Qual è il futuro dell’artigianato? Questa professione, oggi, così come la manualità, l’unicità e il valore culturale intrinseco nell’oggetto, sta sempre più scomparendo facendosi scavalcare dall’industria, dal meccanico, dallo standardizzato. Il processo artigianale rientra nella categoria del “design caldo”: un design fatto da pochi con pochi mezzi e destinato alla fruizione artistico-culturale di pochi soggetti sociali, che è in netto contrasto con quella del “design freddo”, rivolto invece alla produzione industriale e destinato al consumo di massa. Il giudizio di valore è qui implicito nell’uso di queste due nozioni, di caldo e freddo: se da una parte abbiamo un design “umano” dall’altra ci troviamo a confrontarci un un design totalmente “disumano” in quanti freddo e standardizzato. Sulla base di questa definizione, scaturisce la voglia di far nascere un nuovo modello di produzione e un nuovo modello di impresa, nella quale si trovano a collaborare due diverse competenze: da una parte l’artigiano con un background totalmente fondato sul lavoro manuale, e dall’altra il designer, invece, con una base più ingegneristica e industriale. Insieme intraprendono una sperimentazione dei materiali tradizionali, rivisitandoli e attribuendogli nuovi significati. Creano nuovi prodotti con caratteristiche uniche, ma tecnologicamente più avanzate. Dall’incontro di queste due figure professionali ne nasce, così, una terza, definita il “superartigiano”, che realizza, sulla base di tutto ciò ha appreso, oggetti ancora artigianali, cioè unici, non completi e imperfetti, ma con delle caratteristiche tecniche, formali e funzionali migliori. A questo punto la direzione presa è stata proprio quella, quindi, di conoscere quale fosse il materiale principale che l’artigiano manipolava, cioè l’argilla, e arrivare a comprenderne le sue caratteristiche e i suoi limiti. Una volta studiate tali proprietà, sulla base anche di ciò che poi sarà il progetto finale, ho cercato di migliorarle e superarle. In che modo? Volendo realizzare un set per il tè, le proprietà esaminate erano ottime dal punto di vista della trasmissione di calore in quanto l’argilla è un buonissimo isolante termico e la sua temperatura di esercizio è molto elavata, soprattutto se si utilizza argilla refrattaria. Quindi l’unica proprietà sulla quale si poteva intervenire, per ottenere un miglioramento dal punto di vista qualitativo, era la densità. Come? Essendo la densità dell’argilla relativamente media, la mia volontà è stata proprio quella di renderla ancora più leggera, senza però intaccare le sue caratteristiche di resistenza e durezza, Con la nascita di un nuovo composto, dove l’argilla si combina con la cellulosa o le microsfere di polistirolo, si ha la possibilità di ottenere come risultato finale un impasto ancora più leggero, quasi come se fosse “fatto d’aria” e quasi etero, senza però fargli perdere quella sua fondamentale qualità di restitenza. Questa sperimentazione, applicata qui per la realizzazione di un set per il tè, può e deve essere estesa anche ad ulteriori tipologie di prodotti appartenenti sempre alla categoria dei cermaici. Il primo caso applicativo, forse, viene incarnato dal ruolo che il tè ha nella cultura giapppnese. Partendo dalla lettura del libro “Il sapore del mondo” scritto da David Le Breton, è nata la volontà di focalizzare il mio progetto sulla base di questo fattore socio-culturale molto importante e diffuso in tutto il mondo. La “necessità” di approfondire questo rituale accresce nel momento in cui viene enfatizzato il fatto che questa cerimonia, e tutto ciò che ne concerne - dalla stanza nella quale essa viene praticata, dagli attrezzi utilizzati, dall’arrdamento della stanza stessa - rappresenti l’ideale della spiritualità zen, la quale sostiene che nella propria vita ognuno di noi deve avere un “lato zen” in modo tale da poterla affrontare senza paure, senza dubbi e senza alcun pensiero superfluo. Ognuno di noi ha bisogno di una propria stanza del tè. Lo scopo di questa cerimonia, basata sull’adorazione del bello in contrasto con il caos della vita e sul valore dell’imperfetto, è esattamente quello di aiutare le persone, che la praticano, a trovare il giusto equilibrio interiore da utilizzare poi nella vita di tutti i giorni. La filosofia del tè è igiene perchè costringe alla pulizia; è economia perchè sostiene che il benessere debba essere ricercato nelle cose semplici; è geometria morale perchè definisce il rapporto tra noi e l’universo. Questa cerimonia si basa sull’esaltazione del valore dell’imperfezione e sul concetto di wabi-sabi, che sostiene che ogni oggetto debba avere un segno di imperfetto su di sè senza rappresentare un aspetto negativo, ma bensì positivo. Il wabi-sabi esprime un’estetica che va al di là del bello o del brutto e dà la possibilità di vedere impresso in ogni oggetto una storia specifica e irripetibile. Questo valore dell’imperfetto, nella cultura giapponese, viene svelato concretamente attraverso un processo di cottura interamente artigianale che in Giappone viene utilizzato per la produzione di tutti gli attrezzi principali per la cerimonia del tè: la cottura raku.
