Il progetto per l’Avenida Dom Afonso Henriques si pone come obiettivo la riqualificazione di una parte del centro storico di Porto che nel corso del tempo è stata svuotata del suo ruolo urbano, perdendo progressivamente i caratteri che ne definivano l’identità e che determinavano le sue relazioni con la città. Le demolizioni avvenute tra gli anni ’30 e ’50 del XX secolo hanno modificato profondamente la morfologia dell’area generando un vuoto di grandi dimensioni nel cuore del tessuto storico medievale e interrompendo quella che prima si era configurata come un’organica maglia urbana, sviluppata coerentemente alla morfologia del terreno. Il progetto rilegge tale avvenimento come uno dei numerosi fatti urbani che si susseguono e che costruiscono la città e, attraverso un nuovo disegno, reinterpreta la sequenza temporale, sintetizzandola in figura nuova. L’Avenida da Ponte è un dato storico visibile, il grande vuoto, risultato della sua costruzione, una possibilità progettuale. L’impossibilità di ripristinare lo stato originario della città medievale, che lambisce il Bairro da Sé, porta il progetto a non operare un restauro urbano dell’area atto a recuperare le antiche articolazioni che compongono il centro storico della città, quanto, piuttosto, a conferire grande importanza allo spazio generato dallo sventramento del Morro do Corpo da Guarda. In questo modo, il progetto lavora sulla definizione dei bordi del vuoto urbano: appropriandosi della sua dimensione e dichiarandone la misura, lo ridisegna come nuova piazza per la città contemporanea. Essa, attraverso la definizione di uno spazio dal carattere civile, diventa il luogo in cui la città rappresenta se stessa e in cui la collettività si riconosce. L’intento rappresentativo è prevalente: gli edifici, come nel progetto di Alexander Platz a Berlino di Mies van der Rohe, sono disposti in uno spazio che non è costruito a misura della loro funzione, ma li contiene e li rappresenta come fatti urbani di cui avere esperienza. Il principio assunto è quello della costruzione di uno spazio libero come luogo della compresenza di diversi elementi, di progetto e preesistenze che, delineandone i bordi, ne stabiliscano la misura. Allo stesso tempo esso si inserisce all’interno di un sistema di spazi pubblici articolati a una scala più estesa, che tagliano la città da nord a sud collegando Praça da Liberdade al Ponte Dom Luis I, passando per l’Avenida dos Aliados, e reinterpreta l’accesso al Terriero da Sé attraverso un nuovo sistema di risalite. I tre nuovi volumi indipendenti disegnati dal progetto, che si ancorano al suolo fondandosi sul granito, instaurano un nuovo sistema di relazioni con la città che li circonda. Da un lato, la “torre – museo” va a cercare la Catedral da Sé in altezza e la piccola unità residenziale completa il fronte su strada interrotto dalle demolizioni, dall’altro, un terzo edificio recupera la relazione persa con la città medievale. Allo stesso tempo essi creano una forte tensione tra di loro, confrontandosi sul grande vuoto della piazza. Immobili e silenziosi, l’alta parete granitica da un lato e la città medievale dall’altro collaborano nell’operazione di disegno dello spazio pubblico. La piazza è intesa come luogo in cui tutti questi elementi urbani, antichi e nuovi, riconnessi in un nuovo spazio, si rappresentano. In questo senso dunque, il vuoto diviene mezzo necessario per la conoscenza della complessità urbana e per il disegno di un nuovo pezzo di città.

La città di Porto : granito su granito. Avenida da Ponte : la salita alla cattedrale

FAVALORO, LEANDRO;NOVELLI, CHIARA;CALLIARI, FRANCESCA MARIA LILIANA
2011/2012

Abstract

Il progetto per l’Avenida Dom Afonso Henriques si pone come obiettivo la riqualificazione di una parte del centro storico di Porto che nel corso del tempo è stata svuotata del suo ruolo urbano, perdendo progressivamente i caratteri che ne definivano l’identità e che determinavano le sue relazioni con la città. Le demolizioni avvenute tra gli anni ’30 e ’50 del XX secolo hanno modificato profondamente la morfologia dell’area generando un vuoto di grandi dimensioni nel cuore del tessuto storico medievale e interrompendo quella che prima si era configurata come un’organica maglia urbana, sviluppata coerentemente alla morfologia del terreno. Il progetto rilegge tale avvenimento come uno dei numerosi fatti urbani che si susseguono e che costruiscono la città e, attraverso un nuovo disegno, reinterpreta la sequenza temporale, sintetizzandola in figura nuova. L’Avenida da Ponte è un dato storico visibile, il grande vuoto, risultato della sua costruzione, una possibilità progettuale. L’impossibilità di ripristinare lo stato originario della città medievale, che lambisce il Bairro da Sé, porta il progetto a non operare un restauro urbano dell’area atto a recuperare le antiche articolazioni che compongono il centro storico della città, quanto, piuttosto, a conferire grande importanza allo spazio generato dallo sventramento del Morro do Corpo da Guarda. In questo modo, il progetto lavora sulla definizione dei bordi del vuoto urbano: appropriandosi della sua dimensione e dichiarandone la misura, lo ridisegna come nuova piazza per la città contemporanea. Essa, attraverso la definizione di uno spazio dal carattere civile, diventa il luogo in cui la città rappresenta se stessa e in cui la collettività si riconosce. L’intento rappresentativo è prevalente: gli edifici, come nel progetto di Alexander Platz a Berlino di Mies van der Rohe, sono disposti in uno spazio che non è costruito a misura della loro funzione, ma li contiene e li rappresenta come fatti urbani di cui avere esperienza. Il principio assunto è quello della costruzione di uno spazio libero come luogo della compresenza di diversi elementi, di progetto e preesistenze che, delineandone i bordi, ne stabiliscano la misura. Allo stesso tempo esso si inserisce all’interno di un sistema di spazi pubblici articolati a una scala più estesa, che tagliano la città da nord a sud collegando Praça da Liberdade al Ponte Dom Luis I, passando per l’Avenida dos Aliados, e reinterpreta l’accesso al Terriero da Sé attraverso un nuovo sistema di risalite. I tre nuovi volumi indipendenti disegnati dal progetto, che si ancorano al suolo fondandosi sul granito, instaurano un nuovo sistema di relazioni con la città che li circonda. Da un lato, la “torre – museo” va a cercare la Catedral da Sé in altezza e la piccola unità residenziale completa il fronte su strada interrotto dalle demolizioni, dall’altro, un terzo edificio recupera la relazione persa con la città medievale. Allo stesso tempo essi creano una forte tensione tra di loro, confrontandosi sul grande vuoto della piazza. Immobili e silenziosi, l’alta parete granitica da un lato e la città medievale dall’altro collaborano nell’operazione di disegno dello spazio pubblico. La piazza è intesa come luogo in cui tutti questi elementi urbani, antichi e nuovi, riconnessi in un nuovo spazio, si rappresentano. In questo senso dunque, il vuoto diviene mezzo necessario per la conoscenza della complessità urbana e per il disegno di un nuovo pezzo di città.
TORRICELLI, CARLOTTA
ARC II - Scuola di Architettura Civile
19-dic-2012
2011/2012
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/73902