriore robustezza e ripetibilità. Una volta delineati tutti i dettagli dei flussi di processo e i parametri di progetto, si è passati alla definizione dei layout e quindi delle maschere. Si è così potuto produrre i primi prototipi sui quali sono state fatte delle misure mirate e studiarne il funzionamento; in parallelo sono anche state fatte ulteriori misure di variazione di angolo di contatto, mirate a convalidare il modello inizialmente proposto. Durante questo lavoro si è investito parecchio, sia in termini di lavoro che di tempo, non solo sulla messa a punto di tutti gli step di processo, ma, in qualche caso, anche della strumentazione costruita ad hoc per il loro svolgimento. Dall’analisi dei test sperimentali si è potuto dedurre che non tutte le tecnologie processate hanno mostrato le caratteristiche per le quali erano state progettate; si sono dunque cerca le motivazioni di tali difettosità e proposte delle soluzioni ragionevoli. Tra i dispositivi realizzati, quelli che presentano un unico layer con funzione di passivazione e strato idrofobico, risultano essere i più affidabili e performanti; in modo particolare, dei materiali usati, il più promettente è il SiNR, lo stesso usato per la fluidica e il bonding. Si sono infine poste le basi per la definizione di un processo su silicio che sfrutti in pieno le sue potenzialità in termini di affidabilità, in quanto si userebbero le tecniche già testate e collaudate tipiche dell’industria dei semiconduttori; ma soprattutto, si ha la possibilità di avere delle tecniche di funzionalizzazione superficiale più affidabili ed in modo particolare che riescono a garantire un buon funzionamento a tensioni di lavoro molto più basse di quelle attualmente necessarie.

Studio e sviluppo di tecnologia electrowetting per applicazioni microfluidiche

RAIA, LILLO
2011/2012

Abstract

Il lavoro di tesi è stato svolto con scopo di studiare e definire un processo industrializzabile per la produzione di dispositivi a electrowetting per applicazioni microfluidiche. Le attività di studio e sviluppo di questa tecnologia sono state svolte presso il laboratorio “More than Moore” STMicroelectronics ad Agrate Brianza e il CMi del Politecnico di Losanna (EPFL). Le applicazioni che questa recente tecnologia trova sono molteplici e spaziano in diversi ambiti, da quello ottico, con innovative microlenti e display, a quello biomedico. In modo particolare si sono volute approfondire le potenzialità che essa offre in ambito della microfluidica sui Lab-On-Chip che rappresentano il futuro delle applicazioni biotecnologiche. La maggior parte delle piattaforme che utilizzano questi dispositivi presentano due fasi di funzionamento che prevedono : - L’estrazione dei materiali biologici dai campioni grezzi: insieme di procedure che vengono denominate “Sample Preparation”; - Le analisi biochimiche vere e proprie che sono permesse dalla presenza di reagenti all’interno del chip. In tal caso è allo studio un sistema che sia in grado di sostituire gli step prima descritti con un’unica operazione, creando dei chip, completamente automatizzato, che accetta in ingresso il campione grezzo e forniscono all’utente i risultati delle analisi effettuate. È dunque necessaria una tecnologia che sia in grado di movimentare liquidi e di svolgere le operazioni tipiche della “Sample Preparation”, quali ad esempio la miscelazione e l’agitazione, senza l’uso di ingombranti parti meccaniche. La risposta a questo problema è proprio la tecnologia a Electrowetting che renderebbe possibile l’integrazione del sistema in un unico chip. L’applicazione usata per testare la fattibilità e l’affidabilità di dispositivi costruiti con questo tipo di processi è una pompa microfluidica. Per raggiungere questi obiettivi si è reso necessario lo svolgimento di uno studio approfondito del fenomeno in modo da renderne evidente le dipendenze dai parametri di progetto. Per far ciò si è creato un modello in grado di fornire una linea guida per le successive scelte progettuali, in modo particolare è stato utile per la definizione e costruzione dell’elettronica di controllo e per la scelta dei design dei contatti; ciò si è fatto tenendo conto di due diverse linee guida: alte performance e semplicità di produzione. Alla fine di questa trattazione analitica si è passati alla scelta e conseguente analisi dei materiali da utilizzarsi. Delle diverse possibilità si sono vagliati pregi e difetti e in fine, per ognuno si è dimensionato un opportuno flusso di processo. Inoltre, grazie all’opportunità di poter usare i macchinari presenti al Politecnico di Losanna si è potuto fare uno studio di tutti gli step, dalla deposizione dei materiali, la loro definizione litografica fino al bonding delle due parti del dispositivo, in modo da ottenere un prototipo sigillato e funzionante. È stato possibile anche, svolgere tutte le operazioni su fetta (wafer 4’’) e non solo su singolo dispositivo, ciò ha fornito ulteriore robustezza e ripetibilità. Una volta delineati tutti i dettagli dei flussi di processo e i parametri di progetto, si è passati alla definizione dei layout e quindi delle maschere. Si è così potuto produrre i primi prototipi sui quali sono state fatte delle misure mirate e studiarne il funzionamento; in parallelo sono anche state fatte ulteriori misure di variazione di angolo di contatto, mirate a convalidare il modello inizialmente proposto. Durante questo lavoro si è investito parecchio, sia in termini di lavoro che di tempo, non solo sulla messa a punto di tutti gli step di processo, ma, in qualche caso, anche della strumentazione costruita ad hoc per il loro svolgimento. Dall’analisi dei test sperimentali si è potuto dedurre che non tutte le tecnologie processate hanno mostrato le caratteristiche per le quali erano state progettate; si sono dunque cerca le motivazioni di tali difettosità e proposte delle soluzioni ragionevoli. Tra i dispositivi realizzati, quelli che presentano un unico layer con funzione di passivazione e strato idrofobico, risultano essere i più affidabili e performanti; in modo particolare, dei materiali usati, il più promettente è il SiNR, lo stesso usato per la fluidica e il bonding. Si sono infine poste le basi per la definizione di un processo su silicio che sfrutti in pieno le sue potenzialità in termini di affidabilità, in quanto si userebbero le tecniche già testate e collaudate tipiche dell’industria dei semiconduttori; ma soprattutto, si ha la possibilità di avere delle tecniche di funzionalizzazione superficiale più affidabili ed in modo particolare che riescono a garantire un buon funzionamento a tensioni di lavoro molto più basse di quelle attualmente necessarie.
DE FAZIO, MARCO
ING V - Scuola di Ingegneria dell'Informazione
20-dic-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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