Il valore dell'imperfezione. Nuovi scenari produttivi per l'artigianato artistico e il design italiano verso la nuova figura del superartigianato
DRAGONI, MARTA MARIA
2011/2012
Abstract
Qual è il futuro dell’artigianato? Questa professione, oggi, così come la manualità, l’unicità e il valore culturale intrinseco nell’oggetto, sta sempre più scomparendo facendosi scavalcare dall’industria, dal meccanico, dallo standardizzato. Il processo artigianale rientra nella categoria del “design caldo”: un design fatto da pochi con pochi mezzi e destinato alla fruizione artistico-culturale di pochi soggetti sociali, che è in netto contrasto con quella del “design freddo”, rivolto invece alla produzione industriale e destinato al consumo di massa. Il giudizio di valore è qui implicito nell’uso di queste due nozioni, di caldo e freddo: se da una parte abbiamo un design “umano” dall’altra ci troviamo a confrontarci un un design totalmente “disumano” in quanti freddo e standardizzato. Sulla base di questa definizione, scaturisce la voglia di far nascere un nuovo modello di produzione e un nuovo modello di impresa, nella quale si trovano a collaborare due diverse competenze: da una parte l’artigiano con un background totalmente fondato sul lavoro manuale, e dall’altra il designer, invece, con una base più ingegneristica e industriale. Insieme intraprendono una sperimentazione dei materiali tradizionali, rivisitandoli e attribuendogli nuovi significati. Creano nuovi prodotti con caratteristiche uniche, ma tecnologicamente più avanzate. Dall’incontro di queste due figure professionali ne nasce, così, una terza, definita il “superartigiano”, che realizza, sulla base di tutto ciò ha appreso, oggetti ancora artigianali, cioè unici, non completi e imperfetti, ma con delle caratteristiche tecniche, formali e funzionali migliori. A questo punto la direzione presa è stata proprio quella, quindi, di conoscere quale fosse il materiale principale che l’artigiano manipolava, cioè l’argilla, e arrivare a comprenderne le sue caratteristiche e i suoi limiti. Una volta studiate tali proprietà, sulla base anche di ciò che poi sarà il progetto finale, ho cercato di migliorarle e superarle. In che modo? Volendo realizzare un set per il tè, le proprietà esaminate erano ottime dal punto di vista della trasmissione di calore in quanto l’argilla è un buonissimo isolante termico e la sua temperatura di esercizio è molto elavata, soprattutto se si utilizza argilla refrattaria. Quindi l’unica proprietà sulla quale si poteva intervenire, per ottenere un miglioramento dal punto di vista qualitativo, era la densità. Come? Essendo la densità dell’argilla relativamente media, la mia volontà è stata proprio quella di renderla ancora più leggera, senza però intaccare le sue caratteristiche di resistenza e durezza, Con la nascita di un nuovo composto, dove l’argilla si combina con la cellulosa o le microsfere di polistirolo, si ha la possibilità di ottenere come risultato finale un impasto ancora più leggero, quasi come se fosse “fatto d’aria” e quasi etero, senza però fargli perdere quella sua fondamentale qualità di restitenza. Questa sperimentazione, applicata qui per la realizzazione di un set per il tè, può e deve essere estesa anche ad ulteriori tipologie di prodotti appartenenti sempre alla categoria dei cermaici. Il primo caso applicativo, forse, viene incarnato dal ruolo che il tè ha nella cultura giapppnese. Partendo dalla lettura del libro “Il sapore del mondo” scritto da David Le Breton, è nata la volontà di focalizzare il mio progetto sulla base di questo fattore socio-culturale molto importante e diffuso in tutto il mondo. La “necessità” di approfondire questo rituale accresce nel momento in cui viene enfatizzato il fatto che questa cerimonia, e tutto ciò che ne concerne - dalla stanza nella quale essa viene praticata, dagli attrezzi utilizzati, dall’arrdamento della stanza stessa - rappresenti l’ideale della spiritualità zen, la quale sostiene che nella propria vita ognuno di noi deve avere un “lato zen” in modo tale da poterla affrontare senza paure, senza dubbi e senza alcun pensiero superfluo. Ognuno di noi ha bisogno di una propria stanza del tè. Lo scopo di questa cerimonia, basata sull’adorazione del bello in contrasto con il caos della vita e sul valore dell’imperfetto, è esattamente quello di aiutare le persone, che la praticano, a trovare il giusto equilibrio interiore da utilizzare poi nella vita di tutti i giorni. La filosofia del tè è igiene perchè costringe alla pulizia; è economia perchè sostiene che il benessere debba essere ricercato nelle cose semplici; è geometria morale perchè definisce il rapporto tra noi e l’universo. Questa cerimonia si basa sull’esaltazione del valore dell’imperfezione e sul concetto di wabi-sabi, che sostiene che ogni oggetto debba avere un segno di imperfetto su di sè senza rappresentare un aspetto negativo, ma bensì positivo. Il wabi-sabi esprime un’estetica che va al di là del bello o del brutto e dà la possibilità di vedere impresso in ogni oggetto una storia specifica e irripetibile. Questo valore dell’imperfetto, nella cultura giapponese, viene svelato concretamente attraverso un processo di cottura interamente artigianale che in Giappone viene utilizzato per la produzione di tutti gli attrezzi principali per la cerimonia del tè: la cottura raku.File | Dimensione | Formato | |
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