Favelas, slum, bidonvilles, kampungs, tugurios; sono svariati i nomi per identificare un insediamento informale nelle grandi città metropolitane. La quasi totalità di queste aree ha delle caratteristiche comuni derivanti da un processo di auto costruzione: una forte predominanza delle aree private sugli spazi pubblici, spazi di circolazione, di ricreazione e di incontro molto ambigui e poco identificabili, accesso inadeguato alle abitazioni, percezione confusa dello spazio; tutte caratteristiche che trasformano questi luoghi urbani in veri e propri ghetti autogestiti. La scelta per questo lavoro parte da un’esperienza di studio in Brasile che ha sollecitato l’intaresse e il rapporto con le favelas e ha permesso di non perdere di vista la realtà sul campo. Il progetto-ricerca di tesi prende in esame la favela Santa Marta a Rio de Janeiro, città simbolo di questa apartheid, tanto che un quarto della popolazione, circa 1.3 milioni di abitanti, vive in slum. La caratteristica principale di Rio sono proprio le favelas che, a differenza di altre città del Brasile, non sono situate ai margini dell’area metropolitana ma si collocano nel pieno centro urbano, lungo i pendii delle ripide colline tanto che quasi ogni quartiere ha una propria favela e questo crea un forte e ripetuto contrasto fra i diversi tessuti urbani e sociali. A partire dalla seconda metà del XX secolo a Rio de Janeiro si sono susseguite politiche e strategie governative per migliorare le condizioni delle aree con insediamenti informali; in un primo momento ricorrendo a violenti processi di demolizione e di decentramento mentre, a partire dagli anni Novanta, si è arrivati a progetti di integrazione affiancati sempre più da ricerche ed esercitazioni di artisti, architetti e università internazionali; come L.C. Toledo per la Rocinha, F. Druot per una porzione della Rocinha, J. Calafate per la Providencia, studenti della fondazione Bauhaus Dessau per la Jacarezinho. La favela Santa Marta è considerata da molti un modello di integrazione per alcuni interventi promossi dal governo (programma faveila-barrio, il principale tra i programmi di “neighborhood upgrading” nel mondo) come la linea funicolare e l’inserimento di edifici con appartamenti. I prossimi eventi in programma a Rio de Janerio (coppa del mondo di calcio 2014 e Olimpiadi 2016) offrono grandi opportunità per le favelas in quanto parte dei fondi del governo verranno stanziati per risolvere il divario sociale attraverso progetti urbani che andranno a creare una nuova identità delle aree informali. Nel 2008 la favela Santa Marta fu la prima ad essere liberata dal controllo dei narco trafficanti , e ancora oggi è presidiata da due caserme della polizia militare (UPP) attraverso la presenza di più di duecento poliziotti. Nonostante questo sforzo, entrando nell’area è ancora forte la percezione di “ghetto” perchè i progetti governativi hanno creato migliorie ad alcuni edifici privati e nei collegamenti, tralasciando gli spazi pubblici e di aggregazione, il verde e un’idea globale di riqualificazione. I prossimi programmi governativi non si discostano di molto dalla linea già intrapresa negli anni precedenti, invece il mio progetto cerca di essere una proposta di modello “inclusivo” di intervento dove ogni parte interessata tragga reciprocamente beneficio dall’intervento; risolvendo non solo i problemi abitativi ma anche quelli degli spazi di aggregazione e attraversamento, proponendo aree verdi, aree integrate di produzione di prodotti agricoli, artigianali, etc.. per autoconsumo e/o vendita diretta. Questo progetto cercherà di avviare una trasformazione per la quale la parola “ghetto” non faccia più parte della percezione generale di quest’area e che Santa Marta possa diventare un modello per le altre zone informali della città.

Tra autocostruzione e disegno urbano : il nuovo limite della favela Santa Marta a Rio de Janeiro

FARINA, GIULIO
2011/2012

Abstract

Favelas, slum, bidonvilles, kampungs, tugurios; sono svariati i nomi per identificare un insediamento informale nelle grandi città metropolitane. La quasi totalità di queste aree ha delle caratteristiche comuni derivanti da un processo di auto costruzione: una forte predominanza delle aree private sugli spazi pubblici, spazi di circolazione, di ricreazione e di incontro molto ambigui e poco identificabili, accesso inadeguato alle abitazioni, percezione confusa dello spazio; tutte caratteristiche che trasformano questi luoghi urbani in veri e propri ghetti autogestiti. La scelta per questo lavoro parte da un’esperienza di studio in Brasile che ha sollecitato l’intaresse e il rapporto con le favelas e ha permesso di non perdere di vista la realtà sul campo. Il progetto-ricerca di tesi prende in esame la favela Santa Marta a Rio de Janeiro, città simbolo di questa apartheid, tanto che un quarto della popolazione, circa 1.3 milioni di abitanti, vive in slum. La caratteristica principale di Rio sono proprio le favelas che, a differenza di altre città del Brasile, non sono situate ai margini dell’area metropolitana ma si collocano nel pieno centro urbano, lungo i pendii delle ripide colline tanto che quasi ogni quartiere ha una propria favela e questo crea un forte e ripetuto contrasto fra i diversi tessuti urbani e sociali. A partire dalla seconda metà del XX secolo a Rio de Janeiro si sono susseguite politiche e strategie governative per migliorare le condizioni delle aree con insediamenti informali; in un primo momento ricorrendo a violenti processi di demolizione e di decentramento mentre, a partire dagli anni Novanta, si è arrivati a progetti di integrazione affiancati sempre più da ricerche ed esercitazioni di artisti, architetti e università internazionali; come L.C. Toledo per la Rocinha, F. Druot per una porzione della Rocinha, J. Calafate per la Providencia, studenti della fondazione Bauhaus Dessau per la Jacarezinho. La favela Santa Marta è considerata da molti un modello di integrazione per alcuni interventi promossi dal governo (programma faveila-barrio, il principale tra i programmi di “neighborhood upgrading” nel mondo) come la linea funicolare e l’inserimento di edifici con appartamenti. I prossimi eventi in programma a Rio de Janerio (coppa del mondo di calcio 2014 e Olimpiadi 2016) offrono grandi opportunità per le favelas in quanto parte dei fondi del governo verranno stanziati per risolvere il divario sociale attraverso progetti urbani che andranno a creare una nuova identità delle aree informali. Nel 2008 la favela Santa Marta fu la prima ad essere liberata dal controllo dei narco trafficanti , e ancora oggi è presidiata da due caserme della polizia militare (UPP) attraverso la presenza di più di duecento poliziotti. Nonostante questo sforzo, entrando nell’area è ancora forte la percezione di “ghetto” perchè i progetti governativi hanno creato migliorie ad alcuni edifici privati e nei collegamenti, tralasciando gli spazi pubblici e di aggregazione, il verde e un’idea globale di riqualificazione. I prossimi programmi governativi non si discostano di molto dalla linea già intrapresa negli anni precedenti, invece il mio progetto cerca di essere una proposta di modello “inclusivo” di intervento dove ogni parte interessata tragga reciprocamente beneficio dall’intervento; risolvendo non solo i problemi abitativi ma anche quelli degli spazi di aggregazione e attraversamento, proponendo aree verdi, aree integrate di produzione di prodotti agricoli, artigianali, etc.. per autoconsumo e/o vendita diretta. Questo progetto cercherà di avviare una trasformazione per la quale la parola “ghetto” non faccia più parte della percezione generale di quest’area e che Santa Marta possa diventare un modello per le altre zone informali della città.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
21-dic-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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